Alla scuola della vita: lo scrittore lì va. Ma non è certo l’unico. Ciascuno di noi lo fa e non è detto che si debba per forza scrivere.
Un sacco di gente nemmeno ci pensa. Oppure: troppi ci provano. Dipende dai punti di vista.
Dunque, le esperienze, le persone, gli eventi piccoli e grandi… E poi, che ci vuole?
Come sanno anche i cavalli, scrivere è un’attività sociale. Lo si fa da soli, ma occorre poi che qualcuno si incarichi di dare un’occhiata. Ricordo che verso la fine degli anni Ottanta, quando iniziai, non c’era niente che potesse dare un riscontro positivo o negativo che fosse.
Adesso il Web permette di avere una pallida idea della direzione intrapresa. Non mancano i rischi. È facile illudere ed essere illusi.
Ma anche prima, quando ci si doveva rivolgere a un’agenzia letteraria.
Certo, si trattava di professionisti, ma dopo qualche istante il dubbio maligno suggeriva: “Scrivono così solo perché tu sia spinto a continuare. Farai un altro invio e un altro invio ancora, incasseranno i soldi e il responso sarà sempre lo stesso”.
Che ci sia qualcuno che agisca in questo modo, non lo metto in dubbio. Ma immagino sia necessario anche ammettere che un analogo rischio lo offre il Web. Certi forum producono gruppi di autori che si supportano a vicenda. Non importa cosa si scriva: l’essenziale è complimentarsi sempre e comunque per lo straordinario risultato conseguito. Non si sa mai: un “domani” un tale fan club potrebbe risultare utile.
Ma quello che si vede nell’editoria, non è che sia così diverso, vero? Sono tanti gli scrittori che hanno smesso di scrivere cose interessanti (alcuni non lo hanno mai fatto), e continuano a collezionare recensioni positive, interviste, presentazioni.
Spesso si afferma che la narrativa si autolegittima. Che è il territorio dove si dice questo e subito dopo l’esatto contrario.
Può darsi.
E che è tutta una questione di fortuna. Ecco, su questo sono d’accordo.