Nel 1995 è stato pubblicato un libro che ha scosso la divulgazione scientifica, sul quale vale la pena riflettere. Intitolato “At Home in the Universe: The Search for Laws of Self-Organization and Complexity” (Oxford University Press) è stato scritto dall’americano Stuart Kauffman, biologo teorico e ricercatore dei sistemi complessi, direttore e fondatore del Santa Fe Institute (un ente di ricerca dedicato agli studi sulla complessità dei sistemi) e oggi docente presso l’University of Vermont.
In questo volume ha teorizzato l’auto-organizzazione della materia, a fianco della selezione naturale darwiniana, per spiegare l’irriducibile complessità dei sistemi biologici e dei microrganismi. «Viviamo in un mondo di straordinaria complessità biologica», ha scritto introducendo il libro. «Da dove viene questa grande architettura? Per più di un secolo, l’unica teoria che la scienza si è offerta di spiegare è che questo ordine è sorto dalla selezione naturale. Dopo trenta anni di ricerche mi sono convinto che questa visione dominante della biologia è incompleta». Ha quindi proseguito: «Come sosterrò in questo libro, la selezione naturale è importante ma non ha lavorato da sola nella creazione dell’architettura della biosfera. L’auto-organizzazione è la fonte principale dell’ordine del mondo biologico». «La selezione naturale è potente, ma non onnipotente. Darwin avrebbe realizzato questo se avesse posseduto i nostri computer» (pag. 84).
Oggi sappiamo che «la materia deve raggiungere un certo livello di complessità perché fiorisca la vita. Ma questa soglia non è un incidente di variazione casuale e di selezione, ritengo invece che sia inerente alla natura stessa della vita. L’auto-organizzazione può aver fatto della nascita della vita un evento pressoché inevitabile». (pag. 24). Il premio Nobel George Wald, spiega Kauffman, in un articolo su “Scientific American” nel 1954, si è chiesto come potrebbe un insieme di molecole riunirsi in un solo modo giusto per formare una cellula vivente. «Basta contemplare la grandezza di questo compito per ammettere che la generazione spontanea di un organismo vivente è impossibile», ha commentato il biologo americano. «Il tempo infatti è l’eroe della trama. Basta aspettare e il tempo stesso compie i miracoli? Ma anche 2 o 4 miliardi anni non sarebbero stati sufficienti per il verificarsi di questa casualità» (pag. 24).
Basterebbe un piccolo calcolo: «se i tentativi per la comparsa della vita sono 1051 e le probabilità sono 1 su 1040.000 allora la vita semplicemente non poteva esserci. Noi siamo molto fortunati, davvero fortunati. Noi siamo impossibili». Lo dicevano anche Hoyle e Wickramasinghe quando hanno rifiutato la generazione spontanea dal momento che la probabilità che l’evento si possa essere verificato è paragonabile alle probabilità che un tornado dentro ad un deposito di rottami possa assemblare un Boeing 747 a partire dai materiali di esso. «Il problema», ha commentato Kauffman, «è che Hoyle, Wickramasinghe, e molti altri non sono riusciti ad apprezzare il potere dell’auto-organizzazione. Il motto della vita non è che noi siamo improbabili, ma che noi eravamo attesi» (pag. 25).
Il biologo ha anche introdotto un termine tecnico per spiegare quanto intende: order for free, cioè un ordine naturale e spontaneo. «L’organizzazione della cellula», ad esempio, «a lungo attribuita alla levigatura dell’evoluzione darwiniana, sembra probabile invece che derivi dalle dinamiche del network genomico ed è un altro esempio di order for free. Ancora una volta, spero di convincere che la selezione naturale non è l’unica fonte di ordine nel mondo vivente. Il potente order for free di cui stiamo discutendo è probabile che abbia avuto un ruolo non solo nel far emergere stati autocatalitici stabili, ma anche nella successiva evoluzione della vita» (pag. 48). E ancora: «è la fonte della tensione creativa che determina la crescente diversità della biosfera» (pag. 62), perché «l’auto-organizzazione è un prerequisito per la possibilità di evoluzione, che genera diversi tipi di strutture che possono beneficiare della selezione naturale. Esso genera le strutture che possono evolvere progressivamente» (pag. 104)
Il fisico e matematico statunitense Freeman Dyson, studiando le costanti cosmiche (il principio antropico) e l’evoluzione cosmologica disse che «l’Universo ci stava aspettando». Questa visione teleonomica può essere confermata oggi anche dal punto di vista dell’evoluzione biologica: «la presenza di questo ordine sottostante, ulteriormente levigato dalla selezione», spiega Kauffman tirando le somme, «rileva che noi eravamo previsti piuttosto che enormemente improbabili. Come può infatti la vita essere contingente, imprevedibile e accidentale mentre obbedisce a leggi generali?» (pag. 12). L’auto-organizzazione della materia è una posizione assunta da buona parte dei biologi evoluzionisti oggi (si parla di “direzionalità dell’evoluzione”, di “vincoli interni”, di “principio direttivo” ecc.).
Ed ecco che si spiega il titolo del libro (“At home in the universe”): «Se la vita, in tutta la sua abbondanza, era tenuta a presentarsi non come un incidente incalcolabilmente improbabile, ma come un atteso ordine naturale, allora siamo veramente a casa nell’universo» (pag. 13). Si può dunque spiegare come è nata la vita? «Sì, penso di sì», ha risposto Kauffman. «E Dio, nella sua grazia e semplicità, dovrebbe accogliere le nostre lotte per scovare le sue leggi. La vita è molto più probabile di quanto abbiamo mai supposto» (pag. 37). «Solo Dio ha la saggezza per capire la legge finale, lanciare i dadi quantici. Solo Dio può predire il futuro, noi, miopi dopo 3.450 milioni di anni di progettazione, non possiamo farlo» (pag. 17).
La redazione