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La stanchezza cronica non è causata da un virus

Da Milu
Uno studio del 2009 aveva creato grandi speranze per la terapia della sindrome da fatica cronica: un virus sarebbe stato il responsabile. E i virus si possono combattere. Ora invece su Science arriva la smentita, i risultati erano sbagliati. E infuria la polemica.
02 giugno 2011 di Valentina Arcovio

virus XMRV

virus XMRV
  • virus XMRV

    virus XMRV

    virus XMRV

Potrebbe non esserci nessun virus dietro la sindrome da fatica cronica, una patologia che crea stanchezza e spossatezza grave per periodi di tempo molto lunghi. Gli scienziati che nel 2009 hanno annunciato sulla prestigiosa rivista Science di aver scoperto un legame tra il retrovirus XMRV e i pazienti affetti da questa patologia potrebbero essersi sbagliati e non di poco. Il virus che Judy A. Mikovits del Whittemore Peterson Institute di Reno (Nevada) e i suoi colleghi hanno riferito di aver trovato in alcuni pazienti sarebbe solo frutto di una contaminazione avvenuta in laboratorio. Un brutto colpo questo sia per gli scienziati americani che hanno firmato la ricerca e sia alla reputazione della rivista Science che ha deciso di pubblicare questa settimana due studi e un editoriale per fare chiarezza sulla questione.
Quando due anni fa l’articolo firmato dagli scienziati del laboratorio di Reno ha riportato l’identificazione del virus XMRV, quale possibile responsabile di questa patologia, i pazienti hanno cominciato ad alimentare nuove speranze sull’eventualità di curarsi con terapie specifiche. Infatti, XMRV appartiene alla famiglia dei retrovirus, che comprende anche Hiv-1 e una vasta serie di virus in grado di causare alcuni tipi di tumori negli animali. La replicazione di tutti questi virus è inibita da alcuni dei farmaci che si usano di routine nella terapia dei pazienti con Aids. Alcuni medici, secondo quanto riporta il Wall Street Journal, hanno cominciato a prescrivere trattamenti antiretrovirali ai pazienti affetti dalla sindrome da fatica cronica. Non solo. Le autorità sanitarie americane hanno effettuato un notevole sforzo nel valutare se le forniture di sangue di tutto il paese fossero sicure o meno. Il timore era quello di aver infettato o di poter ancora infettare persone sane. Questo dubbio ha spinto anche le banche del sangue a non utilizzare le provette donate dai pazienti che hanno ricevuto questa diagnosi, così come aveva raccomandato un comitato consultivo della Food and Drug Administration (Fda).
In seguito, però alcuni studi, tra cui uno pubblicato sulla rivista Retrovirology, hanno iniziato a mettere in dubbio questo collegamento tra XMRV e la sindrome da fatica cronica. Nessuna ricerca che ha seguito quella del 2009 ha trovato traccia del virus nei pazienti, sia negli Stati Uniti che in Europa. Gli stessi redattori della rivista Science hanno cominciato ad avere qualche perplessità. Forse lo studio che loro avevano pubblicato solo qualche anno fa con tanto scalpore era soltanto una bufala.
In una lettera datata il 26 maggio a Mikovits e ai suoi coautori, l’editor in chief Bruce Alberts e l’executive editor Monica Bradford, hanno ammesso di avere qualche preoccupazione circa la validità dei risultati, scrivendo che nessun altro scienziato dopo di loro è riuscito fino ad oggi a replicare il risultato.
Alcuni studi hanno concluso che dietro la scoperta del collegamento tra XMRV e la sindrome ci possa esser stata una contaminazione. Così hanno chiesto agli scienziati del laboratorio di Reno di ritrattare volontariamente il paper. Mikovits però ha risposto che rimangiarsi tutto “ è prematuro”.
Nello studio del 2009 i ricercatori hanno riferito di aver trovato il retrovirus XMRV nella maggior parte dei 101 pazienti con fatica cronica. Gli autori hanno trovato il virus anche in quasi il 4 per cento dei 218 soggetti sani utilizzati come gruppo di controllo.
Ma ora Science ha deciso di prendere una posizione pubblicando questa settimana due nuovi studi che confutano il paper del 2009 e un editoriale per esprimere la profonda preoccupazione su quanto è accaduto.
Il primo studio firmato da Tobias Paprotka e colleghi del National Cancer Institute a Frederick, nel Maryland, sostiene la teoria della contaminazione. Secondo questi scienziati XMRV sarebbe risultato dalla ricombinazione di due virus della leucemia del topo in laboratorio durante il passaggio di un tumore alla prostata umano nei topi. I ricercatori hanno confrontato il dna del virus trovato nel topo e quello trovato nei pazienti e dai risultati delle analisi i due virus sono risultati identici. Per cui XMRV, secondo gli scienziati, è quasi sicuramente venuto fuori dalla stessa fonte. Questo dimostrebbe l’ipotesi di una contaminazione dei campioni umani.
Nell’ altro studio pubblicato da Science, coordinato da Konstance Knox del Wisconsin Viral Research Group, sono stati esaminati campioni di sangue di 61 pazienti con sindrome da stanchezza cronica che hanno la stessa provenienza di quelli utilizzati nello studio del 2009 incriminato, inclusi 43 che nella ricerca di Mikovits sono risultati positivi al virus XMRV. Eppure. dalle analisi di Knox non è risultato nulla. I test sensibili al materiale genetico virale, al virus infettivo e agli anticorpi specifici del virus hanno dato esito negativo anche con i campioni che nello studio originario sono risultati positivi.
L’ editoriale di accompagnamento riferisce che il National Institutes of Health sta ora sponsorizzando ulteriori studi sull’argomento. Notizia, questa, confermata da Mikovits che per il momento si è rifiutata di ritrattare il paper del 2009. Secondo la scienziata, è ancora troppo presto per conoscere il perché laboratori diversi hanno dato risultati contrari rispetto a quelli del suo studio. Il laboratorio del Reno è stato chiamato a partecipare a un importante studio proprio per chiarire la situazione.
http://daily.wired.it/news/scienza/2011/06/02/stanchezza-cronica-virus.html?page=1#content

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