La vita senza internet

Creato il 23 ottobre 2013 da Frankezze

Sabato sono andato alla manifestazione contro l’austerità. E non che abbia delle cose incredibili da dire a riguardo, però, senza offrire ulteriori possibilità di abbandono del letto coniugale al cervello, in questi giorni mi son fermato a pensare, a pensare molto, e quando inizio a pensare molto senza toccarmi è sempre una cosa pericolosissima. E per questo, adesso, cerco di trarre delle conclusioni da questo mio avvinghiarmi intellettivo: delle conclusioni riguardo 1) il concetto di manifestazione di piazza, 2) il concetto di internet e 3) il concetto di Francesco Costa. Tutto senza la benché minima cura di alcun dettaglio, lasciando non detti mai detti e senza nessuna connessione tra i tre concetti. Alla cazzo di cane insomma, come piace ai nostri lettori.

1) La manifestazione di Piazza
Non possiamo parlare di piazza senza parlare di prossimità. La piazza è prossimità, scendere in piazza è prossimità, ascoltare le bestemmie dei manovali lucani è prossimità, ascoltare le voci di chi non ha una casa, di chi non ha un lavoro, di chi l’ha perso è prossimità. Toccare, sfiorare le persone è prossimità. Percepirne il loro puzzo, il tuo, raccogliere i pezzi di bava, gli scorci di rabbia, le grida soffocate di questa dannata rivolta a folle, sempre in attesa di mettere quella cristo di prima che magari ti allunghi e ti avvicini al problema, è prossimità. È la dannatissima e maledetta prossimità. Che tanto manca a questo merda di paese. La prossimità dell’altro, essenziale nello sviluppo della tua indagine, indispensabile per cogliere il contatto con gli altri, per carpire le differenze, per regolare le relazioni, le emozioni, e per ragionare sulle soluzioni. Scendere per strada e capire come cazzo stai, come cazzo stiamo.

2) Internet
Senza scomodare i vari Marshall McLuhan, Nicholas Negroponte e Jeffrey Schnapp, facciamo insieme, mano nella mano, una riflessione veloce che venga incontro alle vostre capacità mentali: internet ci ha migliorato la vita, e pensare che senza internet, alzi la mano chi senza internet, internet coi posti di lavoro, internet nel traffico, magari c’hai i parenti nella Sila, su internet poi conosci gente, Wikipedia, Skype, la democrazia digitale, la banda larga, il media attivismo, il giornalismo embedded e tutto il porno che vuoi a casa tua, gratis. Ma internet ci ha allontanato dalla prossimità (no cari, chattare non è prossimità). Adesso toccate meno le persone, ascoltate meno vostro zio cassaintegrato, non scendete in piazza, non votate, non discutete, non vi incazzate, scopate di meno e vi fate molte più seghe, per non parlare dei selfie. Il segno evidente di una deflagrazione antropologica avvenuta su larga scala che ci ha resi più soli e meno avvezzi al contatto.

3) Francesco Costa
Dovrebbe essere un giornalista, credo, uno di quelli che a causa del mio morboso attaccamento a tutto ciò che è mediocre, non riesco a smettere di leggere. Ha scritto questo pezzo, uno di quei post lucidalabbra per adetti ai lavori. Uno di quei post per alzare il livello del dibattito. Dove dice, in poche parole, che la vita senza internet è brutta, che è stato a Cuba e col fatto che non aveva internet, pensate, non è riuscito a sapere quando è morto Che Guevara, cosa era l’attentato delle Barbados (che poi sei anche un giornalista cristo santo Francesco Costa, e magari hai studiato tra un cheesburger e l’altro), dove facevano il miglior mojito dell’Havana e soprattutto se l’AS Roma aveva vinto. E che se vivi sulle montagne sei tagliato dal mondo. E che quindi la vita senza internet è brutta.

La vita senza internet è brutta. Vorrei essere colto da peste e non provare questa voglia infinita di farla finita. Ma non ci riesco. È più forte di me. Voglio morire, morire male per non leggere più queste bestialità. Provo un profondo sentimento di fallimento. “La vita senza internet è brutta”, dice. È un giornalismo all’apice dei propri difetti. Chiedere informazioni, parlare con un cubano, toccargli magari la spalla, che sei pure un giornalista e dovresti essere abituato a fare domande mannaggia quella lurida miseria, a stare con la gente, a stare per strada, a calpestare merde, a parlare, a prendere appunti, a discutere, a capire, a chiedere, tutta roba da “Watergate” insomma. Chiedi Francesco Costa, chiedi, per capire come cazzo stiamo messi, e come cazzo stai messo te. Basta post, basta tweet, spegni quel cazzo di smartphone e parliamo, discutiamo, tocchiamoci, abbracciamoci, pestiamoci, ritroviamo la romantica voglia di stare per strada, la voglia di mandarci affanculo dal vivo, che si impara, che si cresce meglio e più in fretta, Francesco Costa, quando sei a contatto con le persone. Non che abbia mai avuto delle cose incredibili da dire, Francesco Costa, ma se dici che la vita senza internet è brutta, hai sbagliato lavoro. E non è che non l’avevamo capito.

L'articolo La vita senza internet è ovviamente opera di Frankezze.


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