Pubblicato da Gabriella Parisi Ottavo libro del ciclo di Avalon e terzo cronologicamente parlando, La spada di Avalon prosegue il percorso iniziato da Marion Zimmer Bradley con la pubblicazione del suo capolavoro indiscusso, Le nebbie di Avalon, e proseguito, dopo la sua morte — avvenuta nel 1999 — da Diana L. Paxon, che si è accollata il compito di collegare il mito di Avalon con quello di Atlantide — le cui vicende sono narrate in un libro a parte da Marion Zimmer Bradley (Le luci di Atlantide, The fall of Atlantis, 1983) — aggiungendo generazioni nuove lungo il percorso e inserendo le leggende della tradizione anglo-sassone ad arricchire il ciclo. Così, ne L’alba di Avalon Micail e Tiriki, eredi di Deoris, Domaris e Micon — i protagonisti di Le luci di Atlantide — naufragano dopo aver abbandonato Atlantide — ormai sommersa nelle profondità dell’oceano — sulle Isole dello Stagno, ovvero le Isole Britanniche, costruendo grazie ai loro poteri magici Stonehenge. Ne La Spada di Avalon siamo in piena Età del Bronzo, eppure a Velantos, un principe/fabbro proveniente da Tirinto, viene svelata dagli dei la conoscenza di cui necessita per lavorare il ferro e forgiare la Spada delle Stelle — quella che sarà Excalibur — per il loro prescelto, il Figlio dei Cento Re. Una spada che deve essere usata per difendere, non per aggredire. Inoltre, i riferimenti alla Guerra di Troia e ai personaggi della mitologia greca creano un legame con un altro dei libri di Marion Zimmer Bradley staccato dai cicli: La torcia (The Firebrand, 1987)
Autore: Diana L. Paxon (Marion Zimmer Bradley) Titolo: La spada di Avalon Titolo originale: The Sword of Avalon Traduzione di Maria Cristina Pietri Editore: Longanesi (collana La gaja scienza) pagine 474 prezzo € 19,90 data pubblicazione: Novembre 2011 Trama: Allertata da una delle sue visioni, Anderle, somma sacerdotessa e Signora di Avalon, riesce a mettere in salvo il piccolo Mikantor, figlio di sua cugina, da un incendio scatenato dagli uomini di Galid, l’usurpatore del trono della loro tribù. Mikantor è infatti colui che le profezie acclamano come il Figlio di Cento Re, il guerriero che riunirà le tribù per guidarle nella battaglia contro le forze della disgregazione e del caos in cui il mondo sembra destinato a sprofondare. Perché ciò si avveri, però, Mikantor dovrà prendere coscienza del proprio destino e affrontare un percorso irto di ostacoli e rinunce, in un viaggio che lo priverà dell’affetto dei compagni e della dolce e caparbia Tirilan e che lo vedrà approdare, come schiavo, sulle lontane sponde del Mare di Mezzo. Qui le sue sorti si intrecceranno a quelle del nuovo padrone, Velantos, cui gli dei hanno riservato il compito di forgiare una spada di un materiale venuto dalle stelle, una spada invincibile che chiuderà un’era, giungendo intatta fino alle mani di re Artù…
RECENSIONE
«Sapete tutti che la nostra comunità deriva dalla fusione di due popoli», disse Belkacem. «le antiche tribù di questa terra e gli adepti venuti qui dalle terre perdute al di là del mare. Si dice che uno di oro fosse non solo un sacerdote, ma anche il Figlio di Cento Re, il principe di un’isola chiamata Ahtarrath. Micail era il capo degli adepti il cui canto sollevò le grandi pietre dell’Henge, e il marito della prima signora di Avalon.»
Isola dei Potenti, Età del Bronzo. Sono le regine a regnare su questa terra, mentre i re le proteggono e generano nuove regine e nuovi difensori. Galid, però, vuole assoggettare tutte le tribù con la forza, proclamandosi sovrano. La somma sacerdotessa di Avalon, Anderle, ha delle visioni che le fanno presagire l’incendio del villaggio della cugina, Irnana. Anderle accorre per mettere in salvo il figlio di lei, Mikantor: egli è infatti il Figlio di Cento Re, colui che deve unificare tutte le tribù sotto la sua protezione. Nascondendo il bambino sotto il falso nome di Woodpecker, Picchio — e tingendo i suoi capelli rossi per evitare che Galid lo individui — Anderle lo fa dapprima crescere presso il popolo del Lago, poi trova un espediente per istruirlo ad Avalon, infine lo fa spostare di villaggio in villaggio, di tribù in tribù, facendogli svolgere ogni sorta di lavoro. Fra Woodpecker e Tirilan — la figlia ed erede di Anderle — nasce subito un’affinità, un legame, che rinasce di generazione in generazione dai tempi in cui Deoris e Domaris fecero giuramento alla Dea, legando i loro destini e quelli dei loro figli e delle future generazioni.
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All’avvicinarsi della prima luna piena dopo il volgere dell’Autunno, la Signora di Avalon si recò al Grande Henge per rendere omaggio agli antenati. […] Si diceva che questa festa un tempo segnasse la fine del raccolto, che però quell’anno era finito già da una luna. Le anime che erano venuti a guidare avrebbero avuto un viaggio umido verso casa. Le tombe del grande passaggio erano state abbandonate generazioni prima, ma ogni sette anni gli spiriti dei morti scendevano lungo il fiume per il loro pellegrinaggio all’Henge, e da lì all’Oltremondo. In ogni fattoria e villaggio, la donna più anziana presiedeva alla cerimonia per i defunti della famiglia, assistendoli nel loro passaggio ultraterreno così come aveva assistito la nascita di ogni bambino della sua stirpe.
La Paxon è l’indiscussa erede di Marion Zimmer Bradley per quanto riguarda il ciclo di Avalon. Per prepararmi alla lettura di questo romanzo ho infatti rispolverato i romanzi del ciclo, rileggendo Le luci di Atlantide e L’alba di Avalon, e riproponendomi una rilettura ‘cronologica’ dell’intera saga. Non che ci sia mai stato un ordine per quanto riguarda la Bradley: ogni romanzo è assolutamente autoconclusivo e, anzi, talvolta ci sono delle discrepanze — volute — fra un libro e l’altro del ciclo. A Marion piaceva saltare da un secolo all’altro avanti e indietro nel tempo, sulla Terra così come su Darkover. Il passaggio da Le luci di Atlantide (scritto interamente dalla Bradley) a L’Alba di Avalon e La spada di Avalon (scritti quasi interamente dalla Paxon) è stato assolutamente indolore, forse anche grazie all’apporto della traduttrice, Maria Cristina Pietri, che continua a tradurre il ciclo fin dai primi romanzi e che potrebbe essere uno dei motivi di ‘continuità’. L’unico appunto che vorrei fare riguarda le cerimonie propiziatorie e magiche che coinvolgono la Dea e che ricorrono a pratiche sessuali che, mentre nei libri scritti da Marion Zimmer Bradley assumevano un carattere assolutamente mistico e spirituale, vengono ricondotte dalla Paxon — a causa di riferimenti talvolta triviali — a qualcosa di più terreno, meno trascendentale e questo, in un certo senso, ‘sporca’ il significato e il carattere del rito.
Un’ottima lettura per chi — come me — è talmente affascinato dalle atmosfere di Marion Zimmer Bradley e dai suoi personaggi da non averne mai abbastanza. LE AUTRICI:
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