Le intese trilaterali, più o meno istituzionalizzate, sono uno degli strumenti privilegiati della diplomazia recente di Ankara. Le propone costantemente ai suoi interlocutori il ministro degli esteri Ahmet Davutoğlu: per iniziative di mediazione e confidence-building, come nel caso di quella duplice tra Turchia-Bosnia-Croazia e Turchia-Bosnia-Serbia; per consultazioni periodiche su temi di comune interesse, ad esempio la trilaterale Turchia-Azerbaigian-Iran; per progetti ambiziosi di cooperazione economica e politica su base regionale, come quella tra Turchia, ancora Azerbaigian e Georgia.
Il primo incontro di questo nuovo gruppo si è tenuto lo scorso anno a Trabzon; il secondo, in ritardo di un semestre rispetto a quanto preventivato, il 28 marzo a Batumi sul mar Nero: con la partecipazione di Davutoğlu, della padrona di casa Maia Panjikidze, del loro omologo azerbaigiano Elmar Mammadyarov. Già nella dichiarazione di Trabzon dell’8 giugno 2012 – il documento fondativo della trilaterale – le parti hanno fatto esplicita la loro volontà di trasformare il Caucaso meridionale in un’area di “stabilità e prosperità”: ancorata ai meccanismi di sicurezza e cooperazione atlantici ed europei, solcata dai corridoi multi-dimensionali e trans-europei – energia, trasporti, comunicazioni – lungo gli assi Est-Ovest e Nord-Sud.
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