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La storia travagliata del Museo di Capodimonte

Creato il 13 marzo 2015 da Vesuviolive

La storia travagliata del Museo di Capodimonte

Continua il viaggio nella storia dei musei napoletani con il Museo Nazionale di Capodimonte che deve le sue origini all’amore che un sovrano borbonico provava per l’arte. Nacque infatti quando Carlo III, nel 1738, ebbe l’esigenza di dover collocare in un edificio il formidabile patrimonio artistico che la madre, Elisabetta Farnese, gli aveva lasciato in eredità. Il re di Napoli affidò la realizzazione della Reggia di Capodimonte, che custodiva il museo, a Giovanni Antonio Medrano. Fin da subito il palazzo ricoprì la duplice funzione di residenza di corte e sede museale. Nel 1756, infatti, furono aperte le prime sale che accoglievano la collezione Farnese. Numerosi furono gli studiosi e gli artisti che nel corso degli anni fecero visita agli oggetti rari e preziosi che contribuirono a rendere Napoli una tappa obbligata del Grand Tour d’Italie. Dallo storico Winckelmann al Marchese de Sade, dallo scultore Canova allo scrittore Goethe. Nel 1785 fu anche istituito un Regolamento del Museo che permise di disciplinare le ore di apertura dell’edificio, l’accesso dei copisti e degli stranieri e i compiti dei custodi.

La storia travagliata del Museo di Capodimonte

Gioacchino Murat

Con l’arrivo dei francesi a Napoli, nel 1799, la Reggia, assieme con le ricchezze del museo, fu devastata e saccheggiata. Inoltre durante il decennio francese, dal 1806 al 1815, il museo fu totalmente abbandonato e l’edificio diventò unicamente la residenza di Giuseppe Napoleone e poi di Gioacchino Murat. Parte delle opere della collezione artistica fu trasferita nel Palazzo degli Studi, l’attuale Museo Archeologico Nazionale. La funzione residenziale della Reggia fu confermata da Ferdinando di Borbone che, tornato dall’esilio nel 1815, intraprese nuovi lavori nel palazzo e nel parco. Con il ritorno dei Borbone l’arte occupò nuovamente un ruolo da protagonista e nel 1817 arrivò a palazzo la collezione del cardinale Borgia. Dopo la fine del Regno delle due Sicilie, il complesso fu affidato ad Annibale Sacco, nominato direttore della Real Casa, che fece effettuare altri trasferimenti: dal Palazzo Reale fu presa l’Armeria borbonica; dalla villa reale della Favorita a Resina fu prelevato un enorme pavimento marmoreo, ritrovato circa cento anni prima nel corso di uno scavo di una delle ville romani costruite sull’isola di Capri; furono trasportati anche gli arazzi tessuti nella Manifattura Reale borbonica. Il museo di Capodimonte tornò quindi a vivere, anche se non ufficialmente, opera dopo opera.

La storia travagliata del Museo di Capodimonte

“Danae” di Tiziano

Ma la stagione di Sacco si esaurì presto e dopo che il complesso ospitò Vittorio Emanuele III, l’edificio fu affidato, nei primi del Novecento, alla famiglia del duca d’Aosta, ramo cadetto di casa Savoia, che vi risiedette più o meno stabilmente. Nel 1920 il complesso passò dalla dotazione della Corona al demanio nazionale e durante la seconda guerra mondiale il patrimonio del museo fu portato nella badia di Cava dei Tirreni. L’incalzare degli eventi bellici costrinse poi, dopo qualche anno, a portare le opere presso l’abbazia di Montecassino, da dove alcuni dei più importanti capolavori furono trafugati dai tedeschi. Diverse tele, come la “Danae” di Tiziano, l’”Antea” di Parmigianino e la “Madonna del Velo” di Sebastiano del Piombo, furono recuperate, a fine guerra, in una cava di sale presso Salisburgo e restituite a Napoli solo nel 1947. È proprio negli anni del dopoguerra che lo storico d’arte Bruno Molajoli propose, sostenuto da illustri personalità della cultura italiana come Benedetto Croce, di rendere la sede di Capodimonte un polo museale

Finalmente nel 1950 si decise, con l’approvazione del Ministro della Pubblica Istruzione, di dare al palazzo la sola ed esclusiva funzione di Museo, attuando il progetto di Bruno Molajoli che prevedeva il ritorno delle collezioni d’arte medioevale e moderna dal Museo Nazionale.

Dal 1995 il complesso è stato riallestito sulla base delle differenti collezioni. Fra queste le più importanti sono: la Galleria Farnese, quella Napoletana e l’appartamento reale, di cui scriveremo nel prossimo articolo.

Fonti: Nicola Spinosa, Mariella Utili, “Museo di Capodimonte”, Touring Editore, Milano, 2004

Chiara De Capoa, Arte e Turismo, Hoepli, Milano, 2006

Dove: via Miano, 2
Quando: tutti i giorni dalle ore 8.30 alle 19.30
Per informazioni e prenotazioni: 0817499111/0817499151
Sito: www.polomusealenapoli.beniculturali.it


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