La vita scorre tra salite e discese, curve e rettilinei, frenate brusche e sterzate improvvise, tristezze e felicità, nell’arco di un tempo che scandisce e fraziona ogni momento con puntualità e indifferenza, autonomo e regolare. Un tempo, quello delle lancette, imperturbabile. Ma un piccolo dolore o un minimo piacere sono sufficienti a dilatarlo o, viceversa, ad accorciarlo. Contrazione, fermate, estensioni. Dall’alba al tramonto il passo non è sempre breve, e seppur è vero che per arrivare all’alba non c’è altra via che la notte, è altresì vero che la notte può essere lunga e interminabile, decenni di lancette o di domande, di secondi e di attese, di minuti e speranze, di ore e di illusioni, un accumulo di speranze, un accumulo di irrisolti. Per Giovanni Astengo, protagonista di questo romanzo, è notte fonda, lunghissima e senza luce, forse ogni tanto qualche stella, e il tempo, il suo tempo, non va né avanti né indietro, è fermo, fisso in un istante immodificabile. Ci sono eventi che accadono senza far rumore, senza violenza, quasi inoffensivi, eventi apparentemente trascurabili ma, una volta verificatisi, non sono più innocui e stravolgono fino in fondo e per sempre. Ci sono punti di non ritorno, pochi istanti e la scelta è immodificabile. Quando Giovanni era ragazzo, tredicenne, in una domenica mattina in cui aspettava febbrilmente il padre per andare allo stadio, il professore Astengo, uno stimato docente universitario, invece di tornare a casa come consuetudine scomparve per sempre, dissolto nel nulla senza una spiegazione, un motivo, una lettera, un bigliettino, un cenno, un saluto. Erano tempi inquieti, tempi feroci e violenti, erano gli anni di piombo e un suo amico e collega, preside di facoltà, pochi giorni prima era stato ucciso da tre studenti vicino l’ingresso della facoltà di architettura. Erano tempi in cui la contestazione giovanile e lotta politica scivolarono nel terrorismo, uccidendo, ferendo e sequestrando persone, con le loro idee e i loro affetti, perché «le pallottole non spezzano solo una vita, ne spezzano tante, superano angoli di strade, attraversano piazze, salgono scale, sfondano porte». Adesso quel ragazzo tredicenne è cresciuto, ha un lavoro, una moglie e due figli, Lorenzo e Stella, una bambina down, ma nonostante la sua vita è andata avanti e si sia svolta come tante vite, senza meriti né demeriti, comunemente felice, una parte di esso è rimasta ferma a quel giorno, a quella scomparsa, paralizzata da troppe domande inevase, schiacciata da un silenzio pesantissimo e che gli anni non hanno placato. Seguendo i tempi del suo orologio biologico, da qualche anno, Giovanni, poco più che quarantenne, si sveglia tutte le mattine con i chiarori dell’alba, abbandona il suo letto e con rituale abitudine, ne scruta i segreti, perchè «ogni alba ha un senso, un senso diverso, è silenzio e grandezza, pausa e attesa, inizio e fine, tradizione e cambiamento. Ed ogni alba ha una stagione». Ma l’alba non offre risposte, pone domande. E per Giovanni la domanda è sempre la stessa e si ripete tenacemente da quando aveva tredici anni, fino a quando in un alba di agosto, «un’alba semplice, banale, senza guizzi né significati», questo eroe veltroniano, decide di andare nella vecchia casa di campagna della sua famiglia, un casale abbandonato dopo la scomparsa del padre, e fare i conti col suo impenetrabile passato. Non gli resta che scuotere il tempo, ripercorre gli eventi, strattonare i suoi ricordi, smuoverli, riviverli. Potrà farlo solo rivolgendosi a se stesso, al tredicenne che fu e che in parte è ancora, a quel tredicenne che visse in quei giorni in cui suo padre misteriosamente sparì. Lo farà attraverso un gioco magico di introspezione e analisi dando vita a un dialogo fantastico, forse immaginario, tra i “due” Io, quello del tredicenne e quello del quarantenne, una carambola di emozioni e ricordi che gli permetterà di scardinare i sigilli del tempo e ignorare la dimensione dello spazio. Inizia così un viaggio all’inverso, dal tramonto all’alba. Un viaggio a ritroso che gli permetterà di andare avanti e continuare a vivere, perchè sapere, conoscere, colma il vuoto e spazza via i dubbi e le attese. La verità anche se inaspettata e dolorosa, anche se è la quarta ipotesi, quella inimmaginabile, non prevista e meno previsibile, gli concederà una storia, la sua storia, un tempo, il suo tempo e, dunque non sarà più solo.
Dal romanzo di Walter Veltroni è tratto il film di Susanna Nicchiarelli.
di Christian Dolci