Alberto Cetti affondò il badile nel terreno, ma l’attrezzo si bloccò contro qualcosa di duro. Lui ci provò ancora, con maggiore accanimento.
Subito, dalla veranda della villetta accanto, una vocina soave richiamò la sua attenzione.
“Un’altra di quelle pietre! Stia attento, signor Cetti, questi giardini sono veri e propri cimiteri!”
Alberto Cetti girò le spalle mormorando qualcosa e riprese a lavorare caparbiamente.
Non gradiva essere osservato. Scavò intorno alla pietra con pazienza, cercando di liberarla dall’argilla che la tratteneva. Poi si inginocchiò a terra, per tirarla fuori. Quando vide di cosa si trattava, fu contento di aver dato le spalle alla sua vicina indiscreta.
Tra le mani stringeva un teschio.
Immediatamente pensò alla maniera di sbarazzarsene. Proteggendolo da sguardi estranei, s’incamminò lungo il vialetto del giardino.
Fuori dal cancello, una volta in strada, si avvicinò ad un cassonetto e vi gettò dentro il teschio.
La signora Fidocci, senza smentire il suo ruolo di vicina impicciona, era rimasta in veranda.
Appena l’uomo fu di nuovo all’interno della sua visuale, commentò:…
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