L’ékphrasis, la descrizione delle immagini, è una questione fondamentale nell’ambito della moderna teoria letteraria e degli studi di cultura visuale.
La “tecnica ecfrastica” è un procedimento retorico con cui lo scrittore si misurava nella descrizione di un’opera fino a renderla quasi “visibile a parole”. Brani ecfrastici si trovano già in Omero e nella poesia greca di età classica. L’èkphrasis diventa un vero e proprio genere retorico nella cultura della Seconda Sofistica, in particolare con Luciano (II sec. d.C.). Dalla fine del ’400, quando i testi antichi ritornano culturalmente disponibili, gli artisti rinascimentali come Raffaello si cimentano in una sorta di riconversione dall’èkphrasis in pittura e dipingono opere “antiche” ricostruendone i dettagli e l’ordine compositivo, sulla base della descrizione del testo. Di “riconversione ecfrastica” si può parlare, per estensione, anche nei casi in cui l’artista riproduca fedelmente e puntualmente una descrizione tratta da un’opera antica anche se essa non è una vera e propria èkphrasis .
Grazie alla “continuità” di certi topoi figurativi e letterari circoscritti nelle ékphrasis è possibile leggere, sotto l’aspetto antropologico e filosofico, anche la scrittura moderna.
A partire dai celebri Pensieri sull’imitazione delle opere greche nella pittura e nella scultura (1755) di Johann Joachim Winckelmann, infatti, come minimo due descrizioni, quella del Laocoonte e quella della Madonna Sistina, sono paradigmatiche e lasciano intravedere, in nuce, sviluppi inimmaginabili e, soprattutto, modalità di pensiero che definiranno tutto il prosieguo dei rapporti tra letteratura e immagini fino a Heidegger e a Deleuze.
Basti pensare all’originale inserimento di una descrizione “moderna”, quella della Madonna Sistina appunto, in un testo dedicato in sostanza alla statuaria e alla pittura greche, una mossa retorica che chiarisce il vero scopo di Winckelmann, interessato, com’è noto, a definire una strategia per l’arte moderna a partire da Raffaello e non una semplice riproposizlone dell’eccellenza greca. La stessa mossa retorica la si ritrova a distanza di più di un secolo in un altro testo della grecofilia tedesca, La nascita della tragedia di Nietzsche, che alterna efficacemente la discussione sull’apollineo e il dionisiaco, istinti beninteso non solo greci, ma in ogni modo decisamente “pagani”, alla descrizione di un capolavoro assoluto dell’arte cristiana, la Trasfigurazione di Raffaello.
Nella prima parte di questa splendida opera (edita da Raffaello Cortina editore) Michele Cometa presenta una teoria della descrizione approfondendone le forme, i generi, le funzioni narrative e i legami con la nozione di “regime scopico” maturata nel contesto del dibattito contemporaneo sull’immagine. La seconda parte è dedicata alla “scrittura delle immagini” tra Settecento e Novecento.
Michele Cometa
La scrittura delle immagini
Raffaello Cortina
2012