Magazine Cultura

Laboratorio di racconti - 1 (Chiara Racalbuto)

Creato il 23 ottobre 2010 da Sulromanzo
Laboratorio di racconti - 1 (Chiara Racalbuto)A cura della redazione del Laboratorio di racconti: Sara Gamberini, Geraldine Meyer, Alessandro Puglisi, Giovanni Ragonesi, Alberto Stigliano, Stefano Verziaggi
Eccoci, il primo verdetto è stato emesso. Ma no dai, scherziamo. Non ci sono tribunali e noi non siamo maestrini dalla penna rossa. Però abbiamo lavorato seriamente e continueremo a farlo. Nessuna espressione severa sui nostri visi di lettori, solo leggerezza. Attenzione però, leggerezza di calviniana memoria, non superficialità. L'arte del racconto è arte difficile e sublime. In poco spazio e in poco tempo bisogna dare e mantenere un ritmo che inchiodi, un senso di conclusione alle cose. E scrivere racconti è difficile. La lingua corre, rallenta, riprende velocità e poi fiato in un numero di righe che deve essere limitato. E scrivere poco non è facile. Churchill ad una vedova di guerra inviò una lettera che cominciava così: "Signora le scrivo una lunga lettera perché non ho il tempo di scrivergliene una breve." Carver, Checov, Cheever, ci hanno regalato emozioni fortissime e intense con i loro racconti. Brevi, brevissimi, a volte solo frammenti. Difficili. Difficilissimi. Chi pensa che scrivere racconti sia una scappatoia alle difficoltà della lingua e della storia devia in modo profondo dalla fatica di scrivere. Le nostre valutazioni sono state collegiali. Nessun racconto è passato attraverso una sola lettura e nessun racconto è rimasto senza lettura alcuna. Incroci di opinioni, sensazioni, sensibilità. Alle vostre parole scritte hanno fatto seguito le nostre mail, telefonate, confronti. Altre parole. E questa volta abbiamo scelto un racconto di Chiara Racalbuto. Ci è piaciuto il lavoro fatto sulla lingua, il ritmo talvolta sincopato a seguire i pensieri rotolare dietro immagini veloci. Ogni testa è un piccolo mondo, figuriamoci coordinare il lavoro della piccola redazione che sta seguendo questo progetto. Non se ne abbiano a male gli autori degli altri racconti. Sceglierne uno è parte del gioco ma non è un giudizio stroncante per chi è rimasto fuori. L'iniziativa continua e la scrittura non si ferma. Non si deve fermare. Inviate il vostro inedito al Laboratorio di Racconti. Buona lettura.
Così è morto Barry Gunther Somerfield IIIdi Chiara Racalbuto
Non ci volle molto a intuire che Barry Gunther Somerfield III era morto.Immobile, freddo, rigido come un tronco d'albero abbandonato in un bosco da un taglialegna, giaceva in mezzo alla strada e il mondo s'era già dimenticato di lui e lui s'era già dimenticato del mondo.Chissà dove andava adesso Barry Gunther Somerfield III con la sua camminata svagata, il passo strascicato e le mani in tasca, sempre, e se le tasche non c'erano le cercava e se non le trovava non sapeva proprio dove metterle ed era una sequenza infinita di braccia sperdute in attesa di collocamento, senza pace, che quasi ti veniva voglia di staccargliele e infilartele nelle tue di tasche per fargli un favore e per farlo anche a te stesso.E con le mani in tasca Barry Gunther Somerfield III morì, non provò nemmeno a coprirsi il viso perché quando ti puntano al cuore coprirsi il viso non serve, nemmeno quando ti puntano al viso a dire il vero ma voglio dire che le mani in tasca erano più forti dell'istinto di sopravvivenza, le mani in tasca erano istinto di sopravvivenza, erano Barry Gunther Somerfield III.
Quella mattina, sì, era mattina ma forse anche un po' pomeriggio, c'era un'eclissi di tempo, insomma il pomeriggio andava a coprire la mattina ma erano ancora sovrapposti. Come? Sì, scusi, andiamo al sodo, ha ragione, sì ho il difetto di divagare ma dicevo, faceva caldo, il sole incendiava l'aria e ci sembrava di venir fuori dall'asfalto bruciato, pezzi di catrame incandescente eravamo, a spasso per la città. Sì, ha ragione, vado avanti, dunque a un certo punto eravamo seduti da Johnson, sì, sì, il bar dietro l'angolo, sa quello con le poltrone rosse e l'atmosfera...eravamo seduti al bar, dicevo. Chi?Io e il mio amico Joe, andiamo sempre al bar insieme a giocare al videopoker ma dicevo a un certo punto, mentre puntavo e schiacciavo il bottone, Barry Gunther Somerfield III entra, da solo, era sempre solo, non amava la gente Barry Gunther Somerfield III, gli piaceva stare da solo a guardare i marciapiedi, le formiche e a schiacciare foglie secche, dunque entra, solo, e beve, solo, una limonata ghiacciata. Disse proprio così, una limonata ghiacciata per favore e un rigagnolo di sudore gli scendeva giù fino a pendere dalla punta del naso, era stupefacente il modo in cui restava in equilibrio dondolando, si direbbe una goccia equilibrista e sì, sì, vado avanti, allora Barry Gunther eccetera beve la limonata tutta d'un fiato poi guarda il bicchiere lungo di vetro, un bicchiere insomma e subito assume un'aria decisa e un'idea puerile gli svolazza sulla testa; io non l'ho visto perché avevo già schiacciato il pulsante e dovevo stare attento alle conseguenze, me l'ha detto Joe. Joe è bravo ad esprimersi, legge il giornale tutte le mattine e mangia il ghiaccio dal bicchiere, un cubetto dopo l'altro, lo sento masticare mentre perdo tutto al videopoker e dico cazzo ho perso tutto e Joe ride e io dico Joe porca troia cosa cazzo ridi ho perso tutto ma lui non smette e io sono furioso, gliela spaccherei quella faccia ossuta e schifosa a Joe ma mi trattengo, è mio amico Joe, andiamo sempre al bar insieme a giocare a videopoker, allora prendo un altro quarto di dollaro e sì, sì, vado avanti. Dunque Barry Gunther Somerfield III mastica il ghiaccio poi posa il bicchiere sul banco, passa una mano tra i capelli, la goccia di sudore frattanto doveva essersi abbandonata alla legge di gravità scomparendo da qualche parte, anche questo l'ha detto Joe, si capisce, lascia i soldi sul banco, si alza, esita qualche secondo, ci guarda, guarda me col quarto di dollaro in mano, abbozza un mezzo sorriso come a dire buona fortuna, sai anch'io ho perso tutto una volta e ti capisco, non è divertente, infila le mani nelle tasche dei pantaloni e poi esce e io lo seguo con lo sguardo dalla finestra, non so perché, e mentre cammina ho l'impressione che non stia andando proprio da nessuna parte. Allora io vedo questo: fa qualche metro Barry Gunther ecc. III, poi si sente uno scoppio ma non era BANG, era proprio uno scoppio e Barry G.S. III comincia a barcollare, gira su se stesso, fa delle smorfie spaventose, strabuzza gli occhi ma non toglie le mani dalle tasche. L'effetto è grottesco, anche questo l'ha detto Joe, ha detto proprio così, grottesco, vedi un uomo che gira su se stesso, barcolla, strabuzza gli occhi e tiene le mani in tasca, capisce cosa voglio dire?Grottesco proprio, e continua e vomita anche la limonata e il ghiaccio e tutto il resto, e un rigagnolo di sangue gli scende giù fino a pendere dalla punta del naso ma la testa era tutta intera, era questa la cosa pazzesca, insomma la testa era a posto, non c'era niente, solo il rigagnolo e poi la goccia di sangue equilibrista sulla punta del naso. Poi si gira verso di noi e ha una chiazza rossa sul petto e pian piano quella chiazza si allarga e a me pare che diventi tutto una chiazza, tutto rosso, la goccia sempre in equilibrio, la gente urla e nessuno si avvicina, tutti urlano ma gli stanno intorno e lo guardano e chi corre, chi scappa, chi piange e Barry Gunther Somerfield III gira gira gira, sempre con le mani in tasca, sempre con la goccia di sangue sulla punta del naso e guarda tutti, uno per uno, e vomita e ora ride. Ride? Quando si muore si ride? E chi lo sa, magari la morte fa ridere, che tu finalmente la vedi in faccia e pensi beh, tutto qua? Questo l'ha detto Joe ma mica ci credo tanto. Ride e gira e ha le mani in tasca e cade prima in ginocchio, poi all'indietro, ecco adesso è a terra, muove una gamba, poi l'altra, poi non muove più niente e una signora coi capelli bianchi e la tuta da ginnastica grida è morto, e tutti gridano è morto e poi improvvisamente stanno zitti e contemplano il cadavere e stanno cercando di farsi un'idea della morte per farsela amica e poterle dire beh, un'altra volta magari, ok? Anche questo l'ha detto, sì esatto, l'ha detto proprio Joe. Poi niente, noi siamo dentro il bar e non usciamo, io ho sempre il mio quarto di dollaro in mano, Joe non ride più e guarda fuori anche lui e pensa tante cose, pensa sempre Joe e sulla morte e cose simili la sa lunga, lui legge i necrologi tutte le mattine e poi arriva la polizia e stende un lenzuolo bianco su Barry Gunther Somerfield III che intanto è tutto pieno di sangue e la goccia non si vede più, è tutto una pozza, rosso nel rosso, e non c'è più nulla da vedere, dicono, e la gente se ne va, lo spettacolo è finito. Io metto il quarto di dollaro nel videopoker, schiaccio il pulsante e vinco tutto, ma proprio tutto. Joe non parla più, guarda sempre fuori e gli dico cazzo Joe ho vinto tutto, ma proprio tutto. Joe si gira verso di me, mi guarda, non dice nulla e una goccia gli scende giù fino a pendergli dalla punta del naso e non è sangue e non è sudore e non so cos'è ma all'improvviso, non so perché, mi gira la testa, il mondo intero mi pare venir fuori dal videopoker e tutti quei soldi sembrano umidi e rossi e Barry Gunther Somerfield III è coperto dal lenzuolo e ha sempre le mani in tasca e io non mi sento più tanto bene, corro in bagno a vomitare e insomma, così è morto Barry Gunther Somerfield III.

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :