alcuni spunti dal blog 27ora del Corriere della Sera grazie ad un articolo di Maria Silvia Sacchi
Ecco dove investire: scuola, scuola, scuola
Per l’educazione e la formazione delle nuove generazioni. Per il suo essere privilegiato punto di incontro tra persone e culture. Ma anche per la capillarità delle sue strutture fisiche (i muri, per intenderci) che ne fanno una sorta di “piazza” eletta....
A mostrarne le potenzialità anche sotto il profilo della creazione di nuovi posti di lavoro, di risparmio per le famiglie e di sviluppo di nuovi servizi sono due ricerche che arrivano da fonti diverse.
La prima è firmata da inGenere, rivista on-line di informazione, approfondimento e dibattito su questioni economiche e sociali analizzate in una prospettiva di genere. La seconda arriva, invece, da Retecamere, l’agenzia nazionale di Unioncamere e Camere di commercio.
Vale la pena di rifletterci. Soprattutto oggi che la Commissione europea ha previsto per l’Italia un calo dell’1,3% del Pil (Prodotto interno lordo, l’indicatore della ricchezza di un Paese) anziché la lievissima crescita (+0,1%) stimata lo scorso autunno.
Tornare al tempo pieno.
inGenere propone, in realtà, un vero e proprio “pink new deal”, cioè “un piano di azioni che preveda investimenti pubblici in infrastrutture sociali”, concentrandosi sulla creazione di posti di lavoro riservati a persone con meno di 35 anni”. Ma io vorrei soffermarmi in questo post solo sulla scuola, anche se vi invito a leggere tutto il numero – uscito anche in edizione cartacea come supplemento di Leggendaria – perché contiene molte angolazioni utili a capire non solo le tematiche femminili ma anche la fase di crisi economica e finanziaria in cui ci muoviamo.
Dunque, tornare al tempo pieno. Nell’ipotesi di economisti/e, sociologi/e e giornalisti/e della redazione si prevede “l’assunzione di insegnanti per il tempo pieno nelle scuole, per migliorare il livello dell’istruzione di tutti e sostenere i programmi di integrazione (ricordiamo che i figli da almeno un genitore non nato in Italia sono ormai circa il 10% dei bambini nati nel nostro Paese). Si può pensare anche a convenzioni con centri sportivi privati, per incoraggiare l’attività fisica dei bambini italiani, che nella fascia 6-9 anni registrano la maggiore percentuale di obesi tra gli 11 Paesi europei”. Ancora, la creazione di posti per bambini in età pre-scolare, “non solo per permettere ai genitori di lavorare, ma per garantire stimoli a tutti i bambini e colmare i divari di provenienza sociale che a 6 anni hanno già lasciato tracce troppo profonde”.
Queste due proposte, unite alla creazione di una rete di assistenza domiciliare qualificata per gli anziani,
permetterebbe di “creare e mantenere circa 150mila buoni posti di lavoro”.
Scuole aperte 12 mesi l’anno
Tenere le scuole aperte 12 mesi all’anno, per tutto il giorno, permetterebbe
di creare più di 1 milione di posti di lavoro,
secondo la proposta di Retecamere, e metterebbe in moto un volume di affari complessivo di oltre 29 miliardi di euro, con oltre 31mila imprese potenzialmente coinvolgibili, soprattutto sociali, e quasi 3 miliardi di euro a disposizione delle scuole attraverso i contributi alle spese.
“Molti genitori lavoratori, soprattutto nelle grandi città, non riescono a gestire gli impegni familiari con i figli nella fascia oraria 13.00 – 19.00, cioè da dopo l’orario scolastico ordinario fino al ritorno a casa – spiega Claudio Cipollini, direttore generale di Retecamere -. Ad eccezione della fascia ad alto reddito, in tutte le altre vi è un bisogno diffuso al quale i genitori trovano rimedi (più che soluzioni) episodici, non strutturati e costosi (anche in termini di costo opportunità, come nel caso di ferie e permessi retribuiti). La classe di età dei figli nella quale si manifesta questa esigenza da parte dei genitori, va dai 2 ai 15 anni e corrisponde al periodo degli asili nido e della istruzione scolastica fino al I livello. Le strutture di assistenza all’infanzia e quelle scolastiche sia che svolgano sia che non svolgano attività pomeridiana a tempo pieno, quindi, si prestano ad essere punto di riferimento per servizi di conciliazione dei tempi di vita con quelli lavorativi dei genitori. L’idea è quella di combinare il fabbisogno di servizi per la conciliazione dei tempi di vita e dei temi di lavoro con le potenzialità sottoutilizzate delle infrastrutture scolastiche puntando a valorizzare il patrimonio immobiliare scolastico e le relazioni “fiduciarie” tra famiglie e scuole. I servizi che si ipotizzano sono sottoposti alla condizione imprescindibile di assicurare l’intrattenimento e la crescita culturale dei figli in orario extra-scolastico”.