Sabato 10 Marzo 2012 15:18 Scritto da marzia.o
Qui tutte le puntate.
Luce stava guardando lo schermo del televisore, in quel momento le telecamere stavano inquadrando l’enorme cratere lasciato dall’ospedale scomparso. I cronisti formulavano mille ipotesi, Yaek le domando se aveva intenzione di intervenire, ma la ragazza rispose che non era il caso. Yaek allora le domandò
«Pensi che sia opera sua?».
«No, il dottore non centra», aveva appena risposto in quel modo quando, una delle telecamere inquadrò un piccolo giardino e in mezzo ai fiori una cabina blu del telefono, e Yaek disse divertito:
«Dicevi Luce?».
La ragazza non gli rispose, prese il telefono cercò il numero del dottore, gli squilli si succedettero ma lui non rispose. Luce era preoccupata, quando poso il telefono e si allontanò dalla scrivania fu avvolta dal piccolo vortice che la portava in un luogo all’altro senza la macchina del tempo. Luce si trovò in una stanza dalle pareti bianche, riconobbe subito la macchina per la risonanza magnetica, poi i singhiozzi della ragazza inginocchiata al corpo di un uomo attirarono la sua attenzione. Luce si sentì morire, l’uomo che amava giaceva sul pavimento e il suo pallore era di un morto. Luce si dimenticò della macchina della risonanza, afferrò lo stetoscopio che la ragazza aveva al collo e auscultò i due cuori del signore del tempo, battevano ma molto lentamente. Luce reclinò indietro la testa di Yaris e fece il massaggio cardiaco in entrambi i lati del torace e poi soffiò l’aria nei polmoni, Clarissa la guardò e sussurro piano:
«Non serve a nulla è già morto».
«No, non ancora, e non ho nessuna intenzione di lasciare che accada».
«Non può essere vivo, gli hanno succhiato tutto il sangue, l’ha fato per salvarci, ma che cosa è servito? Se non moriremo per l’esplosione della macchina magnetica, moriremo quando il campo di contenimento svanirà».
«Che cosa hai detto?».
«Che se non moriremo…».
«No, quello sul sangue?».
«Che una cambia sangue gli ha succhiato l’energia».
«Ho capito, devo fargli una trasfusione».
«Sarà un po’ difficile che tu trovi del sangue adatto a lui».
«Di questo non ti devi preoccupare tu, però mi devi aiutare. Continua il massaggio cardiaco per favore », Luce si alzò, la ragazza cominciò, ma lo faceva solo su un lato, e Luce le disse, «Da entrambi i lati». Clarissa la guardò perplessa ma non disse nulla e fece come Luce le aveva detto, per quel giorno aveva visto cose così strane che se quella ragazza affermava che il signore del tempo aveva due cuori, perché lei non doveva crederci. Luce staccò la spina della macchina magnetica, poi tornò a inginocchiarsi accanto a Yaris, auscultò di nuovo i cuori, poi disse: «Bene possiamo fermarci per qualche minuto».
Prese la mano di Clarissa e se la mise sulla spalla, una delle sue l’appoggio sul torace di Yaris, mentre con l’altra schiacciò il pulsante e un istante dopo si trovava nell’infermeria del Tardis di Luce. Clarissa cominciò a respirare meglio e quindi le domandò:
«Ma dove siamo qui?».
«Siamo nell’infermeria del Tardis».
«Che cosa è un Tardis?».
«È una macchina del tempo e dello spazio. Ascoltami, ho appena applicato dei sensori che creano il massaggio cardiaco, ho preparato anche queste due sacche di fisiologica, le dobbiamo inserirle su entrambe le braccia, in modo che entrambi i cuori posso cominciare pompare fluidi. Mentre le sacche si svuotano, preleverai da me quattro litri di sangue, lo dividerai in due sacche da due litri, appena le fisiologiche finiscono le sostituirai con il sangue».
«Ma io non lo mai fatto, e poi le persone dentro l’ospedale moriranno».
«Andrà tutto bene. Ti prometto che salverò anche le persone dell’ospedale. Tu sai chi ha portato l’ospedale sulla luna?».
«Le rinoguardie, lui mi ha detto che sono…».
«Guardie galattiche, ho già avuto a che fare con loro».
«Un’ultima domanda, sei un medico dei signori del tempo?».
«Circa, e non solo», sorrise Luce. Da quel momento le due ragazze lavorarono in silenzio. Clarissa estrasse il sangue di Luce e procedette come Luce le aveva detto, subito dopo Luce mangiò e bevette qualcosa di dolce e poi disse a Clarissa: «Procedi come sai se dovessi tardare».
«Ma dove vai?».
«Vado a parlare con le rinoguardie, l’ospedale deve tornare al suo posto».
Luce scomparve per riapparire mezz’ora dopo, Clarissa aveva già applicato le sacche con il sangue, e stavano per finire, aveva anche tolto i sensori del massaggio cardiaco. Clarissa spiegò che a un certo punto il tracciato del battito era diventato più forte e lei aveva pensato che i cuori si fossero rinforzati a sufficienza, da battere da soli. Luce auscultò i cuori e annuì, confermando la sua diagnosi, quando le sacche contenenti il suo sangue finirono disse alla ragazza: «Ora è fuori pericolo, vi devo riportare all’interno dell’ospedale, quando la struttura sanitaria riapparirà tutti quelli che erano al suo, interno, devono esserci».
«Perché?», domandò Clarissa.
«È una questione di equilibrio sul piano spazio temporale, lo so è un po’ complicato ma lo imparerai. Prendi questo, è il mio numero telefonico, se avrai bisogno di me, chiamami», dandogli il biglietto con scritto il suo numero di telefono.
«Va bene».
Luce, riportò Clarissa e il dottore nella stanza della risonanza magnetica, si chinò su di lui e lo baciò, quando si alzò il vortice che l’aveva portata all’interno dell’ospedale la riportò nel suo ufficio, spiegando poi la situazione a Yaek.
Yaris si vegliò era sdraiato su un lettino, per dire il vero aveva pensato di essere sul pavimento della stanza, l’ultima cosa che ricordava era quella sensazione di fastidio al collo, poi la notte. In quella notte però c’era una voce che lo chiamava e che lo pregava di rimanere con lei, la sensazione di labbra morbide che sfioravano le sue era così reale e non solo, quelle labbra erano della donna che amava, e i suoi cuori avevano reagito battendo più forte. L’ultima frase che ricordava era “Yaris io ti amo”, poi la luce si era percorsa strada sotto le sue palpebre e incrociò lo sguardo di Clarissa che le sorrise, avrebbe voluto ringraziarla, ma il telefono della ragazza squillo lei rispose facendogli cenno di non andarsene, ma mentre lei rispondeva voltandogli le spalle lui, si allontano, raggiungendo il suo mezzo di trasporto. Clarissa quando si voltò per parlare con lui rimase sorpresa non trovandolo, uscì dall’ospedale di corsa, fece appena in tempo a vedere che entrava in una cabina blu con il simbolo della polizia, poi la cabina scomparve con un suono stridente.
Clarissa uscì dalla casa di sua madre, era stanca di sentire i litigi dei suoi genitori, guardò le stelle, ora le sembravano molto diverse, sorrise ripensando alla sua assurda giornata. Certo che di fatti strani negli ultimi tempi n’erano accaduti e tutti per Natale: tre anni prima un’astronave era caduta nel Tamigi e la residenza del primo ministro era stata rasa al suolo, e ricostruita a tempo di record. Poi c’era stata l’astronave degli Zastri che volevano conquistare il pianeta, poi l’invasione degli uomini robot e dei Darek, e in quell’occasione aveva perso una cugina, e infine, alla vigilia di Natale, l’esplosione di una stella che tutti avevano pensato che fosse un effetto speciale dell’amministrazione della città, e non solo, la mattina aveva scoperto che il Tamigi era stato prosciugato, per poi tornare in piena la mattina del giorno di Santo Stefano. Clarissa cominciò a pensare che fosse opera del dottore e della dottoressa Braun. Stava ancora riflettendo sull’argomento, quando un rumore strano attirò la sua attenzione e poco dopo appoggiato a un albero, c’era il signore del tempo, che le sorrideva, avvicinatasi gli chiese:
«Mi sembra che sei tornato in forma dottor Smith?».
«Sì adesso sto bene».
«Pensavo che te ne fossi andato?».
«Sì, ma perché bisogno di riposare».
«Ah, e dove sei stato?».
«Oh be’, un po’ qua un po’ la per me tempo e lo spazio sono relativi».
«E cosa ti ha riportato da queste parti?».
«Ma sai mentre in giro mi sono reso conto che non ti avevo ringraziato, per avermi salvato la vita».
«Oh ma io in realtà non ho fatto nulla, ha fatto tutto lei».
«Tu l’all’ aiutata», sorrise Yaris.
«Sai di lei?».
«Sì, lo sentita, e comunque se tu non lo aiutavi da sola, non l’avrebbe mai fatta, ed io non sarei qui».
«Be’ allora, è stato un piacere, dottor Smith».
«Io però stavo pensando di ringraziarti a modo mio».
«E cioè?».
«Volevo offrirti un viaggio nel tempo, la destinazione la decidi tu. Non so voi sapere se diventerai un grande medico, o chissà qualcosa nel passato».
«Puoi davvero portarmi nel passato?».
«Sì, o nel futuro decidi tu».
«Shakespeare, puoi farmelo conoscere?».
«Ma voi donne siete tutte fissate con Shakespeare».
«Perché dici così?».
«Nulla dicevo così per dire. Vieni ti porterò a conoscere Shakespeare, ma ricorda un viaggio solo».
«Va bene come vuoi».
Il signore del tempo aprì la porta del Tardis, convinto che Clarissa lo avrebbe accompagnato nel passato per quel breve momento, ma la ragazza faceva parte di un disegno più grande che solo il tempo avrebbe mostrato.
Qui tutte le puntate.