Oscar Giannino legge Il Fatto, ringrazia e cancella la candidatura imbarazzante di Giosafat Di Trapani in Sicilia, al terzo posto nel listino per la Camera. L’imprenditore Di Trapani venne inquisito da Giovanni Falcone e condannato a un anno e otto mesi, nel ‘92, per favoreggiamento di Don Vito Ciancimino. Oggi l’imprenditore è uno dei dirigenti di Confindustria Sicilia, presidente del settore piccola Industria. Oltre vent’anni fa era amico di Massimo Ciancimino, figlio di Vito, e fece da prestanome intestandosi alcuni libretti di risparmio con poche decine di milioni di vecchie lire. Soldi che l’ex sindaco mafioso di Palermo voleva mettere al riparo da indagini e sequestri. La Procura chiese una condanna per intermediazione ricettatoria (l’allora riciclaggio), ma i giudici decisero per il favoreggiamento.Che bello se il gesto dell'ex giornalista venisse seguito dal PD. Che non rischia di perdere voti (e di non vincere in alcune regioni del sud) per colpa di Travaglio, Ingroia e Santoro. Perderà, o vincerà male, per l'assenza di una discontinuità col passato, per aver preferito candidare persone che portavano preferenze (e conflitti di interesse e cattive amicizie).
Ora il Pd chiede desistenza ad Ingroia per non far vincere B.: "Il Pd non chiede desistenze, ma riflessioni di responsabilità: Ingroia e Di Pietro rischiano di imitare Santoro e di fare un regalo alla destra".
Ma se poi, votando Bersani, si arriva ad una alleanza con Monti, per una politica in continuità con quella della passata legislatura, cui prodest?
Infine, Mario Monti, che ora deve rifarsi la faccia per non passare per "quello delle tasse": Marchionne gli ha voltato la faccia. Dopo l'endorsement, sentiti i sondaggi, ieri l'AD (dopo la notizia della cassa integrazione a Melfi, dove era stato presentato un piano per cuori forti) ha sostenuto "Nei mesi scorsi ho difeso e sostenuto il suo governo, ora però si è aperta una fase diversa, e la parola tocca agli elettori. Non vi dico per chi voto. Del resto, la Fiat è filogovernativa per definizione".
La lettera di Oscar Giannino:
Desidero ringraziarvi per l'articolo scritto da Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizzo, in materia di candidature siciliane. Ieri mi avete fatto passare una brutta mattinata, perché in materia di legalità e lotta alla mafia la vigilanza da esercitare verso politica, imprese e pubblica amministrazione non è mai abbastanza. A questo serve la stampa libera, oltre che la magistratura, e ve ne sono grato.
I FATTI. In Sicilia come altrove ma più che altrove, i coordinatori di Fare per fermare il declino hanno seguito criteri energici per sottoporre le candidature a un vaglio preciso, sia contro i trascorsi politici sia soprattutto verso eventuali precedenti penali. A Palermo, avevamo candidato numero tre alla Camera Giosafat Di Trapani, presidente della piccola impresa di Confindustria. Nel vaglio della sua candidatura, ci eravamo imbattuti in numerosi precedenti penali ascritti però a un suo quasi omonimo, Josafat e non Giosafat, e avevamo chiarito l'equivoco accettando volentieri di candidarlo. Perché Giosafat è da anni impegnato in prima fila nella battaglia contro la mafia, all'interno e in collaborazione di associazioni come Libero Futuro e Addio Pizzo, che sono pronte a testimoniarlo. I nostri coordinatori hanno raccolto evidenza inoppugnabile delle tante iniziative antimafia di Giosafat, delle sue costituzioni come parte civile in procedimenti contro l'estorsione mafiosa, e contro le infiltrazioni nei cantieri a Carini e Brancaccio. Per noi era una bandiera, perché sono e siamo convinti sostenitori della svolta antimafia intrapresa dagli imprenditori siciliani con Ivan Lo Bello e Antonello Montante.
Ma ieri abbiamo appreso dalle vostre colonne ciò che nel suo casellario giudiziario non risultava. Cioè la condanna in primo grado per favoreggiamento semplice verso Cianci-mino, nel 1992. Condanna poi esitata, nel 1994 in Appello, in proscioglimento per prescrizione. I fatti risalgono al 1984, Giosafat aveva vent'anni, usò due libretti al portatore per 25 milioni di di lire per sostenere l'azienda di suo padre, allorché Banca di Roma aveva chiesto il rientro dei fidi. Da allora, e son passati trent'anni, Giosafat nella sua vita di imprenditore è andato per la via dritta dell'impegno antimafia. Ma c'è un ma. Noi di quella condanna poi prescritta lo abbiamo appreso da voi, non da lui. E questo non può andarci bene. Perciò vi ringrazio di quanto avete scritto. Ho comunicato a Giosafat che per me l'impegno nella battaglia antimafia e antipizzo passa per una piena trasparenza della politica. Continueremo a combatterla anche con la sua compartecipazione, con il pieno coinvolgimento degli imprenditori sani. Ma Giosafat ora non può più essere nostro candidato, e non lo sarà.