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Interno notte. Una flebile luce di lampada a petrolio si irradia nella stanza spoglia. Sullo spartano letto al centro della camera giace un uomo, gli occhi chiusi, un braccio fasciato, il bel profilo delineato dalle ombre, ma la guancia segnata da una brutta ferita. La figura vestita di bianco, poco discosta dal capezzale, chiude il libro da cui leggeva sommessamente, si alza e con passi leggeri si avvicina per sorvegliare con sollecitudine il sonno dell’infermo. STOP!
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No, non è stato il regista a gridare, ma la scena ricorda molti film, tantissimi romanzi e una gran numero di esperienze di vita vera. Chi non ha mai sentito parlare di sindrome della crocerossina? Sì, proprio il fascino indiscreto dell’uomo da curare, salvare, sostenere e consolare. E la tendenza della donna non solo a prodigarsi in cure, ma a compiacersi particolarmente della propria attitudine ad assistere e guarire, a tenere la mano a eroi feriti nel corpo o nell’anima.
Le varianti romance del tema sono quasi infinite: eroi caduti da cavallo, feriti in guerra o in duello, vittime di incidenti, in genere nel tentativo di compiere qualche eroica sortita, oppure afflitti da una qualche infermità di lunga data e amareggiati da tempo, attendono tra le pagine, soprattutto dei romanzi storici, fanciulle capaci di amori che guariscono, pronte a vegliarli, terger loro il sudore o fasciare arti vari, ma anche riconciliare con la bellezza della vita e dell’amore.
Altro ricco filone è quello degli smemorati, che coraggiose dame riconducono a ricordi e passione. Non che la trama, o i casi del destino, debbano per forza proporre casi da reparto traumatologico o chirurgia d’urgenza: gli uomini infelici, sfregiati nell’animo da infanzie dolorose, relazioni disgraziate, incomprensioni da parte di famiglia, società, ton inglese o esercito, non mancano di trovare schiere di consolatrici. Molti hanno detto che perfino le 50 -discusse fino alla saturazione- sfumature, altro non sono che l’ennesima declinazione della sindrome della crocerossina, in cui la fanciulla pura lenisce, con il suo sentimento innocente, il dolore delle cicatrici, inferte da traumi ripetuti all’anima dell’oscuro Mr Grey.D’altra parte, non mancano blasonatissimi rami nell’albero genealogico delle crocerossine: ne La Gerusalemme Liberata la dolce Erminia vagheggia la possibilità di assistere il ferito Tancredi e di risanarlo grazie alla sua conoscenza delle erbe medicamentose, fino a diventare sua sposa, accompagnarlo in Italia ed essere ovunque riconosciuta come colei che ha restituito all’eroe vigore e bellezza.Nel romance tutto volge come da regola all’happy end: può essere che lui confessi amore nel delirio, o veda lei come un angelo nell’annebbiamento febbrile, che lasci cadere le sue resistenze; oppure la nostra eroina è colei la quale intuisce la profondità del sentimento tra bende e medicine, per tacere della visione e della lecita intimità col corpo e la pelle virile…Allo stesso modo, non si contano coloro i quali “rimasti offesi nei sentimenti” ( ve li ricordate Aldo, Giovanni e Giacomo in versione ticinesi?) rinascono perché presi per mano da una lei tenera e indomita.Nella realtà, però, la sindrome della crocerossina rischia di portare su strade molto pericolose, che vanno dal dedicarsi inutilmente a uomini che non cercano una compagna ma un appoggio, fino a ipotesi peggiori, come il rimanere invischiate in situazioni paludose e soffocanti.Bisognerebbe parlare anche del cliché dottore-infermiera, ma non solo chi in ambito sanitario ci lavora subisce il fascino del camice bianco! Questa, però, è un’altra storia…
Patrizia F.
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