La sezione aurea, un viaggio nel pensiero matematico
Creato il 09 agosto 2012 da Sulromanzo
Uscendo dalla scuola sarà forse capitato a molti di avere un ricordo non bellissimo delle materie scientifiche, un po’ per la difficoltà degli argomenti, un po’ per una certa distanza dal mondo di tutti i giorni. Coloro che, nonostante la scuola, hanno mantenuto la curiosità per la scienza, forse hanno trovato occasione di coltivare l’interesse per la matematica, la fisica, la geometria, attraverso l’immensa offerta di materiale divulgativo. I programmi televisivi non si contano, come i libri, le conferenze. Eppure la divulgazione nasconde un doppio pericolo. Il primo consiste nel banalizzare un argomento nel tentativo, seppur apprezzabile, di renderlo più facile. Il secondo consiste nella ricerca a tutti i costi di far passare per misterioso e soprannaturale ciò che invece sarebbe spiegabile con tanta semplicità. Così non si contano i racconti sui templari, che disponevano di poteri immensi grazie a figure geometriche e simboliche, o collegamenti tra strani messaggi nascosti nei geroglifici egiziani e la forma delle piramidi suggerite da civiltà extraterrestri. Niente di più banale e avvilente!
Il libro di Mario Livio, La sezione aurea. Storia di un numero e di un mistero che dura da tremila anni (Rizzoli 2003), è una specie di “anticorpo intellettuale” contro questi rischi. È l’esempio di una narrazione coinvolgente in grado anche di insegnare molto sull’indagine scientifica e sul metodo che la scienza moderna si è data nel suo cammino verso la conoscenza. E rimane, pur sempre, un testo di divulgazione scientifica.
Partiamo dal titolo. La sezione aurea è un numero, il rapporto tra due lunghezze. È quel numero individuato dalla divisione in due parti di un segmento. Questa suddivisione è tale per cui i due rapporti, tra l’intero segmento e la parte maggiore e tra la parte maggiore e la parte minore, sono uguali.
È importante sottolineare che Mario Livio è un astrofisico di fama internazionale. Dopo la definizione di questo numero, che per la cronaca è numero irrazionale, non rappresentabile cioè come frazione di numeri interi, l’autore ci conduce in un viaggio affascinante. Si tratta di un’indagine storica con citazione da testi, documenti, studi di filosofia e matematica. Il lettore non si perde mai perché la competenza dell’autore lo fa partecipare alla sua ricerca. Innanzitutto Livio si occupa di stabilire quale popolo studiò per primo la sezione aurea. Molti sostengono che furono i babilonesi o gli egiziani. Molti archeologi e studiosi hanno visto, in modo arbitrario, la presenza della sezione aurea un po’ dappertutto, facendola coincidere in modo approssimato con l’altezza di un palazzo, l’estensione di una città o la grandezza di un dipinto. In realtà, se vogliamo attenerci ai dati a disposizione dobbiamo concludere che i primi ad avere consapevolezza del rapporto aureo furono i greci. L’accuratezza con cui l’autore confuta i vari tentativi di rintracciare il numero aureo presso i popoli più diversi è un esempio di grande correttezza verso il lettore.
Un’importante parte del libro è dedicata a mostrare come il rapporto aureo sia in effetti presente in tanti rami della scienza e della natura, dalla disposizione delle foglie lungo i rami di molte piante, alla forma di certe galassie, alla struttura dei cristalli, fino alla sequenza delle note nel pentagramma musicale. Questa diffusione del rapporto aureo in tanti fenomeni lascia presagire un mistero, come se l’armonia complessiva del creato si rivelasse nella costanza di alcuni dati o ricorrenze. Tutto ciò porta a riflettere sulla struttura dell’universo, ma in modo maturo, senza alcuna deriva pseudo-fantascientifica.
In molte pagine sono presentate curiosità matematiche che poi si rivelano come connessioni interessanti e sbalorditive tra formule, teoria e distribuzione dei numeri. Così diventa cruciale il ruolo della cosiddetta successione di Fibonacci, una sequenza di numeri naturali in cui ciascuno è la somma dei due precedenti. Essa è legata alla sezione aurea tramite semplici calcoli.
Il legame tra sezione aurea e costruzione dei cinque solidi platonici è alla base di uno straordinario esempio di modello cosmologico. I solidi platonici sono racchiusi da facce tutte uguali tra loro e gli angoli interni sono anch’essi tutti uguali. Platone, nel Timeo, li associa ai quattro elementi fondamentali, aria, acqua, terra e fuoco, e al cosmo nel suo complesso. Essi sono: il tetraedro, il cubo, l’ottaedro, il dodecaedro e l’icosaedro. Il modello cosmologico basato sui solidi platonici fu elaborato da Keplero. Come tutti gli uomini di scienza del suo tempo, nel concepire nuovi modelli dell’universo, si basava su regole di armonia suggerite non solo dal calcolo ma anche dalla riflessione religiosa. Lo stesso Mario Livio riporta le parole di Keplero.
«In ogni acquisizione di conoscenza accade che, partendo da ciò che colpisce i sensi, siamo condotti dal funzionamento della mente a entità più elevate che i sensi, per quanto acuti, non possono cogliere. Lo stesso accade nella disciplina dell’astronomia, nella quale innanzitutto percepiamo con gli occhi le diverse posizioni dei pianeti in momenti differenti, dopo di che il ragionamento si sovrappone alle osservazioni e guida la mente al riconoscimento della forma dell’universo».
Keplero elaborò un modello cosmologico in cui il Sole era al centro e i sei pianeti allora conosciuti orbitavano intorno al Sole a distanze successive. Keplero presuppose che queste distanze corrispondessero alle dimensioni dei solidi platonici inscritti e circoscritti a delle sfere. Nella sua concezione cosmologica fu guidato dall’armonia che i cinque solidi esprimevano. Si trattava di un modello sbagliato, ma allo stesso tempo espresso con grande linearità e precisione. Questo lo ha fatto diventare un esempio importante di una costruzione teorica dotata della proprietà di falsificabilità. Mario Livio non fa riferimenti espliciti, tuttavia si avverte una certa completezza metodologica di sapore popperiano.
Anche nelle scienze statistiche e sociali la sezione aurea trova una propria importante collocazione. La teoria delle onde di Elliott, elaborata come strumento per prevedere l’andamento di Wall Street, mostra una regolarità che ricorda la successione di Fibonacci. L’autore, comunque, non smette mai di mettere in guardia il lettore dall’attribuire a un fenomeno una regolarità che solo prove evidenti e documentate possono dimostrare.
L’idea fondamentale del libro è che la scienza procede attraverso l’individuazione di leggi e queste molto spesso non sono che espressioni di armonia. Quell’armonia che troviamo nei cristalli infinitamente piccoli, così come nell’evoluzione dell’universo. Ma seguendo un metodo sbagliato, una certa armonia è riscontrabile dove si preferisce, secondo un criterio talvolta inconsapevolmente arbitrario.
Nella parte finale del libro Mario Livio ci propone l’idea che la ricerca di ulteriori regole nascoste possa suggerire nuove e più complete forme di conoscenza. È l’esempio del pensiero del matematico inglese Stephen Wolfram. Egli parte dalla constatazione che l’elemento base attraverso il quale la scienza ha trovato la propria espressione tecnica fino ad ora è l’equazione. L’equazione per esprimere una legge fisica, una regola matematica, una funzione, un processo di variazione.
Per Wolfram è possibile usare un altro elemento base per rappresentare ed esprimere la conoscenza. Secondo lo scienziato inglese un semplice programma per computer, costituito da una serie opportuna di istruzioni, può essere l’entità fondamentale alla base di un nuovo linguaggio per la scienza. Dovrà essere un programma da combinare e ripetere, può o meno come un semplice mattone viene combinato con migliaia di altri nella costruzione di edifici delle più diverse forme e dimensioni.
Galileo affermò che la matematica era il linguaggio con cui è scritta la natura. Chissà, forse è l’inizio di un nuovo linguaggio con cui descrivere l’universo.
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