«È, il suo, un approccio che sembrava controcorrente fino a poco tempo fa ma che ora molti sono costretti a condividere e che però contiene un significato specifico preciso: sarebbe irrealistico prima che immorale, parlare di una nuova cooperazione se essa si limitasse al solo piano economico-materiale». Si riferisce alle parole di Papa Benedetto XVI del 9 Gennaio 2012 in occasione del 50° anniversario del Concilio Vaticano II, in particolare riferimento all’enciclica Gaudium et Spes, la scrittrice Emma Fattorini con il suo articolo comparso su “l’Unità” del 10 Gennaio 2012.
Nell’articolo la scrittrice elogia il messaggio di inizio anno del Papa: «C’è un senso molto unitario, nel suo appello affinché l’umanità trovi le strade di una nuova cooperazione. Unitario in quanto tutti gli aspetti dell’umano si integrano senza scissioni o preferenze tra chi pensa sia più importante l’aspetto economico e chi quello morale. Unitario in quanto una comune umanità implica la difesa materiale dei più poveri e non di meno condanna la selezione prenatale del sesso». Con il medesimo atteggiamento ricollega poi quest’unitarietà al (perenne) invito del Papa ad investire sulle “istituzioni educative”, all’evitare di trascurare l’aspetto “spirituale” scindendolo da quello economico delle opportunità lavorative, ed in questo alla famiglia, intesa come «nucleo di affettività solidale al proprio interno e mai escludente l’esterno. Quello della famiglia» -continua la Fattorini- «è il nodo da cui occorrerà ripartire tutti. Per ridisegnarne il senso, per non appiattirla al familismo egoistico che è la versione più ingannevole di quella degenerazione individualistica così lontana da una vera, matura soggettività libera».
In chiusura invita, poi, la Chiesa a riconoscere le donne come punto dal quale ripartire per parlare di famiglia, in qualità di “ponte tra esperienza materiale e sapienza del cuore”, sottolineando che «nei Paesi più oppressi, quelli nei quali le religioni sono causa principale della soppressione dei diritti, sono proprio le donne a convertirsi in maggior numero al cristianesimo perché trovano lì, nel suo senso di eguaglianza e di giustizia, una superiore occasione di affrancamento e di liberazione». L’articolo si conclude infine così: «Insomma, quello del Papa è stato un discorso rivolto a tutti i Paesi del mondo con l’occhio fisso alla singola persona nella sua unitarietà e interezza. Per ridisegnare un’idea di genere umano nella quale davvero si possano ormai riconoscere credenti e non credenti, tutti gli uomini di buona volontà, indispensabili, per i difficili tempi che ci aspettano».
Eppure la Fattorini, con il suo stesso articolo, sembra volerci ricordare, magari inconsciamente, che insieme “alla singola persona nella sua unitarietà e interezza” c’è bisogno di qualcosa che questa persona sappia educarla a mantenersi “unita ed intera”, qualcosa che dev’essere anch’esso, necessariamente, unito ed intero, aggiungiamo noi. “Il nodo da cui occorrerà ripartire tutti” è la famiglia, che si fa a partire dalle donne, e nei tempi più recenti abbiamo potuto chiaramente notare quanto sia pericoloso perdere di vista questo principio: proprio il Papa, nello stesso discorso del 9 Gennaio, ha nuovamente affermato che «le politiche lesive della famiglia minacciano la dignità umana e il futuro stesso dell’umanità»
Michele Silvi