[Editoriale del numero 2/3, vol. II]
La transizione uni-multipolare costituisce il carattere significativo dell’attuale dinamica geopolitica mondiale. Nell’ambito di tale movimentato contesto, l’analisi geopolitica, pur adottando nuovi modelli di indagine, appropriati alle esigenze del divenire degli scenari internazionali, riscopre, valorizzandoli, i criteri classici della geopolitica quale scienza multidisciplinare. La tradizionale dicotomia terra-mare, che ha visto nel corso del secolo passato, quali oppositori emblematici, le superpotenze statunitense e sovietica, si rivela nuovamente uno schema utile alla comprensione dei rapporti altalenanti tra Pechino e Washington, con particolare attenzione alla questione del controllo del Pacifico.
Il sistema geopolitico della seconda metà del XX secolo era sostanzialmente caratterizzato dal rapporto che intercorreva tra gli USA e l’URSS, potenze vincitrici, insieme a Gran Bretagna e Francia, del secondo conflitto mondiale. L’equilibrio instabile, instauratosi tra le sfere di influenza esercitate, su scala mondiale, da queste due entità geopolitiche a valenza continentale, ha definito, di volta in volta, dal 1945 al 1989, anno del crollo del muro di Berlino, i perni sui quali si articolavano gli scenari internazionali.
Il collasso sovietico ha permesso, come noto, l’avanzamento politico, economico, finanziario e geostrategico della cosiddetta “Nazione indispensabile”, come, anni fa, ebbe a definire gli USA l’allora Segretario di Stato Madeleine K. Albright. Con la dissoluzione del blocco sovietico venne pertanto inaugurato l’unipolarismo quale nuovo ordinamento geopolitico dominante e quale criterio descrittivo dei complessi processi di politica internazionale.
L’area pivot per eccellenza della fase compiutamente unipolare, che possiamo datare dal 1991 al 2000, fu definita da quella larga fascia che dal Marocco, passando per il Mediterraneo, arriva fino all’Asia Centrale. Il controllo della cerniera mediterraneo-centroasiatica e la sua utilizzazione ai fini dell’egemonia mondiale, costituì, infatti, il principale interesse strategico di Washington. I Paesi maggiormente coinvolti nella penetrazione statunitense nella massa eurasiatica sono stati, come noto l’Iraq, l’Afghanistan, l’Iran e la Siria.
Durante il decennio dell’unipolarismo compiuto, tuttavia, nuovi centri di aggregazione geoeconomica e geopolitica sono andati man mano formandosi e, in breve tempo, consolidandosi. Tali nuovi poli hanno interessato, ed ancora interessano, l’America Latina e i principali Paesi della massa eurasiatica, Cina ed India.
Il consolidamento di tali aggregati, realizzatosi attraverso la concretizzazione di forum informali (tra cui IBSA, BRICS)1, la costituzione di organismi di cooperazione e sicurezza (tra cui OCS, OTSC, Unione doganale eurasiatica, UNASUR)2, la definizione di intese ed alleanze strategiche in materia energetica e di sicurezza, ha posto, nel decennio successivo (2000-2010), le condizioni minime e sufficienti per l’articolazione di un nuovo ordine mondiale, da realizzarsi su base multipolare.
Il processo tendente al nuovo ordine multipolare ha subito negli ultimi anni una accelerazione che è stata determinata dalla rinascita della Russia, quale nuovo soggetto globale, dopo la “notte elc’ninana”. La Russia di Putin, infatti, nell’arco di pochi anni si è imposta quale elemento indispensabile della dinamica geopolitica in atto, assumendo un peso internazionale crescente che si è riverberato, corroborandole, nelle nuove aggregazioni geoeconomiche e geopolitiche sopra menzionate.
L’emersione dei nuovi poli di aggregazione internazionale, appartenenti sostanzialmente o al cosiddetto “terzo mondo” di un tempo o alla periferia delle vecchie Superpotenze ha, ovviamente, incrinato il sistema unipolare a guida statunitense e messo in discussione le organizzazioni mondiali e le alleanze egemoniche nate a partire dal secondo conflitto mondiale, quali ad esempio l’ONU, il Fondo Monetario Internazionale, la Banca mondiale, la NATO.
Il rapporto che si instaura tra il vecchio sistema unipolare e i nuovi centri di aggregazione stabilisce nuovi equilibri, determina le aree di crisi e delinea i nuovi pivot sui quali sarà imperniata, verosimilmente, la futura struttura multipolare.
Il pivot geopolitico che il presente volume prende in considerazione è quello definito dall’area Asia-Pacifico. Questa area ha assunto un ruolo importante non solo nell’ambito della competizione tra gli attori regionali, principalmente Cina e Giappone, ma soprattutto in quello globale. Infatti, l’egemonia che la Cina e gli USA si contendono riguardo al Pacifico settentrionale determinerà la configurazione del nuovo sistema multipolare.