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“Mio nonno ha combattuto proprio qui: era addetto alla mitragliatrice in un corpo di Standschützen. Mi raccontava che era una vita dura, piena di sacrifici: oltre al nemico bisognava fronteggiare i rigori della natura, specie d’inverno. Una volta, sotto il fuoco italiano, si staccò un intero costone innevato e lui precipitò a valle con la sua arma. Ripresa conoscenza dopo diverse ore, risalì alla sua posizione, ma senza la mitragliatrice, che era rimasta sepolta nella neve. Il suo superiore lo mise in punizione: i rifornimenti erano difficoltosi, perdere un’arma equivaleva ad un dramma”.
“Due batterie di nostre bombarde concentravano il fuoco sul camminamento che dalla “Casermetta difensiva” conduce al Dente. Vedemmo fra i nugoli di fumo saltar per aria pezzi d’uomini. In uno scoppio si scorsero proprio soltanto due gambe nel cielo divaricarsi. Tutta l’intera colonna dei nemici venne a farsi maciullare così, in quel passaggio obbligato dove minuto per minuto cadeva una nostra bombarda … Nessuno potrà mai dare una pallida idea della terribilità di quella mischia. Alcuni momenti si vedevano uomini avviticchiarsi. Un obice faceva saltare in aria amici e nemici. La morte li coglieva insieme, nella stretta dell’odio. I duecento metri del Dente erano divenuti un formichio di esseri, non umani, ma sovrannaturali; demoni certo che correvano tra le rovine; sopravvivevano fra le fiammate delle bombe a mano e le eruzioni delle granate”.
Sono solo poche righe delle centinaia di pagine e racconti stilati da chi la Grande Guerra l’ha vissuta sulla propria pelle, in prima linea sul Pasubio. “In questi luoghi, forse più che altrove, la natura è natura trasformata dagli uomini, è storia” (P.M. Collareda). Impossibile non ripensare a quanto narrato sopra mentre affronto la via d’accesso che da Bocchetta Campiglia conduce alle Porte del Pasubio: la Strada delle 52 Gallerie. Progettata dal tenente ing. G. Zappa e realizzata dalla 33a compagnia minatori del 5° reggimento Genio, oggi costituisce una delle testimonianze di maggior rilievo storico e interesse ambientale che fanno parte dell’Ecomuseo della Grande Guerra.
Lo scenario che si presenta ai miei occhi dalla vetta di Cima Palon (il punto più alto del massiccio) è segnato profondamente dalle cicatrici delle ostilità. Raramente quassù le nuvole lasciano libero il passaggio ai raggi del sole, che a fatica si aprono un varco qua e là. Se della montagna non c’è da fidarsi, del Pasubio ancora meno … Era una limpida giornata di giugno quando iniziai la salita; si tramutò ben presto in un pericoloso temporale estivo. Ma il Pasubio, grazie alla sua posizione, è anche uno dei luoghi più ricchi da un punto di vista floreale. Mentre mi affretto a trovare un posto “sicuro” nell’eventualità che quel che temo diventi realtà, la mia anima è spinta a fermarsi sull’orlo di una delle numerose buche create dalle granate. Le drosofila octopetala si mimetizzano con le chiazze di neve ancora presente; il loro candore contrasta con il verde scintillante del prato, segno della nuova vita. Lo scheletro di un ramo maltrattato dalle intemperie giace inerme su di esse, simbolo delle vittime del rigore del clima su queste vette. Sullo sfondo, proprio su quella parete in cui il Genio costruì la più imponente opera bellica alpina, le nubi iniziano a versare le loro lacrime di compianto. Così la Natura ricorda, con “Lacrime dal cielo, fiori dalla terra …”.
DATI TECNICI
• Location: Pasubio, Piccole Dolomiti vicentine; a poca distanza dal Rif. Gen Achille Papa, 1950 m s.l.m.; la location è raggiungibile per diverse vie in circa 3h di cammino.
• Attrezzatura utilizzata: Nikon D40, Nikkor 12-24 f/4.
• Dati Exif: Lunghezza focale: 12mm (su Dx) - Sensibilità ISO: 200 - Apertura diaframma: f/14 - Tempo di scatto: 1/250” - Modalità di scatto: M - Data dello scatto: 22/06/2009 - Ora dello scatto: 13:49.
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