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Gerhard Mumelter
Sono bastati pochi fatti drammatici in Libia per far balenare in Italia addirittura i lampi di un possibile intervento militare nel paese nordafricano. Le immagini dell’evacuazione degli italiani rievocano quelle di 45 anni fa, quando furono cacciati da Muammar Gheddafi. Quelle atroci della barbara uccisione di 21 poveri operai copti ricorda che il pericolo jihadista è arrivato sulle coste del Mediterraneo, a un’ora di volo dall’Italia: “Siamo a sud di Roma”.
Le incaute dichiarazioni dei ministri Paolo Gentiloni e Roberta Pinotti sull’Italia “pronta a intervenire” e sul “possibile invio di cinquemila uomini” hanno alzato ulteriormente il livello di allarme. Infine, l’inconsueta ondata di migranti in pieno inverno e la tragedia che ha provocato più di trecento vittime hanno riproposto la necessità di un intervento dell’Europa, che guarda al conflitto in Ucraina trascurando per l’ennesima volta le coste del Mediterraneo. Da mesi l’Italia cerca di convincere la comunità internazionale dell’urgenza di un intervento in Libia, paese lacerato con due parlamenti e due governi e in mano a milizie in guerra tra loro.
È la pesante eredità della guerra aerea del 2011 per rovesciare Gheddafi, servita innanzitutto al presidente francese di allora, Nicolas Sarkozy, per motivi elettorali. Eliminato il dittatore, l’alleanza si è scordata il compito più difficile: quello di sostenere il difficile passaggio alla democrazia, di creare un esercito regolare e un corpo di polizia, di disarmare le milizie e di mediare fra le tribù divise da antichi rancori etnici.
Ora la Libia è in preda al caos e serve un intervento urgente. Ma di che tipo? Renzi ha chiarito che non può essere militare. Si tratta di dare piú vigore alla mediazione dell’inviato dell’Onu Bernardino Leon, diplomatico spagnolo nominato per aggirare le rivalità tra Italia e Francia. Roma non ha mai nascosto che in quel posto avrebbe preferito Romano Prodi, chiesto come mediatore anche da parecchi politici libici.
Finora i negoziati tra le parti a Ginevra hanno avuto scarsi effetti, anche per l’assenza di alcuni interlocutori. Con la conquista di Sirte da parte dei jihadisti, le minacce all’Italia, la presenza di circa duecentomila migranti sulla costa libica e il pericolo di attentati contro i giacimenti di gas e petrolio, in Libia potrebbe crearsi in breve tempo una situazione altamente esplosiva.
Per molti europei il paese nordafricano è lontano come la Siria. Ma potrebbero ben presto accorgersi del contrario. In fondo gli avvenimenti in Libia non sono altro che la conseguenza delle inutili e costosissime guerre combattute dall’occidente in Iraq e in Afghanistan, la cui lunga ombra torna a stendersi minacciosa sull’Europa.
Fonte: Internazionale
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