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Tradotto: tutti i numeri primi sono dispari, tranne il 2 che è il più strano di tutti. Il gioco sta in "odd", che in inglese vuol dire sia "strano" che "dispari". Ironia da matematici (la frase è dell'informatico Donald Knuth). Certo è che il numero 2 è davvero particolare. La vera solitudine di un numero primo.
Il messinese Antonio Martino è un numero 2, anzi il numero due. Non per sminuirlo, eh. Lui stesso, l'ex ministro di Forza Italia, ha sempre rivendicato di aver talmente creduto fin da subito al partito berlusconiano da aver preso la tessera azzurra numero due, naturalmente dietro il leader unico e assoluto. Ma per una volta anche lui finisce, per un momento effimero e warholiano, a giocare il ruolo del numero uno. Si era un po' perso di vista, anzi addirittura stava diventando una voce critica nei confronti di Berlusconi. E invece lo stesso Berlusconi, per una volta (di nuovo) d'accordo con il fu delfino Angelino Alfano, lo ha designato come candidato del centrodestra, pardon "dei moderati", nelle prime tre votazioni per la presidenza della Repubblica. Insomma, gli assegnano il ruolo della vittima sacrificale, ma di prestigio. Candidato di bandiera. Perché tanto poi conterà il patto del Nazareno, ma questa è un'altra storia.
A 72 anni, colui che rappresentava l'anima liberale di Forza Italia e si attribuiva il merito di averne scritto il programma politico, torna in pista per non più di 72 ore. Ricordo un vecchio editoriale di Sergio Romano, che lo definiva "Chicago boy". Nulla di male, era ed è lo stesso Martino a rivendicarlo. Ma ricordo perfettamente che l'ambasciatore lo scriveva con una punta di sarcasmo. Eppure Martino, da allievo e seguace di Milton Friedman, "ragazzo di Chicago" lo era davvero. Liberale e liberista. E pure un po' scettico sull'Europa, soprattutto sull'euro. Sì, proprio lui che è figlio di uno dei padri dell'unità europea, quel Gaetano Martino che da ministro degli Esteri nel 1955 ospitò a Messina la conferenza che diede avvio alla Cee.
Nonostante il pedigree e l'esperienza, non si può dire che ci tenga eccessivamente a vivere di politica. «I politici sono come i pannolini: vanno cambiati spesso e per la stessa ragione», ha detto una volta. Berlusconi e Alfano evidentemente non sono del tutto d'accordo.
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