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La vita di Adele

Creato il 19 marzo 2014 da Valentina Orsini @Valent1naOrs1n1

La vita di Adele
Del regista tunisino Abdellatif Kechiche, non so davvero nulla. Non conosco la sua filmografia, dunque non posso tracciare un continuum e farmi un'idea globale del suo cinema. Prima de La vita di Adele, c'erano La schivata 2003, Cous cous 2007 e Venere nera 2010. Prima della Palma d'oro a Cannes. Prima che io provassi ad elaborare in queste righe, tutta l'incomprensione e un "mezzo" sconforto, legati alla vita di Adele.
Prima che io iniziassi a chiedermi: "capolavoro?". Non mi torna qualcosa, non ho un'immagine nitida che risponda e calzi a pennello con l'aggettivo universale che fa di un film, un grande film. Un capolavoro è un film perfetto sotto ogni punto di vista, oppure è il film che avremmo voluto vedere, proprio in quel preciso momento della nostra vita (noi)? E' una domanda che un po' tutto dovremmo porci, almeno ogni tanto così, tanto per...
La vita di AdeleLa vita di Adele nasce dal romanzo a fumetti di Julie Maroh, Il blu è un colore caldo.Ma di quel blu, caldo come l'autrice ha voluto che fosse nel suo libro, cosa rimane? Non ho letto il fumetto, ma so che la Maroh ha avuto da ridire, almeno riguardo ad alcune scelte registiche che probabilmente, e sottolineo probabilmente, sono andate a stravolgere lo spirito della sua storia. Me lo immagino anche per il semplice fatto che dagli occhi di una donna, passiamo allo sguardo maschile e già tutto mi cambia. Ed è questo uno dei pesi più insostenibili che gravitano durante la visione, te li senti costantemente addosso, finché non ti travolgono, appena conclusa la storia. Sì è così, perché la storia di Adele dovrebbe (e non è) essere la storia della scoperta, delle insicurezze, della ricerca del proprio posto nel mondo. Una ragazzina di sedici anni (pochi più pochi meno) che non capisce la propria sessualità, la sta cercando con tutte le sue forze e non capisce perché, nonostante il ragazzo che la corteggi da un po' sia davvero carino, qualcosa non vada. Qualcosa la blocca e per Adele inizia il percorso lungo l'accettazione della propria identità. 
Incontrare una ragazza, mai vista prima, per strada; i capelli corti e blu e il tempo, che pare fermarsi a immortalare quell'attimo. A riempire poi, la notte stessa del fortuito incontro, i sogni e le fantasie che invadono tutti i sensi. Adele sente una forte attrazione, qualcosa che mai aveva provato prima. Desiderare una donna, una sconosciuta. Finché non trova il coraggio di "ricercare e ricercarsi" fino in fondo. Ritroverà la ragazza dai capelli blu, Emma. E dalle prime battute nel locale gay, passando alla luce delle prime sensazioni esplose soavemente su una panchina, si finisce in sequenze lunghissime, sfiancanti, dove il sesso e la fisicità bruciano la passione.
La vita di Adele
Sfiancanti, sì, ho detto così. Perché il pretesto che tu (tu regista) voglia dare credibilità e verità al tuo film, non ti può convincere che dieci minuti (ora non ricordo di preciso la durata) di sesso e preliminari, facciano bene al tuo film. Non è così che convinci chi guarda, "io" sono distante anni luce dalle pretese di quella che può essere una giuria di un ceVto tipo (loro a quanto pare hanno gradito!). Parlo da spettatrice normale. Sono una donna, sono una mamma, mi piacciono gli uomini, almeno fino ad oggi mi va così...Sì, sono una donna e per quanto a volte io abbia un certo rifiuto nei confronti della mia "specie", mi sono sentita "usata", un animale da circo per occhi e pensieri disinibiti (per non dire altro). Mi è sembrato che tutto in questo film sia un fallimentare tentativo, imperfetto e sporco, disonesto, di voler rappresentare la sessualità di una donna omosessuale. Ma è davvero così l'amore? E' davvero così che vuoi far arrivare al pubblico la "tua" idea di amore omosessuale? Gridando a chi guarda: "ma sì tranquilli, non illudetevi che le donne gay sono troie tanto quanto le donne etero!". No, a me non sta bene. A me non piace, anzi offende nel profondo tutto questo ridicolo insistere sulla necessità di un cinema che deve eccedere in tutto. Che ti deve dire per forza il sottinteso. Come quel sesso esplicito, ingombrante sullo schermo. Ingombrante forse meno per Kechiche e per tutti i maschietti "arrapati" in sala o altrove. Perdonate il tono un po' vivace, ma è la verità. Vogliamo che tutto sia senza mezza misura, no? E allora diciamo le cose come stanno e non giriamo intorno alla verità di questo film, evitando l'inevitabile.
La vita di Adele
La vita di Adele è un film vestito da cosiddetto viaggio di formazione, alla ricerca di sé, e invece altro non è che un disonesto e fallimentare affresco che non ha colori. Li ha, ma sono spenti, freddi come due corpi perfetti che si incontrano se non nell'amplesso. Ma oltre quel sesso, quella passione destinata a morire, cosa rimane? Cosa rimane oltre a quei capelli scomposti, tirati su con distrazione. Oltre quelle smorfie da ragazzina che finge insicurezza e poi "cavalca" le emozioni e i bisogni, senza badare se di uomo o donna si tratti. Oltre i nostri bisogni, oltre quel piatto di spaghetti e subito dopo quel primo piano insistente, sulle labbra di Adele. Appena sveglia, appena addormentata...Ma davvero crediamo che basti questo?Adele sprigiona tenerezza e compassione. Anche se poi ti chiedi se ne abbia bisogno più lei o tu. 
Il film si divide in due parti, crolla ad un tratto pure la credibilità temporale, ma questo ci sta, fa parte del cinema e della sua stessa natura. Passano diversi anni, Emma ha lasciato Adele (perché Adele è la donna gay che ama una donna e, quando si sente sola, si fa i maschietti) e lei ora insegna in una scuola. E cosa cambia in lei? Come capiamo che è diventata più "grande", più donna? Beh ha gli occhiali e ha cambiato acconciatura.-Aaaaah.Nulla va come dovrebbe, la credibilità che io sto deridendo è anche quella della ragazzina che vuole a tutti i costi modificarsi per sembrare più donna. Senza tuttavia riuscirci, dai ma quanto fa ridere Adele nella scuola?
Tenerezza sì. Anche un po' rabbia. Perché pensi che con questa storia si sarebbe potuto dire tanto e meglio. L'unico momento vero è stato il massacro delle compagne fuori dal Liceo, la prima volta che Adele fa i conti con la brutalità della gente, degli altri. Oltre questo davvero io non ho visto nulla. Se non gli occhi di un uomo che guarda e ne vorrebbe ancora, e ancora.

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