Vorrei parlare ancora di scuola. Ieri si è riunito il Collegio dei Docenti nell’Istituto Superiore dove insegno. Fra le varie incombenze, collegate ovviamente alla didattica (che costituisce il suo campo specifico di competenza), alla fine si è deciso di ritagliare uno spazio per dibattere i temi legati alla legge di stabilità, con riferimento alle modifiche proposte per la scuola. Il tema è ormai noto a tutti: per risparmiare si sta pensando di portare l’orario di cattedra dalle attuali 18 ore alle 24 ore. Le conseguenze più rilevanti, se passasse una tale proposta, sarebbero due:
1. Verrebbero eliminate, per assorbimento, migliaia di cattedre occupate attualmente dai precari, con conseguente aumento della disoccupazione;
2. Ogni docente dovrebbe, giocoforza, abbassare il livello della qualità delle sue lezioni.
Chiariamo subito una cosa, a scanso di equivoci: io non sono pregiudizialmente contrario alle modifiche dell’impegno orario dei docenti ma esse andrebbero inserite in un discorso più ampio.
Innanzitutto occorrerebbe capire cosa sia la scuola per lo Stato e cosa si aspettino i cittadini dalla scuola.
Se si vuole che la scuola divenga (o ritorni ad essere) il centro della vita sociale e culturale, allora occorre cambiare davvero.
Se lo Stato vuole assegnare questa centralità alla istituzione scolastica deve fare le cose sul serio. Vediamo alcune idee, limitatamente al livello di istruzione che conosco meglio (quello della scuola superiore).
La scuola deve intrattenere lo studente per un numero superiore di ore durante la giornata. Tutti gli studenti devono essere messi in condizione di studiare e prepararsi a scuola nel pomeriggio. i più lontani e disagiati nel viaggio dovrebbero avere la possibilità di pernottare a scuola dal lunedì al venerdì.
Questo significa che la scuola deve essere concepita, non più esclusivamente come edificio scolastico che ospita le aule ed i laboratori, ma come casa di accoglienza.
La sua struttura architettonica deve cambiare e contenere gli spazi per lo sport, la mensa, i cameroni per il pernottamento, le sale di accoglienza per studenti ed ospiti, le cucine, la bibliotec, le sale di proiezione, i teatri e quant’altro necessario per una vita da svolgere a scuola.
In questo contesto è ovvio che il docente dovrà avere ruoli e presenze diverse all’interno della scuola.
Il docente dovrà, anche lui, vivere nella scuola dal mattino al pomeriggio. Altro che 18 o 21 o 24 ore!!!
Ma appare evidente che non si tratterebbe di aumentare le ore di lezione frontale. Quell’aumento, fatto in quel modo, insensibile, punitivo e brutale (come sono state le riforme Moratti, Gelmini e Brunetta) sarebbe il colpo di grazia per una scuola già asfittica e moribonda.
Se lo Stato vuole la morte della scuola, proceda pure nell’approvazione della legge di stabilità attualmente all’esame del Parlamento, introducendo le modifiche già proposte.
Ecco che il mio discorso si ricollega al tema iniziale: se vogliamo una società diversa da quella attuale, con cittadini più attenti alla legalità, alla cosa pubblica, alla solidarietà; se vogliamo dei cittadini più partecipi alla vita politica e sociale, alle istituzioni; se vogliamo che l’onda dell’antipolitica, lo sdegno giustificato contro chi ha gestito il potere negli ultimi decenni, la fine della guerra tra poveri; se vogliamo che cessino l’ignoranza in cui ha navigato la popolazione italiana, tra una TV generalista ipocrita, falsa, becera, rumorosa, diseducativa, politicamente orientata e una rete ancora troppo distante e disordinata; se vogliamo tutto questo e molto altro, allora il riscatto, secondo me, può e deve ripartire da una scuola diversa.
La scuola deve diventare avamposto di legalità, di educazione civica, di impegno sociale!!!
Ma possiamo davvero chiedere chiedere anche questo ai nostri insegnanti??? C’è qualcuno, là in alto, a Roma, intendo dire, che sia capace di dare il buon esempio??? E c’è qualcuno che abbia voglia di scommettere su una nuova generazione di docenti che intraprendano la lunga marcia del riscatto civico delle genti del sud?
Io ci scommetterei, se fossi lo Stato: contro la malavita organizzata, contro le bande armate, contro il menefreghismo, contro la rassegnazione!
C’è un problema, lo so: ma lo Stato vuole davvero combattere seriamente la malavita organizzata??? Vuole davvero che la gente, dal basso, si riprenda le istituzioni di base e le rilanci in maniera onesta?
E soprattutto lo Stato è abbastanza pulito ed onesto per intraprendere una simile battaglia???
A giudicare da ciò che sentiamo quotidianamente sui nostri politici, direi di no!
La scuola che vedo io implicherebbe una scelta di fondo molto seria: investire per costruire nuove scuole e contemporaneamente preparare i docenti del futuro, sin dal loro primo ingresso a scuola, a concepire l’insegnamento come qualcosa di più coinvolgente, in termini di impegno orario, ma anche in termini di emozioni da vivere insieme agli studenti, nello sport, a teatro, nei viaggi di istruzione, nel lavoro psicologico di costruzione dei futuri cittadini.
Ci vuole una Scuola nuova, per rigenerare uno Stato nuovo!