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La sposa rapita di Johanna Lindsey

Creato il 20 gennaio 2011 da Junerossblog
La sposa rapita di Johanna LindseyTRAMA:
Christina Wakefield, orgogliosa e capricciosa erede di un'immensa fortuna, destinata dalla nascita a un tranquillo matrimonio, di nascosto alla famiglia lascia la capitale inglese per seguire il fratello al Cairo.
Rapita da un misterioso berbero, si ritrova prigioniera in una tenda, isolata nel cuore del deserto, circondata da uomini per cui è solo una schiava del loro signore: ma presto scoprirà che la sua più grande schiavitù è quella della passione.
Sara' una...MaleLingua?

Direttamente dalla scrivania di Noco.
Sarà che è un libro datato (è stato scritto prima che io nascessi) e che i gusti sono cambiati, o proprio sarò io: questo libro non l’ho proprio digerito.
Non è scritto benissimo, a livello lessicale è piuttosto povero, ma tutto sommato è leggibile e scorrevole. Non ha livelli elevati di passionalità, come, invece, si possono ritrovare in altri libri di quest’autrice, ma è sufficientemente caldo. Ha un buona dose di Pathos e di suspense, l’intreccio è ben studiato, anche se in alcuni punti è palesemente “ispirato” dallo “Sceicco” di Hull, capostipite di un genere molto amato, anche se non da me.
Il motivo del mio giudizio è questo: a me non piacciono gli “uomini che non devono chiedere mai”, quelli che prendono ciò che vogliono senza domandare, farsi problemi, né preoccuparsi degli altri, e considerano le donne come oggetti o, al più, animali riottosi da domare, con qualsiasi mezzo, anche l’umiliazione e la violenza. Insomma io non sono una fan dell’uomo ”Alpha” in senso stretto e letterale.
Nel romanzo e' descritto un uomo, di impeccabili e nobili origini inglesi, ricco e colto, che all’inizio sembra tanto bello, quanto disinteressato alle donne. Vede l’eroina e, colpito dalla freccia di cupido, la insulta e le chiede di sposarlo…
La protagonista femminile, non è migliore: capricciosa, crede di essere intelligente, ma parla spesso a sproposito e si comporta da maschiaccio. E’ destinata al suo vicino di casa da sempre, ma non lo vuole, si sente quindi in diritto di cercare altrove. Inutile dire che nessuno le garba… insomma è incontentabile, antipatica ed altezzosa.
Lui però è per metà arabo e, questa parte di lui prende il sopravvento come un demone interiore che non si può controllare: accantona l’educazione ricevuta fin da bambino e, come è usanza in Egitto (sarà vero?), la rapisce con uno sporco stratagemma e la fa sua. Non si tratta solo di violenza sessuale, già di per sé inaccettabile, ma proprio di sottomissione psicologica, pretesa di una resa incondizionata, obiettivo ancora più appetitoso per il fatto che questa fanciulla è, anacronisticamente anche per l’Inghilterra, abituata ad essere pari ad un uomo.
Inutile dire che la vita, nell’accampamento di beduini, sarà dura, ma la condizione di questa donna sembra quasi privilegiata rispetto alle altri presenti: le è persino concesso di magiare al tavolo del suo “padrone”!! Quale onore!!!
Mi sono proprio trovata a rabbrividire quando ho letto di schiaffi, sculacciate insulti e abusi psicologici, troppe volte ripetuti.
Frasi come:
“Sei mia schiava “
oppure
“sei la mia donna finchè non mi stancherò di te”, si ripetono di continuo
E poi i due si ritrovano innamorati!
Ma il peggio è che non ho trovato nessun percorso che giustifichi l’innamoramento tra i due: c’è solo un’intesa sessuale, peraltro discutibile, viste le circostanze. Nessuna redenzione, pentimento o passo indietro, anzi sarà lei alla fine a sottomettersi ed essere felice di farlo (un altro caso di sindrome di Stoccolma?)
Durante un rapimento (anche questo da ricondursi al libro di Hull) la nostra “confusa” protagonista, arriva a pensare:
“Nessun uomo al modo avrebbe potuto risvegliare il suo desiderio come Phillip sapeva fare. Christina realizzò solo in quel momento […] Lei lo amava!”
E poche pagine più avanti lui dice che:
“non poteva rinunciare al suo corpo morbido e seducente, così irresistibile […] allora l’amava!”

A questo punto, completamente disgustata, sono stata tentata di rinunciare a proseguire, pensando di non reggere, ma sono arrivata stoicamente alla fine, io non abbandono i libri a metà!
Inutile dire che andando avanti non è migliorato.Questo filone non e' sicuramente il mio genere.
Sono già abbastanza addolorata nel sentire storie vere di violenza sulle donne, neanche troppo lontane da noi, e leggerle mi nausea. Io, in un libro rosa (genere di cui ultimamente faccio incetta) cerco evasione e serenità; preciso di non disdegnare intrighi, battibecchi e litigi tra i protagonisti, apprezzo anche percorsi di uscita da passati tormentati, burrascosi e, talvolta, riferimenti ad abusi o violenze, ma non riesco ad accettare che la violenza sia sinonimo di virilità e maschio splendore, mai!
So anche che questa scrittrice sa fare di meglio, o quantomeno, altre volte ha saputo incontrare decisamente di più i miei gusti e spero di non trovare sul mio cammino altri suoi libri così.
Noco

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