Magazine Opinioni
Ricordate Scanzano Jonico il paese lucano che nel 2003 si ribellò contro il progetto di realizzare nel proprio territorio una discarica nucleare e che attraverso quella rivolta ottenne la marcia indietro del Governo? Ricordate la rivolta di Terzigno nel'autunno del 2010 contro l'apertura di una seconda discarica in prossimità del paese? Avete mai sentito parlare delle malattie e delle morti (per tumore, per leucemia, per patologie polmonari) conseguenti alla vicinanza di una discarica, di inceneritori, di impianti industriali ed elettromagnetici inquinanti? Solo per citarne alcuni l'ILVA di Taranto, la centrale a carbone di Civitavecchia, radio Vaticana a Cesano? Devono rassegnarsi coloro che abitano in prossimità di quei siti? E voi cosa fareste se dove abitate venisse decisa la realizzazione di impianti ed opere come queste? Accettereste serenamente e passivamente la distruzione della vostra vita, che sia messa a repentaglio la vostra salute e quella dei vostri cari, che sia deprezzato il valore della vostra abitazione, che si determini il fallimento dell'attività economica – ad esempio nel turismo, nell'agricoltura, nella ristorazione – per la quale lavorate come imprenditore o dipendente? Oppure fareste qualunque cosa – lecita o 'illecita' (perché qualunque cosa che rappresenti un efficace metodo di protesta, blocchi stradali o resistenza passiva, è illecita) - per difendere la vostra vita? Quante rivolte e quante resistenze di questo tipo, forse le uniche che riescono a coinvolgere trasversalmente la maggioranza dei cittadini, abbiamo visto in questi anni? Anche se credo fermamente nel metodo della non violenza io non mi contento della lettura e dell'interpretazione che di queste lotte fanno politici screditati e i media megafoni dei loro padroni cointeressati nelle opere contestate.
La localizzazione di una discarica, di un inceneritore, di un impianto inquinante, la realizzazione di opere devastanti sono la condanna a morte di intere comunità, la distruzione della loro possibilità e speranza di vita e dell'economia del territorio che abitano: non è l'interpretazione banale del NIMBY – lo so che è necessario, si faccia ma non nel mio cortile – che l'informazione e la politica compiacente e complice vogliono accreditare. Si dovrebbe invece dire che ci sono cose (impianti inquinanti e pericolosi, centrali nucleari, discariche, inceneritori, grandi opere distruttive dell'ambiente) che non vanno fatte da nessuna parte perché sono contro l'esistenza degli esseri umani.
E i politici, gli amministratori, gli scienziati, i tecnici hanno il dovere di trovare soluzioni alternative e di mettere in pratica quelle che già esistono. La democrazia non è la dittatura della maggioranza, non è la possibilità di alcuni di decidere, realizzando il proprio vantaggio ed il proprio profitto, a danno di altri. Democrazia è perseguire il bene comune, è rispettare il diritto di tutti alla salute, al lavoro, alla salvaguarda dell'ambiente in cui si vive. Democrazia è, per chi è chiamato a ruoli di Governo, prendere decisioni con raziocinio, razionalità, con onesta e correttezza, consultando ed ascoltando chi è destinatario dei propri atti. La democrazia non si realizza solo nel momento del voto, non attribuisce a chi vince le elezioni il potere assoluto sui cittadini ma richiede giorno per giorno di dare conto ai cittadini delle proprie azioni. C'è chi può negare la follia di un'opera dal costo esorbitante di miliardi di euro, inutile per il volume dei traffici che si prevede possa servire, devastante per la vita di una comunità, criminale per le conseguenze sulla salute degli abitanti della valle che deriveranno dalla liberazione di polveri di amianto e di sostanze radioattive nello scavo del tunnel ferroviario? Perché il Governo non ha risposto in modo esauriente alle obiezioni di carattere scientifico ed economico che 360 docenti ed esperti hanno posto alla realizzazione dell'opera? O dobbiamo fidarci della parola di Passera, Bersani, Fassino, Cota, Chiamparino, Cicchitto e degli altri membri della solita compagnia di giro? Delle miracolose stime sull'incremento del PIL e dell'occupazione che deriverebbero dall'opera, che in ogni caso non compenserebbero i danni alla valle e ai suoi abitanti, a cui vogliono far credere? In un Paese dove si fanno i sondaggi persino sul colore delle mutande si è provato a chiedere a tutti i cittadini italiani cosa pensano della TAV in Val di Susa dopo averne chiarito correttamente i vantaggi e le implicazioni negative (in primis il costo a carico dell'erario pubblico)? Coloro che trepidano per i 'ribelli' del Kosovo, della Libia, della Siria e che ritengono giusto accorrere in loro aiuto non riconoscono ai No Tav il diritto di resistere alla militarizzazione della Val di Susa? Oppure accordano loro solo la possibilità di proporre qualche petizione pubblica su internet? Quali loschi interessi, quali patti e compromessi già definiti, impedisce a costoro di riconoscere una grande questione politica nazionale – sulla democrazia, sull'ambiente, sul modello di società e di economia da costruire e ricostruire, sull'utilizzo del pubblico denaro – e di volerla trasformare a tutti i costi in una questione di ordine pubblico e peggio ancora di terrorismo eversivo? In altri casi e ocassioni, di fronte ad indagini ed arresti, ci si sarebbe affidati con serenità al lavoro della magistratura ma chi può ancora avere fiducia in un sistema normativo e processuale che punisce molto più duramente chi rompe una vetrina di chi causa la morte di una persona?
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