Il disco solare, ripreso pochi minuti fa dalla sonda Solar Dynamics Observatory, dove è visibile la regione attiva AR2209. Crediti: SDO/HMI/NASA
A volte ritornano. Anche le macchie solari. Proprio come quelle appartenenti alla regione solare attiva denominata AR 2192, che è stata visibile dalla Terra tra la metà di ottobre e il 1 novembre. Una regione molto estesa, che presenta campi magnetici con una struttura assai complessa. Durante il suo passaggio sull’emisfero rivolto verso il nostro Pianeta, sono stati registrati qualcosa come 177 brillamenti a raggi X, di cui ben 8 della massima classe di intensità, ovvero la X.
Tramontata al bordo Ovest del Sole, la regione attiva è stata seguita nella parte non visibile mediante i dati eliosismologici, ovvero legati alle oscillazioni che avvengono sulla superficie e all’interno del Sole, raccolti ed elaborati dalla rete GONG. Questi dati indicano chiaramente che questo gruppo di macchie abbia mantenuto anche nei giorni scorsi la propria complessità.
Ed eccolo ritornare alla nostra vista il 12 novembre, appena percepibile sul bordo del disco solare, assai più evidente il giorno seguente. Cambia il suo nome, che passa da 2192 a 2209, ma la sua attività si annuncia ancora elevata, per cui ci aspettiamo altri fenomeni di una certa intensità. Un assaggio ci è arrivato appena qualche ora fa, con un brillamento di classe M-5 registrato attorno alle 18:40 ora italiana di ieri dal satellite Solar Dynamics Observatory della NASA. Un evento che ha causato una interruzione per circa 10 minuti delle trasmissioni radio di alta frequenza nell’emisfero illuminato della Terra.
Per pura coincidenza, proprio oggi si apre a Liegi in Belgio l’undicesima edizione della European Space Weather Week, il consueto congresso dove ogni anno scienziati europei e di tutto il mondo si incontrano per fare il punto sugli studi legati alla fisica e all’attività solare, con una particolare attenzione proprio alle relazioni tra la l’attività della nostra stella e i suoi effetti sull’ambiente terrestre. La riapparizione di AR 2209 sarà seguita puntualmente anche dai congressisti, che avranno così pane per i loro denti: metteranno infatti alla prova i loro modelli di previsione, comunicando informazioni in tempo reale sulla sua evoluzione e sui fenomeni di attività associati. Insomma, potremo così sapere addirittura che tempo fa nello spazio!
Fonte: Media INAF | Scritto da Marco Galliani