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La testata La Provincia e il suo muro: il Pd “deve” essere spaccato, per forza

Creato il 15 giugno 2012 da Cremonademocratica @paolozignani

Da qualche parte ci deve essere. Forse nell’ufficio del direttore Zanolli, accanto al monumento della Pietà Zanollina, dono di un maledetto artista del Pd, che raffigura Zanolli nell’atto di sostenere il povero Perri in fin di vita. Forse sarà nascosto a Cremonafiere, o alla Libera, dove andrà a rintanarsi co’ suoi il presidente Antonio Piva, ma un pezzo di muro di Berlino da qualche parte ce l’hanno. Forse nascosto, camuffato, ma c’è c’è, forgiato dall’acciaieria Arvedi, è chiaro. Un bel murazzo come parafulmine anticomunista e la vecchia Cremona di Farinacci nell’animo più profondo e ombroso.

Ma sì, il giornale La Provincia è ridotto così: una verità, un potere, una sola politica, una voce, una canoa e un’acciaieria. Ma tante tasse, sempre più tasse e tutte per niente, e sempre meno terreno agricolo. Se lo sono divorato per fare una galassia di biogas, che orrore.

Sia di qua che di là dal muro di Berlino ci si attribuiva l’esclusiva della democrazia: gli uni perché tenevano lontano, con un grosso muro, l’imperialismo liberista, e gli altri perché tenevano lontano, con lo stesso bel muro spesso, la dittatura sovietica. Si viveva in una democrazia senza mondo, limitata a mezzo pianeta e piena di incubi, come l’altra metà di pianeta. Condizione agra eppure migliore di questo imperialismo antidemocratico, antipopolare, di questa forma di democrazia autoritaria piena di violenza e di politiche malvage con i ceti più fragili e povera di senno.

Da anni il giornale La Provincia si è talmente intrecciato con le istituzioni locali che si è dimenticato dell’eterogeneità del popolo che legge. Cerca non solo di rappresentare una classe dirigente che sta discretamente deludendo, ma anche, da anni, di farsi compartecipe della medesima.

Così non si può tollerare che esista un partito che si riunisce, anche spesso, discute e decide, dunque funziona, anche se molti non lo voteranno certamente mai (il Pd). Però questo partito, in parte giovane in parte carico di storia, si comporta come un partito dovrebbe fare. Si riunisce, mette ai voti le idee diverse, emette un documento che esprime la presa di posizione di quel partito su un determinato caso (la Tamoil). Vietato, perché occorre un centrodestra forte e poco democratico per rassicurare i soliti poteri. Un saldo potere conservatore che lascia tutto come prima, possibilmente assorbendo anche i grillini.

Tutto questo è inaccettabile per il giornale La Provincia e i suoi potentissimi proprietari. Non ci può essere un centro di pensiero alternativo all’orbita del giornale.

Chiarito che dev’essere il Comune, non il Pd, a decidere se costituirsi parte civile contro la Tamoil in un processo penale (e non lo farà), ribadito che il Pd non voterà mai per Perri, neanche in un’ipotetica lista civica, il giornale non riesce forse a dir la semplice verità perché ha paura di perdere l’egemonia.

Così il Pd deve per forza essere spaccato anche se non lo è e non ha alcun interesse a spaccarsi. Non ci può essere pluralismo, libera discussione. La verità dev’essere una. Che un partito rifletta su due metodi di condotta sul caso Tamoil, entrambi rivolti allo stesso obiettivo, non è ammissibile. Che importa se arrivano reazioni del tipo: “Ma che scontro! Non sono pizzettiano, sono nel Pd, sono con Pizzetti e con Magnoli, questa è normale vita politica, se si parla di scontro esagerando i toni è perché siamo vivi”.

E allora scatta l’assalto, coi titoli sulla “notte dello scontro”, coi nuovi particolari che di giorno in giorno emergono sulla “spaccatura”.

Ma a forza di nuove testate cadrà ‘sto muro?

p.z.

 

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