Nella puntata de La Storia siamo noi dal titolo Guerra, Bugie & TV di Amedeo Ricucci, in onda stasera alle 23.30 su Raidue, si parlerà di tutte le menzogne della televisione. Il reportage è stato anche proiettato ieri al Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia per la rassegna Manipolare, denunciare, disinformare. 3 verbi per il giornalismo, organizzata per le scuole dall’Associazione Ilaria Alpi.
La crisi libica si è imposta sullo scacchiere internazionale grazie anche ad una micidiale disinformazione, veicolata dai mass media. Non è la prima volta. Guerra e bugie vanno d’accordo sempre, soprattutto in televisione. E’ un matrimonio che è stato consumato da tempo e che non è mai andato in crisi, anzi si è arricchito di conflitto in conflitto. Con tecniche sempre più sofisticate, anche se con risultati altalenanti. Un’inchiesta de La Storia Siamo Noi rimette in discussione molte verità sulla guerra in Libia che sembravano acquisite con interviste a Fausto Biloslavo, Toni Capuozzo, Massimo Bordin, Antonio Polito e Cristiano Tinazzi.
Amedeo Ricucci ricostruisce notizia per notizia le bugie che, giorno dopo giorno, si sono inanellate sui media italiani e internazionali, a proposito del conflitto libico, col risultato di creare un clima di confusione dove non si sa più stabilire dove sia la verità e dove la propaganda. In diretta telefonica dalla Libia, il giornalista Cristiano Tinazzi chiarisce che mentre tutto il mondo credeva che il 28 marzo Sirte, la città di Gheddafi, fosse caduta nelle mani dei ribelli, in realtà a Sirte, dove Tinazzi si trovava quel giorno, non era accaduto nulla di tutto questo. Nè un bombardamento, nè uno sparo, come documentano le immagini in esclusiva girate dal giornalista del Messaggero. Ammette Tinazzi: “In questo conflitto ci sono state diverse manipolazioni dell’informazione, gravi anche a livello deontologico. Il giornalista onesto dovrebbe raccontare solo quello che vede. Tuttavia, facendo così, rischia di bucare la notizia che altri danno spesso anche in maniera fantasiosa. Però i loro articoli vanno in prima pagina, mentre chi fa il lavoro onestamente va a finire in secondo piano”. Concorda Fausto Biloslavo, inviato de “Il Giornale”, anch’egli in Libia: “Un’alimentazione a ciclo continuo di notizie ha creato una guerra della disinformazione e della propaganda. Va detto che la difficoltà è anche quella che di notizie dirette non ce ne sono”. Anche tra altri giornalisti italiani serpeggiano perplessità sul modo in cui è stata raccontata la guerra in Libia. Dice Toni Capuozzo, vicedirettore del TG5: “In guerra la prima vittima è la verità. Tutto si muove sulla base di notizie spesso gonfiate, manipolate, distorte, per legittimare le iniziative che vengono prese. Si è parlato in Libia di migliaia e migliaia di morti. Credo che nessuno avrà modo di verificare quanto questo sia vero”. Sostiene Massimo Bordin, ex direttore di Radio Radicale: “Il numero dei morti che è stato fatto all’inizio, probabilmente per giustificare l’intervento militare occidentale, è chiaramente sovrastimato”. Antonio Polito, editorialista del “Corriere della Sera”, sottolinea come il conflitto libico sia “confuso e contraddittorio”. Germano Dottori di Limes e docente di Studi Strategici, ammette: “Le dimensioni del fenomeno e il modo in cui è stato descritto questo conflitto civile sono state fortemente manipolate”. (fonte Ufficio Stampa Rai)