La volta scorsa ho cercato di parlare della relazione transferale che si applica sia alla psicanalisi che alla pedagogia, sto cercando pian piano di chiarire a me stessa e, spero anche a chi mi legge i possibili e molteplici connubi che possono esserci tra le due scienze. Molti storceranno il naso lo so già. Molti colleghi hanno imparato dai manuali universitari che Freud dava troppa importanza alla sessualità infantile e adulta in generale, ma mi sono resa conto che spesso queste affermazioni non si discostavano dagli studi fatti sui manuali, mentre altra cosa é andare a leggersi i testi del padre fondatore della psicanalisi per trovarci qualcosa di molto più profondo e meno riduttivo.
Cerchiamo di trovare i punti di incontro. Entrambe le discipline si occupano della "persona" nella sua totalità e entrambe si occupano di quella che, ad esempio Rogers, ha chiamato relazione d'aiuto. In molti casi la relazione pedagogica opera tra la "terapia" ,( in senso lato in tutti i casi di disagio, turbamento psichico o fisico, problematiche comportamentali) e "educazione" nel senso antico di educere o tirar fuori dall'educando le potenzialità, le risorse, le capacità attraverso una esclusiva relazione a due, senza tralasciare l'apporto formativo che ciò può avere per lo stesso educatore. Ricordo che in pedagogia l'accrescimento è sempre da entrambe le parti, altrimenti non si potrebbe parlare di formazione o educazione.
Il pedagogista, come ho già detto altrove deve possedere le tre S: sapere, saper fare, saper essere.
Il pedagogista all'interno delle sue conoscenze deve possedere anche quelle di ordine antropologico, sociologico, e psicologico, ma questo significa poi saper tradurre la teoria in pratica: il saper fare. Se l'intervento pedagogico giunge a buon fine possiamo dire che ha avuto un'azione terapeutica e, per chiudere la catena possiamo affermare che ogni terapia comporta inevitabili valenze educative. Il pedagogista con queste competenze avrebbe, anche il diritto di veder riconosciuta quella che definisco "L'auctoritas pedagogica".
Bisogna riconoscere che "il contratto" che viene stipulato tra un paziente ed uno psichiatra, tra un paziente ed il suo psicoanalista e tra cliente e pedagogista o educando ed educatore siano differenti sia sul piano formale che operativo, essi hanno un obiettivo finale che é il benessere della persona.
A mio parere pedagogia e psicanalisi hanno entrambe un compito di tipo ermeneutico: ossia quello di interpretare le vite delle persone, svelare alle persone ciò che ancora non sanno di sé stesse, senza moralismi.
Freud In Prefazione a “Gioventù traviata” di August Aichhorn (1925),dice che di tutte le applicazioni che ha avuto la psicoanalisi nessuna aveva destato in lui tanto interesse quanto quelle che si riferivano alle pratiche dell'educazione infantile, ma poi si rivolge all'educatore formato ai metodi psicanalitici affinché non confonda il suocompito con quello dell'analista:
“(…) quello dell’educatore è un lavoro sui generis, che non può essere
sostituito dall’influsso psicoanalitico, né confuso con esso. La psicoanalisi
può essere molto utile all’educazione, ma non è idonea a prenderne il
posto. Tale sostituzione non solo è resa impossibile da motivi pratici, è
anche sconsigliata da alcune considerazioni teoriche. (…) Un bambino,
sia pure deviato e traviato, non è ancora, appunto, un nevrotico, e la
post-educazione non ha niente a che fare con l’educazione degli immaturi.
La possibilità dell’influenzamento psicoanalitico poggia su alcune
premesse ben precise, compendiabili nel termine “situazione analitica”;
essa richiede che si sviluppino determinate strutture psichiche e una
particolare impostazione verso l’analista, Qualora queste premesse
manchino, come nel bambino, nel giovane traviato, e normalmente anche
nell’individuo con impulsi criminali, quel che bisogna fare è qualcosa
di diverso dall’analisi, che risulta poi coincidere con essa quanto a
intenti”
Freud afferma che chi ha fatto analisi su se stesso ed è capace di utilizzarla non abbia limiti nella sua applicazione ed anche a riguardo del problema sull'nalisi da parte dei "profani" o" non medici" afferma che se una persona sta male per lui non fa differenza che chi l'abbia curato sia un medico o meno per lui é molto più importante che egli possegga quelle doti personali ( La terza S: saper essere) che possano attrarre la sua confidenza e che possegga quelle conoscenze teoriche e pratiche che lo rendano idoneo ad assolvere le sue funzioni ( Il saper e il saper fare).
Quindi anche se bisogna tener ben presente le distinzioni tra i due ambiti, sembra auspicabile una conoscenza psicoanalitica da parte del pedagogista, affinchè il saper psicoanalitico diventi un vero e proprio strumento educativo. La conoscenza di certi meccanismi consci ed inconsci, di certi comportamenti che ad un profano possono sembrare "patologici" (come é tanto di moda adesso), possono aiutarci a liberarci di una visione distorta che, ancora esiste sulle fasi evolutive dell'individuo, e liberarci di alcuni pregiudizi e false teorie che ancora esistono relativamente all'infanzia ed al bambino in generale. Bisogna tener conto altresì, dello sviluppo delle scienze dell'educazione e di processi come il transfert (di cui ho parlato nel post precedente), fenomeno che lo stesso Freud aveva riconosciuto come esistente in tutte le relazioni umane, ma in particolare nella relazione pedagogica ed anzi qua il transfert può avere una forte valenza rieducativa (e non post educativa come la psicoanalisi), dove il pedagogista/mentore/educatore instaura con il cliente/educando/alunno una relazione basata sulla stima, l'amicizia, l'affetto; cosa che non può essere invece in psicoanalisi dove l'analista deve avere un comportamento distaccato per non inficiare la "cura", mentre simile è in entrambe i casi il fatto che sia lo psicoanalista che il pedagogista diventa per il paziente/ cliente un ideale dell'Io, un soggetto sul quale proiettare le nostre fantasie consce od inconsce ed egli diventa di volta in volta l'amico, il padre, la madre, il fratello, la sorella.
Simonetta Frongia
Bibliografia:
Il Problema dell'analisi condotta dai non medici (Tratto da Sigmund Freud , Io la psicoanalisi, a cura diNelly Cappelli)
S. Freud, Psicoanalisi (1925)
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