87 – L’inquietudine di Erode
Frattanto Erode a Gerusalemme era molto inquieto, convocati di nuovo i dottori, consultava i libri sacri e discuteva sulle parole dei Magi e gli avvenimenti collegati.
Dopo un battibecco con i savi dottori, vidi spegnersi le fiaccole e tutto scese nel silenzio. Mi sembrò che il sovrano avesse ordinato ai saggi e ai fedelissimi di lasciar cadere il fatto nell’assoluta dimenticanza. Nei giorni seguenti Erode fu invaso dall’ira per un altro problema: egli si trovava nel suo castello di Gerico, da cui aveva preso il controllo sul tempio facendo uccidere tutti gli oppositori. il giorno 25 Casleu, si era recato a Gerusalemme per celebrarvi la solennità della Dedicazione; in quell’occasione aveva offeso gravemente i sacerdoti facendo porre sulla porta del tempio “il capretto d’oro”. Un sacerdote, che non aveva saputo resistere a tanta provocazione, aveva rovesciato a terra l’idolo ed era stato incarcerato. Ne era nato un gran tumulto.Mentre Erode si trovava in questa disposizione d’animo particolare, lo raggiunsero confusamente voci sulla nascita di Cristo. Nella Giudea si era fatta viva la voce della prossima venuta del Messia. Notizie di eventi miracolosi avevano accompagnato la nascita di Gesù e circolavano particolarmente ad opera dei pastori. I ricchi ed i dotti erano invece convinti che tutto ciò fosse un’invenzione favolosa. Quando la cosa giunse alle orecchie di Erode, egli fece fare delle indagini segrete a Betlemme e dintorni. I suoi spioni giunsero alla grotta, parlarono con San Giuseppe e constatarono di avere a che fare con gente povera. Riferirono dunque al loro sovrano che non vi era nulla da temere da gente così miserabile. Per apprendere la verità su questo novello re, suo temibile concorrente, Erode aveva fatto credere ai Magi di voler adorare anch’egli il Santo Bambino. Il tiranno cercava di agire con la massima prudenza: egli non voleva provocare il popolo adoperando violenza visibile contro i nascituri, e non voleva nemmeno che la massa credesse che il loro sovrano avesse paura del nuovo re.
Quando i Magi non ripassarono per Gerusalemme, Erode li additò in pubblico come fanatici ingannatori. Più tardi, avendo forti sospetti su quella miserabile famiglia nella grotta, Erode ordinò che nessuno dovesse frequentarla e tantomeno dare adito a voci di presunte santità prive di senso. Quando la Sacra Famiglia ritornò a Nazareth, quindici giorni dopo il parto, ben presto il caso fu generalizzato e cadde in dimenticanza. Per la massa del popolo tutto ciò era stato un avvenimento oscuro; però le pie persone tacquero, ancora piene di speranza. Tutto ritornò così nel silenzio. Quando Erode pensò che, siccome nessuno ne parlava più, era giunto il momento di disfarsi di Gesù, seppe che la Santa Famiglia lo aveva prevenuto abbandonando Nazareth. Furioso, il sovrano di Gerusalemme fece fare delle ricerche e delle lunghe indagini; quando svanì ogni speranza di ritrovare il Bambino, abbracciò la disperata idea di far uccidere tutti i fanciulli. Perciò organizzò gruppi di guardie armate, per prevenire tumulti e per controllare che nessun bambino potesse sfuggire dal suo regno. 88 – Un Angelo avverte i Santi Re del pericolo erodiano.– Visioni di lunedì 24 dicembre
Di buon mattino vidi i Magi, accompagnati da molte persone del loro seguito, recarsi a visitare nuovamente il Bambino e la Santa Vergine. Poi si occuparono di sistemare il campo. Li vidi pieni di gioia prodigarsi nell’offerta di doni. Agivano sempre così quando accadeva qualche lieto avvenimento. I pastori che servivano i Re ed il loro seguito furono pure generosamente ricompensati. Vidi molti poveri andarsene ricolmi di doni. I Magi coprirono con le pellicce le spalle di alcune povere vecchiette che, misere e curve sotto il peso degli anni, si erano trascinate fino all’accampamento. Molti componenti della carovana si unirono in matrimonio con i figli o le figlie dei pastori e stabilirono la loro dimora in quelle valli. Avevano chiesto il permesso ai Re, ed ottennero di essere congedati insieme a vistosi regali. Costoro ricevettero dai Magi tappeti, vasi e grani d’oro, perfino le cavalcature. I Magi dispensavano anche molto pane. Al pensiero dove mai potessero prenderne in tanta quantità, mi sovvenne di aver visto i servi e i carovanieri dei Magi preparare certi pani di forma schiacciata con la farina, che poi cuocevano in vasi di ferro. Vidi poi che li impacchettavano strettamente l’uno sopra l’altro in scatole di cuoio che portavano appese al fianco degli asini. Ho visto venire da Betlemme molti mendicanti che avevano iniziato ad importunare i Re chiedendo loro doni, accampando richieste pretestuose e manomettendo perfino i bagagli del seguito. Erano certamente provocatori. I Magi decisero di accomiatarsi e di fare ritorno ai loro paesi. Essi avevano intenzione di passare per Gerusalemme e mettere al corrente Erode della cosa. Questa volta però volevano partire in silenzio, a piccoli gruppi, per non allarmare la regione e la popolazione locale. Essi avevano compreso l’errore fatto nel venire, quando il loro trionfalismo aveva rotto l’incantesimo del silenzio. Ammaestrati dall’esperienza, adesso avevano pensato di porvi rimedio. La sera vidi Mensor entrare nella grotta per il commiato, Maria gli porse il Santo Pargoletto tra le braccia; vidi il Re raggiante di gioia. Dopo Mensor, seguirono gli altri due che si accomiatarono piangendo di commozione. In quest’occasione, essi fecero alla Sacra Famiglia nuovi doni: molti pezzi di stoffa grezza, dei panni rossi e a fiorami, bellissimi tappeti, e vi lasciarono perfino gli ampi e finissimi mantelli; donarono pure astucci contenenti dei grani e una cesta che conteneva dei vasi da cui crescevano certe erbette verdi assai fini che davano dei fiorellini bianchi. Era mirra. A Giuseppe diedero in dono anche delle alte ceste contenenti uccelli. I Magi, nel congedarsi definitivamente dalla Madonna e dal Bambino, piansero commossi. La Santa Vergine, frattanto, era rimasta in piedi dinanzi a loro e teneva il Bambino fra le braccia avvolto in un velo. Ella accompagnò per alcuni passi i Santi Re verso l’ingresso della grotta, poi si fermò e diede a Mensor il sottile velo di stoffa color giallo che portava sul capo, affinché questi potesse avere un ricordo dell’avvenimento. Inchinatosi riverenti, i Magi accettarono con gioia quel dono prezioso della Madonna, mentre il cuore batteva dentro di loro gonfio di riconoscenza e di santo timore. Da quel momento il velo fu per loro la reliquia più sacra conservata gelosamente. Maria aveva accettato quei sentimenti devozionali con sincera umiltà, con quella stessa espressione di amore che ebbe per Giuseppe quando era disperato per non aver trovato un luogo per la notte.La Vergine era più addolorata di lui perché comprendeva nella profondità dell’animo come fosse grande la sua umiliazione. Questo è il vero amore che scaturisce dalle profondità del cuore. Quindi alla luce delle fiaccole, i Santi Re si recarono sotto il grande terebinto per tenervi la cerimonia religiosa. Una fiaccola ardeva sotto l’albero, mentre essi iniziarono a pregare e a cantare dolcemente sotto lo scintillio luminoso degli astri del firmamento celeste. Le voci dei fanciulli del seguito si sentivano risuonare armoniose e innocenti nel coro. Terminato il rito, mangiarono un pasto frugale; poi mentre alcuni fecero ritorno all’albergo di Betlemme, gli altri si coricarono nell’accampamento. A mezzanotte vidi improvvisamente apparire un segno celeste: mentre i Re dormivano tranquillamente, radunati sotto la tenda più grande, vidi un giovane circondato da una luce meravigliosa; era un Angelo che li ammoni di non passare per Gerusalemme, bensì costeggiare il mar Morto e prendere il cammino del deserto. A quel sogno tutti balzarono dai giacigli, andarono a svegliare i servi e si recarono alla grotta a destare Giuseppe, il quale corse subito a Betlemme a chiamare coloro che vi passavano la notte. Frattanto questi ultimi, avendo avuto anch’essi contemporaneamente uguale apparizione, si erano già messi in cammino verso l’accampamento e avevano incontrato Giuseppe. In pochissimo tempo fu levato il campo e, tolte le tende e preparati i bagagli, fu disposta ogni cosa per l’immediata partenza. I Re si congedarono da Giuseppe abbracciandolo per l’ultima volta; subito dopo la carovana, divisa in piccoli drappelli, mosse a passo celere verso il deserto d’Engaddi. I Magi avevano pregato la Santa Famiglia di fuggire con loro; poi avevano esortato Maria a nascondersi con il Bambino per ovviare all’imminente pericolo. L’Angelo indicava la via ai Magi, che ben presto furono fuori dalla vista di Giuseppe. I piccoli drappelli, sgravati dal carico del viaggio d’andata, distavano circa un quarto d’ora l’uno dall’altro. Dapprima la marcia volse a levante, poi si diresse verso il sud. Questa fu la stessa strada percorsa da Gesù, quando ritornò dall’Egitto.(continua)