30 novembre 2011 Lascia un commento
Lui vorrebbe illudersi che la normalita’ provenga dallo scorrere dei giorni, lei sui giorni si sdraia con un sorriso perche’ l’amore e’ sempre una soluzione.
Sono due solitudini che s’incontrano ma del resto e’ sempre cosi’ che accade anche nei silenziosi meandri delle nostre case, in quell’attimo nel quale si entra in una stanza buia e nessuno e’ li’ ad accoglierci e con pudore si pensa a paure dimenticate, brivido leggero che rattrista senza deprimere.
Sokurov non fornisce soluzioni, non crea ponti tra i protagonisti lasciando che l’aderenza supplisca all’unione e sconsolatamente, resti l’unica possibile felicita’ comune.
Largo uso del rallenty perche’ l’inferno di chi non riesce a vivere e’ fatto di tempi dilatati e giorni impossibili a chiudersi, sono quelle parole che restano dentro nell’infinito di una risposta schiacciata in gola e andarsene non e’ una fuga ma il solo modo per domandare scusa ed evitare di trascinarsi in un insensato dolore.
Malgrado tutto pero’ il suo occhio e’ alla perenne ricerca di elementi che si distacchino dalle consuetudini, vaga novello Diogene alla ricerca della verita’ che possiede chi non si confonde, chi non cede alla massa, chi mantiene una identita’, sfidando le regole senza strepiti, semplicemente con uno sguardo
Film d’infinita tristezza e rassegnazione, momenti duri per il regista e per le sue opere che il regime osteggio’ e censuro’ fino al decretarne l’uscita con dieci anni di ritardo e con forza dedicato a Tarkovskij, amico e maestro solidale, battagliero innanzi questa ennesimo schiaffo alla cultura dato da chi, aggrappato alla propria onnipotenza, non sa comprendere che i suoi giorni sono finiti.
Non un esordio ma certo una delle opere prime eppure pregna della forza dei silenzi che caratterizzera’ tutto il cinema di Sokurov, riprova che il talento si sviluppa ma non s’inventa.