ROSA LUXEMBURG E KARL LIEBKNECHT
Sono Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht. Entrambi sono contro la guerra, anche loro condividono il riscatto dei lavoratori e sognano un mondo senza discriminazione, senza violenza, un mondo dove politica sia partecipare tutti al mondo comune.
Si sentono vicini alla rivoluzione bolscevica. Forse pensano che Lenin sia un eroe da imitare, ma sono anche preoccupati, esitanti: la piega che sta prendendo la rivoluzione sembra loro che tradisca il sogno: socialismo o barbarie, dice Rosa.
Sogni. Sogni di fermare la guerra imperialista, di riportare tutti a casa, di arrestare lo sfruttamento e mobilitare gli operai facendoli partecipare insieme alle altre categorie sociali – studenti, borghesi, donne – ai “consigli”, le assemblee politiche paritarie senza rappresentanti né burocrati: il sogno di farla finita con ogni alienazione economica e politica attraverso consigli veramente democratici.
Bisogna essere chiari su questo punto, dice lei. E come tutti i rivoluzionari, che – dice Gramsci – sono romantici, i due giovani tedeschi si sono scelti un eroe, un eroe vero, e gli hanno intitolato il loro gruppo: un eroe simbolo della loro lotta, così come facevano quei sognatori dei romantici.
E’ Spartaco, lo schiavo ribelle che tenne in scacco le legioni romane e riuscì anche a batterle, una volta alle falde del Vesuvio. Certo morì orribilmente trucidato e seimila degli schiavi insorti con lui, furono impalati sulla via Appia tra Roma e Capua da quel sanguinario di Crasso.
Ma fu solo dopo aver osato contestare la più naturale ed indiscussa delle diseguaglianze antiche, la schiavitù.
Spartaco ha l’incredibile coraggio di raccogliere attorno alla sua nuovissima verità un esercito di diseredati, ridotti in disumane condizioni di vita e di dare loro speranza.
Per i due giovani comunisti tedeschi e per i loro compagni, Spartaco è la lotta titanica contro una potenza smisurata, ma soprattutto è il sogno di una libertà, quella degli schiavi, all’epoca impensabile, inaudita. Come è inaudito sognare una democrazia partecipativa, senza gerarchie.
“La Lega spartachista – diceva Rosa – non governerà mai, se non per la chiara, espressa volontà della grande maggioranza delle masse proletarie tedesche e con la loro adesione cosciente”.
E’ il 14 gennaio 1919, la sollevazione spartachista contro il governo di Berlino è appena cominciata. L’indomani i due amici verranno catturati, torturati e uccisi dalla Garde Kavallerie Schützen Division.
Esercito e corpi Franchi, su ordine del Cancelliere, il socialdemocratico Friedrich Ebert, daranno la caccia nelle settimane seguenti a centinaia di spartachisti.
La lega spartachista veniva sconfitta, travolta, oppure no? Oppure risorge nell’ingenua, disperata battaglia degli studenti della Rosa bianca contro Hitler?
E’ come un passaggio di testimone tra questi eroi sognatori. Ancora una scena: questa volta un processo. Il 22 febbraio 1943, Sophie Scholl («uno spirito forte, un cuore tenero», non certo un’intellettuale e teorica della politica come Rosa) e suo fratello Hans sono nell’aula dello Justizpalast di Monaco, dove si sta celebrando il loro processo.
Azione non violenta, in tutto sei opuscoli. Opuscoli distribuiti a pioggia per chiamare all’antimilitarismo la Germania del Sud. A diciassette chilometri da Monaco fumano le ciminiere di Dachau. Gli ultimi opuscoli contro Hitler.
Il sesto opuscolo, l’ultimo, è del 18 febbraio 1943. Sophie Scholl decide di salire in cima alle scale dell’atrio dell’università – le lezioni sono appena finite – e di lanciare da lì gli ultimi volantini sugli studenti di sotto.
Qualcuno li raccoglie e commenta, altri si allontanano preoccupati di poter essere coinvolti, un inserviente, membro del partito nazista, la vede e la riconosce.
Viene arrestata assieme al fratello ed interrogata dalla Gestapo. La polizia la tortura per quattro giorni, dal 18 al 21 febbraio. Lei continua ad assumersi la responsabilità degli scritti, sperando di salvare gli altri membri dell’associazione studentesca – la Rosa bianca, un nome ingenuo che rinvia a storie di cavalieri, di onore – invano, perché erano già stati individuati e arrestati.
Il 22 febbraio, nel corso di un dibattimento durato cinque ore, presso il Volksgerichtshof, un tribunale politico speciale presieduto da Roland Freisler, giurista del Reich, i due sono giudicati colpevoli e ghigliottinati lo stesso giorno.
Il Reich – nella persona del giurista cortigiano – aveva avuto giustamente paura di loro. Una verità diversa avrebbe potuto mettere in crisi «lo stile di vita del nazionalsocialista» e aprire la porta alla libertà.
(Tratto e riassunto da “Eroi della liberta” di Laura Bazzicalupo)
La storia del mondo sarebbe stata un’altra se un po’ di rispetto in più vi fosse stato per chi, come Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, predicava la fratellanza, la solidarietà e l’uguaglianza fra gli esseri umani basandosi sulle idee di Marx e di Engels.
Del comunismo si ricordano oggi solo le degenerazioni staliniste perché piace molto e fa comodo a chi parla di storia senza averla studiata, identificare il comunismo con il totalitarismo sovietico e perché assai scomodo sarebbe parlare dei comunisti che sono morti per un ideale di libertà.
Nati dall’odio verso questi uomini e queste donne e dalla paura delle loro idee, nazismo e fascismo in tutto hanno fallito, forse, tranne che nel tentativo di sporcarne la memoria. Il compito di chi in un’idea comunista ha creduto diversa da quella paranoica di Stalin e del gulag, è quello di restituire ai giovani di oggi il senso di quello che è stato ed è davvero il ruolo delle idee di Marx e di Rosa Luxemburg nella storia del nostro tempo.(Luigi Cancrini)