La sociologa russa Erika Kadlecová (1924), direttrice del Segretariato per gli affari delle Chiese presso il ministero della Cultura durante la Primavera di Praga, faceva parte di un gruppetto di sociologi marxisti, ricercatori presso l’Accademia cecoslovacca delle scienze, che dall’inizio degli anni ’60 cercavano un approccio meno ideologizzato al problema religioso, tentando di analizzarlo dal punto di vista sociologico. Ma dopo il colpo di Stato del ’48 che portò al potere i comunisti a Praga, la sociologia venne espulsa dalle università e sostituita dall’«ateismo scientifico».
La stessa Kadlecová fu sostituita e il suo nome comparve solo nei rapporti della polizia (la sorvegliavano agli incontri degli ex-comunisti) e nei canali del samizdat. Questo perché la Kadlecová -racconta su Il Sussidiario Angelo Bonaguro, esperto di cultura e storia della Russia-, giunse a conclusioni sconfortanti circa il comunismo ateo in cui era inglobata. Scrisse infatti: «Scomparso il feudalesimo, il colonialismo, il capitalismo, sono andati al potere coloro che promettevano libertà, uguaglianza, fraternità e la rivoluzione dei proletari di tutto il mondo. I sogni però si sono infranti nel momento in cui venivano realizzati, e il risultato è la disillusione, la confusione, la paura del futuro, la perdita di prospettiva. È svanita anche l’illusione che l’uomo sia naturalmente buono e che compia il male solo perché indotto dalle circostanze: la crescente aggressività, il cinismo e l’indifferenza sono problemi presenti ovunque. Il marx-leninismo atrofizza la mente e la induce a pensare paradossalmente in modo religioso: siamo i primi ad imporre alla società, in maniera grossolana e ridicola, gran parte di quello che rinfacciamo alla religione come inaccettabile. Diamo la caccia all’uomo delle nevi, fotografiamo i dischi volanti, cerchiamo tracce di visite degli extraterrestri, meditiamo sulla parapsicologia».
LA CHIESA HA VINTO SENZA COERCIZIONE. La sociologa, interrogandosi sulla rinascita di interesse per il fenomeno religioso negli anni ’80, arrivò a scrivere: «se si elimina la premessa di Dio non esiste una risposta soddisfacente». Tirando le somme, concluse: «Le Chiese non hanno nessun mezzo coercitivo: la compattezza, la disciplina interna e l’ubbidienza possono fondarsi esclusivamente sull’autorità. E proprio in questa debolezza sta la sua forza e il suo carattere eccezionale. La loro dottrina, il loro modo di vita sono assolutamente diversi da quelli che inculchiamo: indicano la via di uscita e la speranza là dove gli altri non vedono nulla. Sono proprio queste le caratteristiche che attirano le persone annientate dalla futilità e dalla mancanza di prospettive. Diventare cristiano non è certo un modo per far carriera, lo sappiamo bene. Il contatto con i cristiani dà la sensazione di una comunità di persone generose e di una particolare positività. L’aiuto e il sostegno reciproco, l’ambiente di amicizia che nella società atomizzata è in grado di supplire alla mancanza di rapporti, nelle società religiose sono resi ancor più forti da un aspetto metafisico: l’incontro con Dio nel prossimo». Osservando la Polonia e Papa Wojtyla dedusse che il Pontefice non solo agisce conoscendo perfettamente i problemi dei paesi socialisti, ma comprende altrettanto bene la politica e la neolingua del Partito. E in questo contesto la Chiesa interviene come difensore dei diritti umani, salvaguardia dell’identità e dell’integrità nazionale, protettore degli interessi degli operai e dei contadini, e come tale è riconosciuta: «Dove siamo finiti – si chiede la Kadlecová – se la Chiesa cattolica lotta per la libertà di parola contro la censura introdotta dai marxisti, e per il diritto dei lavoratori ad unirsi in sindacati di cui si fidano?».