La “violenza spicciola” subita dalle donne. Sì, quella quotidiana, quella che prendiamo in pillole amare, ogni santo giorno. E’ sempre VIOLENZA DI GENERE, ma non è fatta di calci e pugni, non è fatta di stupro, non è fatta di atti violenti evidentissimi. E’ subdola, sottile, strisciante: come un SERPENTE. Morde: dà veleno alle nostre giornate.
Ce la ritroviamo nelle parole sprezzanti al lavoro, quando ci dicono “torna ai fornelli”.
Ce la ritroviamo per strada mentre guidiamo e ci urlano “troia”.
Ce la ritroviamo mentre camminiamo tranquille per le strade del centro e ci dicono strafottenti “bona, cosa ti farei…”
Scrivo questo post oggi, vicino a Natale, perché non sono fatta di #buonismo. Io sono tagliente come una lama e sono arrabbiata.
Accade che ieri ho pubblicato un post nella mia bacheca Facebook, su un episodio accaduto in un negozio della mia città, ad una ragazza che lavora lì come commessa. Un signore l’ha offesa davanti a tutti, dicendole che è “brutta, grassa, sovrappeso, con la pancia gonfia”. Io non ero presente: mi ha raccontato tutto lei. Questo il mio post su Facebook:
“VIOLENZA SPICCIOLA. Oggi entro in un negozio di abbigliamento. Uno di quelli che frequento da un po’, dove le commesse mi danno del tu, mi dicono ciao, mi chiedono come va. Mi fermo a guardare un abito. Lei si avvicina. Lei è bionda, occhi azzurri, bella e solare, poco più che ventenne: sembra la Venere di Botticelli. Lavora lì, in quel negozio.
Con le lacrime agli occhi mi dice: “ho un nodo in gola, da stamani, non ce la faccio più…” La guardo e le chiedo il perché.
“Perché un cliente, un uomo di una certa età, mi ha detto che sono brutta, grassa, sovrappeso, che ho la pancia enorme e sembro incinta”.
Credo di aver smesso di respirare due o tre secondi. Perché la rabbia fa anche questo effetto.
In quel momento, avrei voluto avere lì, davanti a me, quel “signore” per potergli dire mille cose tremende. Ma c’era lei, la Venere di Botticelli, bella e con le lacrime agli occhi. Dovevo pensare a lei. E ho radunato tutti i pensieri possibili, tutte le parole possibili per farla sentire bella, come è realmente. Con quelle forme di donna, con quell’armonia di lineamenti, con quell’azzurro degli occhi. Quegli occhi disperati di chi si sente offesa, criticata, valutata, soppesata: carne da macello.
E mi viene da pensare a tante, quasi tutte noi, che subiamo queste “violenze spicciole” (eufemismo) ogni santo giorno: da “troia” quando guidiamo, a “torna in cucina” quando lavoriamo in ufficio, a “bona, cosa ti farei” quando camminiamo per strada.
E mi viene da pensare a quanti uomini stronzi esistono al mondo. Non tutti, ma molti.”
Ecco. Questo era il post, che poi ho anche pubblicato in bacheche di gruppi facebook, per far conoscere un brutto episodio di “violenza spicciola”.
Ma mi hanno meravigliato alcuni commenti di uomini e – ahimè – di donne che giustificano il “signore” dell’episodio, riconducendo tutto ad uno scherzo, colpevolizzando invece la ragazza classificandola come una donna senza valori, una sorta di stupidina che dà importanza solo all’aspetto esteriore, una senza carattere che non sa reagire.
Ma che tristezza! Ma che rabbia!
In questi “taglia e cuci” intrisi di cultura patriarcale non si considera neppure l’impossibilità della ragazza di poter reagire, visto che era sul luogo di lavoro e non poteva certo controbattere in modo risentito al cliente del negozio. Non si considera la sua eventuale timidezza o stato d’animo. Non si considera se il fatto di essere offesa davanti a molte persone le abbia causato problemi nel realizzare una risposta immediata ed efficace. Non si considera nulla, perché – come sempre – la colpa è delle donne. E pure le donne danno le colpe alle donne. L’uomo, il “signore”, ne deve uscire immacolato. Lui scherzava. E ridendo e scherzando, noi siamo quelle che dobbiamo sempre subire.
Però.
Però vorrei dire una cosa a quelle donne che giustificano sempre e comunque gli uomini: c’è ancora tanto da fare, soprattutto tra noi donne, per far capire e interiorizzare bene cos’è la violenza verbale di genere (anche quella “spicciola” e quotidiana). Non esiste solo la violenza dei calci e pugni: esiste anche la violenza sottile, subdola, quotidiana che subiamo. Se non prendiamo atto del problema, non possiamo neppure più parlare di “problema”. E dico alle donne di cui sopra: quando vi dicono “troia” per la strada, allora non lamentatevi. Perché quando offendono una di noi, ci offendono tutte: se non provate empatia per quella ragazza, non potete pretendere empatia nei vostri confronti.
E finché non capite questo non capirete un tubo della violenza di genere. In tutte le sue forme ed aspetti. Buon Natale.
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CONTATTI 19 dicembre 2014: 47.443
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