Anche quest’anno, per il secondo anno consecutivo, il Gran Premio di Monaco, il più affascinante di tutti, non vedrà piloti italiani sulla griglia di partenza. Nel 1982, per la prima volta, un italiano vinceva un Gran Premio valevole per il mondiale nel Principato, era Riccardo Patrese su Brabham-Ford, al termine di una gara incredibile, di quelle che possono diventare realtà solo tra le strette vie monegasche. Il pilota padovano tagliò il traguardo per primo senza accorgersene, dopo che Pironi e De Cesaris rimasero fermi lungo il tracciato a secco di benzina. Altri tempi, forse. Soprattutto erano tempi in cui la pattuglia dei piloti italiani era cospicua. I cari vecchi anni ’80, era uina Formula 1 ancora dilettantesca sotto alcuni aspetti, Bernie Ecclestone era il team principal proprio della Brabham, non si era ancora dedicato a tempo pieno a far diventare la Formula 1 ciò che è oggi.
E tanti italiani correvano in quella Formula 1, pochissimi purtroppo in grado di competere per la vittoria, anzi alcuni raramente superavano lo scoglio delle prequalifiche, quelle sessioni di prove che si disputavano all’alba del venerdì tra le squadre più recenti o più scarse e permettevano di disputare le prove di qualifica vere e proprie, per piazzarsi in griglia di partenza. Forse era solo questione di dote sponsorizzata, l’Italia era una delle prime sei potenze economiche mondiali e il sedile se lo potevano permettere parecchi sponsor di casa nostra e qualche mediocre guidatore ebbe modo di provare l’ebbrezza della Formula 1.
Qualche aspirante campione lo avevamo anche noi, lo stesso Patrese ma anche Alboreto, De Angelis, Nannini e nei decenni a seguire Fisichella e Trulli.
Ora siamo a un punto zero, l’Italia non è più tra le potenze economiche in ascesa, le difficoltà economiche si sentono soprattutto a monte, cioè nelle categorie minori che possono far crescere e maturare potenziali campioni. Da un lato può essere positivo, solo così potrebbero uscire dei veri fuoriclasse, da un altro lato diventa sempre più difficile portare dei giovani verso le categorie più importanti. Ci potrà mai essere in Italia un “caso Hamilton”, da fanciullo a campione in dieci anni, un vero e proprio investimento della McLaren? La Ferrari ci sta provando, con la sua Driver Academy sta crescendo quattro giovani talenti, di cui però uno solo italiano, con l’obiettivo di farne dei piloti completi.
Enzo Ferrari, dopo le tragedie di Musso e Castellotti negli anni ‘50, decise che difficilmente un italiano avrebbe guidato una Rossa e così fu, davvero poche le eccezioni, tanto che l’ultimo azzurro vincitore di un GP su una monoposto di Maranello fu Michele Alboreto quasi trent’anni fa.
Ma c’è un altro aspetto da valutare, un po’ provocatoriamente: se scorriamo l’albo d’oro di Formula 1 il dato è ancora più sconfortante, l’ultimo campione del mondo italiano fu il grande Alberto Ascari, esattamente sessant’anni fa, prima di lui solo Farina nel 1950, prima edizione del mondiale.
Siamo mai stati davvero capaci di far nascere dei fuoriclasse?