“E’ la seconda volta che ho la sensazione di avere la mia vita davanti a me, la mia seconda vita nel cinema… O meglio, la terza; la prima è quando non ne facevo, gli giravo intorno, cercavo; la seconda è cominciata con Àbout de souffle ed è durata fino al 1968-70, poi c’è stato il riflusso, o il flusso, non so come bisogna chiamarlo; la terza è adesso”.
Trattasi dell’estratto da una lunga intervista che il maestro della Settima arte Jean-Luc Godard
rilasciò a Le nouvel observateur nell’Ottobre del 1980, ai tempi in cui Si salvi chi può (La vita) venne distribuito nelle sale cinematografiche francesi, dopo essere stato proiettato alcuni mesi prima a Cannes; dove non solo divise la critica, ma venne fischiato dal pubblico, che non mancò di inseguire il regista fuori dalla sala per insultarlo.Forse perché si tratta di un Godard in un certo senso diverso da quello a cui fino ad allora i fruitori erano stati abituati, lontano da quello politicamente molto più esplicito degli anni Sessanta (di cui, su queste pagine, abbiamo avuto più volte modo di parlare) e maggiormente propenso alle inquadrature caratterizzate da ampio respiro.
Inquadrature spesso dedicate a una natura Svizzera che sembra quasi voler rappresentare l’oasi di pace posta in netto contrasto con la forte sensazione di disagio e malessere emanata dalla vicenda raccontata.
Una vicenda che parte dalla figura autobiografica del regista televisivo Paul Godard, il quale, con le fattezze di Jacques Dutronc, lascia l’albergo in cui si era trasferito in seguito alla conclusione della relazione con la collega Denise Rimbaud alias Nathalie Baye, a sua volta decisasi ad andare a vivere in campagna dopo aver messo in affitto l’appartamento in cui viveva insieme all’uomo.
Una vicenda suddivisa in quattro parti (oltre al prologo) allegoricamente attribuite a diverse figure: L’immaginario, che è Denise; La paura, ovvero Paul; Il commercio, incarnato dalla prostituta Isabelle Rivière che, interpretata da Isabelle Huppert, si aggiunge ai due protagonisti mostrandosi disposta a tutto per denaro e anticipando la conclusione La musica, in cui tutti gli aspetti precedenti sembrano convergere.
Quindi, con tanto di immagini e dialoghi espliciti a tematica sessuale, una prova godardiana evidentemente arrabbiata e infarcita di crudezza e pessimismo, con ogni probabilità dovuti anche al fatto che il cineasta, all’epoca del concepimento della pellicola (per realizzare la quale fece addirittura ricostruire una sorta di factory sulle rive del lago Lemano), fosse reduce da una lunga degenza conseguita ad un terribile incidente motociclistico avuto nel Giugno del 1971.
Con booklet a cura di Rinaldo Censi incluso nella confezione, è Ripley’s Home Video a riscoprirla su supporto dvd – in lingua originale con sottotitoli italiani – corredato di sezione extra che, oltre al trailer e a un’intervista di dodici minuti alla Huppert, propone Scénario de Sauve qui peut (La vie), ovvero il filmato-riflessione sul suo lavoro che Godard inviò ai membri della Commissione d’Avance sur Recettes del CNC.
Francesco Lomuscio
Scritto da Francesco Lomuscio il ott 28 2012. Registrato sotto RUBRICHE, VIDEODRHOME. Puoi seguire la discussione attraverso RSS 2.0. Puoi lasciare un commento o seguire la discussione