La “Coupe de tète” è giunta in Qatar
(Foto tratta da Doha News)
ARTE E CALCIO (Doha). Aveva fatto il suo esordio nientemeno che al Pompidou di Parigi ma ben presto la “Coupe de tète” ha preso altre strade, giungendo sino a Doha, in Qatar, dove l’apprezzamento è probabilmente lo stesso – ossia nullo – ma quantomeno le critiche suscitate dal soggetto raffigurato e dal suo nuovo posizionamento sono frequenti e piccate.
Stiamo parlando della statua raffigurante la famosa “testata” di Zinedine Zidane al petto di Marco Materazzi, icona di una finale, quella del Mondiale 2006 vinto dagli Azzurri, che si ricorda oramai più per quell’episodio che per i calci di rigore decisi da Fabio Grosso, guardacaso finito nell’anonimato (per la croncaca, è vice-allenatore della primavera della Juventus).
Il “capolavoro” artistico è sbarcato pochi giorni fa in quel di Doha, più precisamente sulla nota baia denominata “Corniche”, nel paese che ospiterà i Campionati del Mondo del 2022. A spiegare la scelta di installare proprio qui la tanto bistrattata statua è stato il direttore delle Arti Pubbliche, Jean Paul Engelen: “È una scultura gigante ed è realizzata nello stesso stile delle statue mitologiche greche, ma questa statua glorifica i difetti umani. Mostra che nonostante spesso i calciatori vengano trattati come divinità, in realtà non lo sono, sono solo esseri umani”.
Nonostante il coraggioso tentativo di rendere più credibile una motivazione che per i più regge poco, sono appunto arrivate a cascata le critiche da parte di sportivi e appassionati qatarioti che si sono svegliati con la statua posta sull’amata baia, i quali vedono nella performance artistica dello scultore algerino Adel Abdessemed semplicemente un oggetto di dubbio gusto.
In realtà, da quanto si apprende dai ben informati, la decisione del Qatar di acquistare la ”Coupe de tète” è da rintracciare nella necessità del governo di instaurare una cultura sportiva in un paese che cultura sportiva mai ne ha avuta: basti pensare che l’emirato arabo non ha inviato atlete donne alle varie competizioni internazionali fino allo scorso anno, non ha mai partecipato a una manifestazione calcistica iridata ed è sotto l’occhio del ciclone per l’organizzazione di quella del 2022, sotto inchiesta per l’accusa di schiavitù degli operai immigrati nepalesi.
L’installazione della statua a Doha punta quindi a indurre la popolazione qatariota a ripercorrere con la memoria il recente passato calcistico, auspicando che i cittadini dell’emirato possano maturare una passione sportiva che molto servirà nell’accoglienza di atleti e turisti fra circa nove anni (ancora non è dato sapere se il Mondiale verrà disputato in inverno o in estate). Certo è che il soggetto lascia ampie perplessità: un bel gesto tecnico sarebbe stato forse più consono all’intento dei governatori del Qatar, piuttosto che la rappresentazione di un episodio di violenza che pone peraltro un velo eccessivamente spesso su un giocatore che del calcio è stato grandissimo protagonista in positivo. Fino a quella sera, che in tanti si affannano a ricordare.