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CREDEVO che a sostenere l’ideologia genocidaria fossero soltanto la Françafrique, la diaspora Hutu in esilio, Steve Hege con i suoi amici dell’ONU, Kabila, la MONUSCO e i preti, ma a quando pare devo aggiungere la Stampa. Sì, la cara vecchia Stampa, il giornale che gran parte dei piemontesi considera la sua Bibbia, il giornale che qualche tempo fa ha offerto una piattaforma ai blogger per poi sfrattarli perché si sono permessi di fare ombra alle sue star. Per un mese fino al 3 maggio, il Word Press Freedom Day, la Stampa racconta la storia di un giornalista imprigionato, così è venuto il turno della rwandese Agnès U. Nkusi.
QUESTA TIZIA è stata condannata a 4 anni perché da buona nostalgica dell’ancien régime ha sostenuto la teoria del doppio genocidio così cara ai genocidari e ai loro amici: anche i Tutsi avrebbero massacrato milioni di Hutu. Qualcuno avrebbe dovuto farle notare che difendersi dai genocidari rifugiati in Congo (che non soltanto terrorizzano la regione del Kivu con stupri, stragi e saccheggi ma periodicamente cercano d’invadere il Rwanda) non è un genocidio ma legittima difesa. E qualcuno dovrebbe far notare alla Stampa che in Rwanda non ci sono Tutsi e Hutu ma soltanto Rwandesi con gli stessi diritti e gli stessi doveri. Per i razzisti dell’Hutu Power l’uguaglianza è un sopruso perché pensano che l’etnia maggioritaria debba comandare, ma non è una buona ragione perché la Stampa si allinei con l’ideologia razzista creata dal prete André Perraudin nel 1957 allo scopo di dividere il paese che per bocca del mwami (re) Mutara III aveva osato chiedere l’indipendenza e proclamare che non esistevano etnie ma soltanto Rwandesi. Ma guarda un po’, prima gli europei ti dividono, poi con la loro politica razzista provocano una serie di massacri culminata in un genocidio, poi cercano di sabotarti mentre cerchi faticosamente di ricostruire l’unità del paese e pretendono pure di farti la morale. Quando si dice prima il danno e poi le beffe.
LEGGETE L’ARTICOLO: il Rwanda sarebbe “dominato dai Tutsi” e la giornalista sarebbe in prigione per avere “criticato il governo”. Il tipico livore dei filo-genocidari nei confronti di un paese che era il più diviso dell’Africa e che a prezzo d’immensi sforzi in pochi anni ha compiuto il miracolo di diventare il più unito. A proposito di giornalisti imprigionati, credo che all’autore dell’articolo non farebbe male un soggiorno al fresco per riflettere bene sulle seguenti parole: il primo dovere di un giornalista è quello d’informarsi.
Dragor
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