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La sindrome di Down: come si fa ad abortire? - 3

Creato il 27 agosto 2012 da Sulromanzo

La sindrome di Down: come si fa ad abortire?Vi parlavo di Fabio venerdì e della domanda che mi rivolse, mentre sabato ponevo alcune questioni. Mi chiede: «Tu, non so se hai figli, che cosa faresti dopo avere scoperto durante la gravidanza di avere un figlio Down?»

Ci penso qualche secondo e dico: «In primo luogo, cercherei di capire i pensieri della mia compagna, cercherei di interpretare le sue emozioni, siamo in due, non posso decidere da solo!». Fabio ribatte che ho ragione, che anche la sua reazione fu uguale, ma mi chiede di rispondere senza per un attimo pensare alla coppia. Parliamo a lungo e anche dopo la telefonata rimango perplesso non solo su quanto io dico, anche su quanto lui dice.

Parliamoci senza falsa bonarietà. Una persona down ha dei limiti nella vita? Certo che li ha. Ma questi sono argomenti sufficienti per affermare che una vita non merita di essere vita? Perché Fabio si concentra su questo: quando c’è una vita, si può parlare di meritevole? Ha senso una domanda così posta?

Una mamma, una volta scoperto di avere un figlio colpito dalla sindrome di Down, potrebbe pensare di cercare una nuova gravidanza e rendere così un feto sostituibile, per dare a un suo figlio una vita più serena o più autonoma, anche più meritevole? Non si rischia di far assumere significati pericolosi agli aggettivi, in altre parole pericolosi di ambiguità e, quindi, a cascata, di conseguenze logiche dalle fondamenta fragili?

Fabio mi provoca: «Morgan, siamo o non siamo persuasi che sia meglio nascere non Down? Cioè facciamo una differenza di vita, giusto? Preferiamo una all’altra, giusto?»

«Credo di sì, anzi, sì!», replico.

«Che non significa sostenere che una vita di una persona down non sia meritevole, degna di essere vissuta, ma che se si potesse scegliere preferiamo generalmente una vita senza quella sindrome, è corretto?» 

«È corretto».

«Perché allora di fronte a una preferenza generalizzata, chi parla di pro-life definisce l’aborto un assassinio? Perché?»

Fabio mi dice che di fronte a un pensiero diffuso di preferenza di vita, sarebbe giusto non solo permettere ai genitori del nascituro di scegliere all’interno di limiti imposti per legge, ma anche favorire un contesto che permetta l’eventuale scelta, da una parte o dall’altra, come parimenti dignitosa. E invece non è così nel nostro paese, dice.

Chi considera l’aborto un “infanticidio” si difende come puro, come rispettoso della vita, come migliore rispetto a chi fa scelte differenti. “Un feto non può difendersi”, “Un feto è vita”, “Un feto l’ha scelto Dio anzitutto”, “Un feto non è merce”, ecc. Affermazioni diffuse fra gli antiabortisti.

Ma.

Tanto dibattito sull’aborto verte sulla questione dell’inizio della vita, il momento preciso nel quale la vita comincia. Quindi, non un parametro non biologico, la forza che gli antiabortisti propugnano si nutre di biologia. Non solo. Affiancano alla biologia la teologia, facendo incontrare Dio e la natura. Ragione per la quale, per un antiabortista, la morale è già nel feto, è già presente nel momento del concepimento.

La nascita non contiene una diversa morale per un antiabortista, la morale è permeata di vita dal concepimento appunto. Ma la morale si rafforza di nuovi argomenti con la conquista, da parte del feto, della nascita in primo luogo, poi dell’autonomia come essere umano, della coscienza, dei movimenti, e via così (mi sono sempre chiesto, se la morale ha un senso vero per l’antiabortista, perché vi sia un’intrepida difesa per un feto senza coscienza e senza autonomia, ma non per un animale che fino a pochi minuti prima aveva una coscienza e un’autonomia propria che poi invece diverrà una gustosa bistecca, si divagherebbe).   

Fabio mi dice: «Una cosa mi infastidisce quando parlo di questi argomenti con alcuni famigliari, mi accusano di volere solo una società perfetta e che mio figlio non ci sarebbe stato…»

La bellezza e l’amore che Fabio ha per il figlio è fuori discussione da quanto posso intuire dalle sue parole e neppure l’idea di una società perfetta lo entusiasma, egli invece parla di diritto alla scelta, alla scelta di affiancarsi nel viaggio di vita a una persona che possa agire sempre autonomamente e non, come nel caso di suo figlio, fra mille difficoltà.

«I parenti mi dicono: eliminiamo tutti i down o chi soffre di disturbi autistici gravi, seguendo il tuo ragionamento», non è questo il punto. «Mia moglie la pensa come me; siamo due genitori orgogliosi di nostro figlio, lo amiamo e ogni giorno ci stupisce, ma se avessimo potuto avremmo fatto una scelta diversa; dire questo non significa amarlo meno, significa capire che le due cose possono stare distinte, è ipocrita chi sostiene il contrario, oppure non ragiona».

Confesso che la chiacchierata con Fabio dimostra che il mio terreno giaceva su basi deboli, per quanto appassionate. Chiedersi con serietà se un aborto sia o meno lecito nel caso di un figlio Down, scoperto durante la gravidanza, richiede una certa padronanza di argomenti e della volontà di confrontarli con mente aperta, senza pregiudizi.

Questi post non vogliono tifare per l’aborto o meno, bensì presentare qualche suggestione e alcuni libri sui quali eventuale approfondire.

La sindrome di Down di Stefano Vicari.

Come pinguini nel deserto. Genitori di figli con sindrome di Down a confronto.  

Aborto. La morale oltre il diritto di Massimo Reichlin.

C'è chi dice no. Dalla leva all'aborto. Come cambia l'obiezione di coscienza di Chiara Lalli.

Libri che ho letto negli ultimi mesi e che mi hanno permesso di strutturare un po’ meglio l’immaginario confuso che avevo in precedenza dentro la mia testa, incrociando il tema della sindrome di Down con quello dell’aborto.

Nel caso abbiate pensieri, libri, film, documentari, ecc. da suggerire, commentate qui sotto. Grazie.

“Nulla è più terribile di un’ignoranza attiva”

Johann Wolfgang Goethe

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