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La strategia del grillo

Da Gabriele Damiani
Da svariate settimane tra i sostenitori e simpatizzanti del compagno Gargamella una domanda sorge e risorge spontanea: perché grillo sparlante non ha fatto il governo con noi, perché ci ha costretti a replicare l’incestuosa alleanza con il noto femminista?La risposta è banale. Grillo sparlante, fatti due conti, ha preferito così.Non posso a questo punto sottrarmi all’obbligo, morale e logico, di chiarire il significato dell’inciso ‘‘fatti due conti’’, da me inserito senza alcun intento sibillino.I conti si fanno con i i numeri e i numeri usciti dalle urne dopo la tornata elettorale del 24 e 25 febbraio 2013 erano di due tipi: ovvi da un lato, sorprendenti dall’altro.La fazione guidata dal compagno Gargamella ha ottenuto il 29,54%, mentre quella capitanata dal noto femminista il 29,13%. Sostanzialmente, un pareggio, come era nelle attese. Alla camera, comunque, quell’unghia di consensi in più ha consentito al compagno Gargamella di papparsi il premio di maggioranza. Non così al senato, per effetto della diversa modalità di calcolo del premio. Non a caso il compagno Gargamella durante la campagna elettorale aveva programmato, al senato, di ricorrere alla stampella del neopartitucolo montiano. Sogno che è stato punito dagli elettori con una sonora pernacchia.Altri sono stati invece i risultati importanti. Primo, un quarto degli elettori ha disertato il voto. Secondo, i cri cri hanno registrato il 25,55% dei consensi, cifra da nessuno prevista.Per un paio di giorni, come si ricorderà, grillo sparlante rimase abbottonatissimo, ritirandosi a confabulare in separata sede con il suo guru telematico. Riemerse dai segreti colloqui avendo in testa una precisa strategia operativa, quella del ‘‘tutto o niente’’. Tradotto in soldoni: non appoggeremo un governo diretto dal compagno Gargamella.Molti, e tra questi tanti cri cri, si aspettavano il contrario. Con ogni probabilità, se grillo sparlante avesse raccolto una messe meno imponente di voti, avrebbe accontentato il Gargamella, per la semplice ragione che gli sarebbe convenuto. Ma con un bottino pari al 25,55% allearsi con un mezzo perdente significava sputare in faccia alla fortuna. Meglio attendere con un po’ di pazienza il sicuro aumento dei disoccupati, inevitabile grazie alle politiche economiche procicliche imposteci da Frau Merkel, e sbaragliare al prossimo giro i concorrenti. In politica, come nello sport, partecipare è facoltativo. Obbligatorio è vincere.La strategia del ‘‘tutto o niente’’ ha un precedente storico di grande rilievo. In Germania, alle elezioni del luglio 1932, Adolf Hitler conquistò, con 230 seggi, la maggioranza relativa al Reichstag. Il cancelliere Franz von Papen gli offrì la carica di vice-cancelliere, nonché alcuni ministeri per i suoi tirapiedi. Il caporale austriaco rispose di no, pretendendo per sé la poltrona più ambita. A novembre si tornò di nuovo al voto e stavolta i nazisti persero 34 seggi, pur rimanendo il primo partito. Von Papen rinnovò al caporale il suo invito, ricevendo un altro no, benché tra i nazisti non mancasse chi avrebbe invece preferito acconsentire, in base al noto principio etico secondo il quale è meglio qualche poltrona che nessuna poltrona.Von Papen si dimise e il presidente von Hindeburg nominò al suo posto Kurt von Schleicher che, per ottenere l’incarico, non se ne era certo stato con le mani in mano. Ma a Franz von Papen l’aver perso la poltrona rodeva non poco. Il 4 gennaio del 1933 s’incontrò con Hitler, proponendo di formare un governo composto da nazisti e conservatori. Il caporale non si dichiarò contrario, purché cancelliere del nuovo governo fosse lui. Il 18 gennaio ci fu tra i due un nuovo incontro, neanche questo però terminò con un accordo, dato che ambivano entrambi alla poltrona più prestigiosa. Il 22 gennaio si videro ancora e Von Papen, stavolta, si dichiarò disposto ad accettare per sé la carica di vice-cancelliere, lasciando al caporale austriaco la guida del futuro governo. Il 30 gennaio, come si sa, il caporale giurò da cancelliere davanti al presidente Paul von Hindenburg.Che la strategia del ‘‘tutto o niente’’ possa oggigiorno risultare fruttuosa anche per i cri cri appare un’ipotesi tutt’altro che bislacca. L’unica condizione che dovrà verificarsi affinché ciò avvenga consiste nell’aggravarsi della crisi economica. In tal caso l’attuale governo formato da cani e gatti pagherà, in termini elettorali, lo scotto per non aver saputo invertire il ciclo economico e grillo sparlante innalzerà così il vessillo della vittoria. Se c’è riuscito a suo tempo un caporale, perché ora non dovrebbe riuscirci pure lui?

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