E fu così che inizió a praticare un arte marziale…
Questo, indipendentemente dalla strada o dalla persona, é l’incipit di ogni storia legata al budo, sia essa destinata alla grandezza o alla mediocrità, al successo o al fallimento. Ciò che accompagna il praticante fin dai primi passi , in un’arte del budo, é la consapevolezza che c’è dell’altro oltre a quegli esercizi, dolci o duri, leggeri o faticosi che siano, tutti “sappiamo” che sono solo una parte, una delle due parti della via, se la via vogliamo percorrere. Ma allora se é vero che di tanto in tanto possono mancare elementi didattici o metodi per l’apprendimento delle forme esteriori, cosa si può dire allora di quel lungo, affascinante viaggio, così pieno di insidie e ostacoli qual’é il percorso spirituale?
E’ un viaggio a nuoto in mare aperto? É un salto a ostacoli lineare? É un’esplorazione al buio di una terra mai battuta? La mia opinione é che la via sia uno sguardo, lento attento e sempre più profondo e definito, oltre lo specchio, aldilà delle paure che solo lo specchio é realmente capace di evocare. Mentre scrivo sono seduto sull’aereo e vedo le nuvole fuori dal finestrino, sotto di me e penso che un tempo é nato il detto “avere la testa tra le nuvole” attribuito a chi si ferma spesso in uno stato di contemplazione interiore e che risulta distratto dall’importanza dei fatti concreti della vita reale, cioè quella materiale!
Se la parte più alta di noi , il nostro sè superiore, il nostro daimon, alberga nel morbido mare delle nuvole, cosa ci accade oggi che con un banale volo low cost lo guardiamo dall’alto? Cosa accade alla nostra immaginazione, alla nostra capacitá di stupirci se pensiamo che l’energia interna, il ki vitale, siano aria fritta mentre digitiamo parole su uno schermo retro illuminato sul quale spostiamo “oggetti” come solo i maghi che popolavano la nostra fantasia da piccoli erano in grado di fare? Significa forse che il nostro percorso interiore sarà possibile solo con un nuovo device che Steve jobs ha progettato prima di morire? Avremo bisogno di un I-Evolve per scoprire le meraviglie della nostra natura?
Negli yoga sutra di patanjali (scritti dal quarto secolo avanti cristo al quinto dopo Cristo , pertanto presumibilmente non solo di patanjali a meno che con questo nome non si designi un ruolo tramandato) sono delineati dieci principi, gli Yama e i Niyama che vengono trattati come dieci comandamenti dell’ashtanga yoga , mentre sarebbe molto più corretto considerarli come dichiarazioni eloquenti di ciò che siamo quando siamo connessi alla nostra vera natura. Un passo dei sutra recita:
Fin quando c’è separatezza, la persona Vede un altro come separato da sé, Sente un altro come separato da sé, Odora un altro come separato da sé, Parla a un altro come separato da sé, Pensa l’altro come separato da sé Conosce un altro come separato da sé Ma quando il Sé è compreso come l’indivisibile unità della vita , Chi può essere visto da chi?
Quando non sperimentiamo questa unità come verità del nostro essere, tutti i nostri pensieri e le nota azioni sono come guidate da una sorta di ignoranza fondamentale, un substrato di pantano che non permette di vedere chiaro e di muoversi con leggerezza. Non possiamo farci niente! [...]
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