La Turchia al referendum.

Nei pochi giorni di vacanza trascorsi ad Istanbul, mi sono trovato nella fase ormai conclusiva della campagna per il referendum che si svolge nella giornata che si svolgerà oggi.  Anche semplicemente passeggiando per le strade della città, ciò che maggiormente si percepiva, perlomeno nella spinta propagandistica, un invito a votare "Evet", che vuol dire sì, in turco.
Approdando, al sito di Roberto Spagnoli, giornalista di Radio Radicale, che si occupa in particolare dell'Europa del sud est, ci si rende conto della complessità di questo referendum che emenderebbe oltre 20 articoli che riguardano varie materie, andando però in particolar modo a modificare il potere giudiziario e limitare quello dei militari (e tuttavia, senza modificare l'art.35 che permette l'intervento delle forze armate - come nel colpo di stato del 1980 da cui nacque l'attuale Costituzione - a difesa dello stato laico).
La sensazione degli analisti è che il sì sia in leggero vantaggio, ma che un grosso ruolo lo giocheranno gli indecisi: oltre alla complessità delle materie, infatti, altri motivi rendono il voto complesso: se da una parte il fronte del sì è appoggiato dall'Unione Europea, quello del no segnala come le modifiche potrebbero aprire la via a leggi influenzate dall'islam, che potrebbero inficiare  la tradizione laica voluta dal padre della patria, Ataturk. Il fronte del no, inoltre, pur anche quando non fosse nazionalista o pro militari, si comprende anche di tutte quelle persone che non vogliono sostenere il governo Erdogan, principale sponsor del referendum e che dalle urne si gioca tutto, compreso il voto anticipato.
Vedremo dunque i risultati tra stasera e domani. E nel tempo, gli effetti.
Non posso certo dire di essermi fatto un'opinione su questo referendum. E sarebbe abbastanza azzardato, vista l'indecisione che campeggia tra gli stessi turchi. Tuttavia, l'unica cosa che spero, indipendentemente da questo voto, è che la Turchia guardi sempre più verso l'Europa e meno ai paesi islamici.
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