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La sensibilta' da nascondere

Da Andrea_cusati

Sentirsi sensibili, ma soprattutto mostrare sensibilità, in questa società sembra una cosa molto dannosa per noi stessi

E' da tempo che volevo scrivere un post su questo argomento e aspettavo l'ispirazione.Mi auguro l'argomento possa interessarvi e che magari abbiate piacere di scrivere cosa ne pensate voi a riguardo.


Emoticon che raffigura uno Smile commosso con gli occhi lucidi

Sensibilità commuovente

Sin da quando ero piccolo mi resi conto di avere una sensibilità non comune per certe cose e soprattutto, rispetto a molte altre persone, io la manifestavo apertamente.
Piangevo davanti a scene di film e cartoni animati (sono riuscito a commuovermi con "Tre uomini e una gamba" e "Monster"), mi si bagnavano gli occhi davanti a notizie di cronaca violenta al telegiornale, mi si spegneva la voce e arrivavano improvvise le lacrime mentre discutevo animatamente con un datore di lavoro o mentre si chiudeva un rapporto di amicizia davanti all'amico, mi emozionavo alle lacrime facendo l'amore o cantando una canzone che sentivo particolarmente mia in un determinato momento, mi veniva da piangere quando dopo aver ferito qualcuno con parole rabbiose mi rendevo conto di ciò che avevo detto e fatto a quella persona, si rigavano le guance quando ammirato guardavo il firmamento e la luna sentendomi piccolo, mi sono svegliato commosso più volte sognando il viso di un mio ipotetico figlio, l'abbraccio e il sorriso di un bambino o l'amore che mi ha dimostrato un animale con la sua dolcezza genuina sono cose che mi hanno sempre strappato il cuore (in senso piacevole).
Insomma, di occasioni per emozionarmi e commuovermi alle lacrime ne ho sempre avute molte.
L'emozione per me è vita, inutile quindi dire che questo mio sentito è una cosa che di me mi è sempre piaciuta, sempre finché crescendo cominciai a capire che spesso poteva essere un problema.
Mi è capitato spesso, anche utimamente, di scatenare pena (nel senso spiacevole del termine) oppure di sentirmi trattare come un debole (spesso le stesse ragazze o donne mi hanno definito femminile e non virile come animo, sottoscrivendo loro stesse lo stereotipo del "sesso debole" o "gentil sesso"), come se io fossi una persona che con una parola storta può andare in pezzi come un bicchiere di cristallo e quindi da evitargli certe verità ritenute scomode oppure come fossi una persona da assecondare per paura di ferirla, per pietà.
Nella mia adolescenza ho cominciato ad odiare questo lato di me, ho cercato di ucciderlo, di nasconderlo, di cambiarlo.
Ma per quanto mi sforzassi nei momenti più impensati emergeva potente.
Per una strana legge culturale che ci tramandiamo di padre e madre in figlio e figlia: le lacrime vanno soffocate.
Bisogna pensare positivo, bisogna star bene e bisogna essere duri come ossidiana perché la vita è dura e bisogna essere bene addestrati a sopportarne tutte le avversità mantenendo il cuore e il viso duro.
L'uomo e la donna che non devono chiedere mai! (per citare la nota pubblicità della Denim)
Se piangi, anche se sono lacrime di gioia e felicità, sei etichettato come un/a povero/a sfigato/a, come una persona triste, come uno/una che non sa reggere il peso della vita, come una persona fragile senza palle (altro stereotipo quello delle palle).
Cominciando a diventare un pò più adulto ricominciai ad apprezzarmi per questa mia sensibilità, però mi sentivo molto succube del giudizio degli altri e quindi non la vivevo molto bene, come tanti fanno mettevo davanti delle maschere che nascondessero ciò che sentivo... per lo meno quando riuscivo a farlo.
Arrivando ai giorni nostri direi che ho un buon rapporto con il mio lato più sensibile, ma la gente intorno a me non è cambiata, cataloga e giudica.
Qualcuno è infastidito dalla mia sensibilità, qualcuno mente temendo di farmi soffrire, qualcuno apprezza.
Come si dice "il mondo è bello perché è vario".
Anche a me capita di giudicare ed etichettare, pur sforzandomi nel cercare di non farlo, così come mi capita, a volte ancora oggi, di sentir dipendere il mio umore dalle parole degli altri.
Sicuramente oggi gestisco meglio il tutto e mi sento molto geloso di questa sensibilità che mi lega molto al bambino che sono stato.
La sento autentica, la sento viva, la sento genuina, spontanea e sincera.
Che male c'è a commuoversi davanti alle vecchie pubblicità della Barilla col gattino salvato da un'alluvione?
Cosa c'è di male nel versare due lacrime quando si vede cosa fa di terribile l'essere umano tutti i giorni verso i suoi simili o verso animali indifesi?
Cosa c'è di male nel vedere qualcuno che ride o che ti abbraccia o che soffre e provarne compassione e amore fino ad arrivare a piangere con lui/lei?
Cosa c'è di male nel provare amore, fino a commuoversi, per una persona che non ricambia il tuo stesso affetto?
No, io non rinuncio più a respirare e vivere questa sensibilità, a inebriarmene e a lasciarla uscire come meglio crede.
Con tutto l'odio che c'è al mondo vivere di emozioni e nutrirsene è per me l'unico senso decente che può avere questa esistenza.
"Un giorno scoppiò un incendio nel bosco vicino a un grande stagno.
Tutti gli animali corsero verso l'alta collina lì vicino per salvarsi, comprese le tante rane che abitavano lo stagno.
Tutti gli animali, passando le rane di corsa, gridarono loro che non ce lavrebbero mai fatta ad arrivare in tempo sulla collina, dato che i loro balzi erano corti e lenti.
Tutte le rane in effetti morirono arse vive, tutte tranne una.
Gli animali intorno alla rana superstite si complimentarono e le chiesero come fosse riuscita a salvarsi solo lei, ma questa non rispondeva.
Dopo averl chiesto più volte spiegazioni senza ottenere risposta si resero conto che qella rana era sorda." (storia Zen)

                 Scritto da Andrea Cusati martedì, 6 maggio, 2014


             
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