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Laetitia: “Da Milano parte il nuovo centrodestra”. Destinazione Bengasi

Creato il 18 maggio 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Laetitia: “Da Milano parte il nuovo centrodestra”. Destinazione BengasiPreso atto che i voti moderati Berlusconi se li è fottuti da solo con una dissennata e criminale campagna elettorale dai toni grandguignoleschi, cerchiamo di capire perché, sostanzialmente, queste elezioni non le ha vinte la sinistra ma le ha perse miseramente Silvio. Mentre volendo adoperare il linguaggio calcistico potremmo parlare di un autogol in “zona Cesarini”, se volessimo usare quello cabarettistico si potrebbe far ricorso alla “sindrome di Tafazzi” che è quella del volersi dare scientemente colpi micidiali sulle palle senza che qualcuno ce lo abbia espressamente chiesto. A Silvio, per vincere a man bassa, sarebbe bastato non fare l’estremista, non invocare un referendum su se stesso (soprattutto dopo che la sua vita privata è sotto gli occhi di tutti e si è dimostrata un gran casino – letterale – e quella pubblica non è da meno), non dire “stimo i giudici che mi assolvono gli altri sono brigatisti”, perché anche il più demente fra i suoi elettori si rende conto che c’è qualcosa che non va, non bestemmiare in tivvù, non raccontare le stesse barzellette da una vita, non andare a comiziare solo nei luoghi chiusi (un transfert freudiano) ma battere le piazze, non avere tanti coglioni come spin-doctor ma provare a sembrare almeno per una volta un cittadino come gli altri solo un po’ più ricco, non ostentare atteggiamenti da capo-cosca ma da leader politico, non farsi giustificare ogni marachella da monsignor Fisichella in cambio di danè, visto che Fisichella è un prete e non un avvocato, non insistere sul nucleare, non ventilare l’ipotesi che l’acqua potrebbe essere privatizzata, non magnificare le famiglie altrui dopo averne distrutte due delle sue tenendone in piedi una terza fantomatica, non sbeffeggiare i "froci" e non dire "sono una lesbica" perché non si sa mai, non affossare i sogni dei giovani facendo implodere la scuola e l’università, non dire sempre che la cultura in Italia è in mano alla sinistra perché significherebbe ammettere che dalle sue parti con la cultura “non si mangia” ma con le tette e soprattutto con i culi si. Ma se avesse detto e fatto tutto questo non sarebbe il Berlusconi che conosciamo ma un politico il che, lo sappiamo, è una contraddizione in termini. Ma la sinistra, o meglio il Pd e l’Idv, cosa hanno fatto per vincere queste elezioni? Quali alti concetti di politica hanno espresso per ottenere, ad esempio, il risultato di Milano? Se Bersani solo nelle ultime ore ha detto “E ora ci impegneremo per i referendum”, ci può spiegare che diavolo ha fatto fino a ieri? Ha continuato a “montare i pannelli fotovoltaici sulle lucciole” oppure si è interessato di politica? Volendo essere ancora più espliciti potremmo dire che a Milano ha vinto il candidato di Sel, a Napoli quello che l’Idv ci ha mandato di gran carriera per toglierselo dalle palle, a Cagliari quello che D’Alema e l’apparatnik del Pd sardo (lo stesso che aveva trombato Soru e regalato la Sardegna al Pdl) non voleva. E sono altre decine i casi nei quali il Pd ha dovuto fare buon viso a cattivo gioco e candidare un “esterno” grazie al meccanismo delle primarie, che poi è lo stesso che ha permesso a Bersani di dire “noi abbiamo vinto, gli altri hanno perso” e dove quel “noi” che ricomprende anche D’Alema, Veltroni e Renzi suona stonato come il violino con il quale imitavamo i guaiti dei gatti in amore. E mentre la nostra incazzatura nei confronti di Grillo sta montando con il passare delle ore, altrettanto si può dire nei confronti di chi considera le istanze dei “grillini” solo paturnie e non proposte perché non è vero. Ma pensiamoci un momento. Non toccherebbe ad una sana forza di sinistra mettere in campo una politica ambientalista seria? Chi se non gli avversari ideologici dei cementificatori e degli stupratori del territorio possono parlare di sviluppo ecocompatibile ed ecosostenibile, di smaltimento dei rifiuti non inquinante ed economicamente “virtuoso”, di ricambio generazionale ai vertici della politica grazie al vincolo del doppio mandato e poi arrivederci e grazie, di incentivi alla ricerca pura e non solo a quella finalizzata ai profitti delle grandi multinazionali, allo sviluppo del turismo responsabile e alla valorizzazione delle culture dei territori se non uno “strutturalmente” di sinistra? Chi può battersi per dimostrare che la Tav non serve più, che la tratta Torino-Lione è stata una bufala perché il trasporto su gomma non è sceso manco di un 1 percentuale, che il Ponte sullo Stretto non è solo un’aberrazione ingegneristica ma anche una bomba ambientale e che il nucleare è una cambiale a vita soprattutto per le generazioni future e l’acqua un bene primario non privatizzabile al pari dell’aria e della luce del sole se non uno schierato idealmente a “sinistra”? A Grillo non rimproveriamo le sue idee, perché molte sono le nostre, ma troviamo insopportabile il suo populismo e il qualunquismo ad oltranza quando reitera il concetto del “sono tutti uguali”, su questo non ci stiamo e non perderemo occasione per dire a Grillo di non prenderci per grulli e, soprattutto, per i fondelli. Che lui voglia giocare al “sono tutti uguali” per far leva sui disperati della politica e sui “senza bandiera” siamo d’accordo, ma Grillo dovrebbe anche spiegarci cosa diavolo ci fa, ad esempio, del suo 10 per cento a Bologna se non lo impiega per cambiare le regole del gioco dopo averle inizialmente accettate, come d’altronde sta facendo presentandosi alle elezioni. Lo giustificheremmo solo se dicesse: “Prendiamo le armi e diamo l’assalto al Palazzo d’Inverno”, ma siccome si guarda bene dal dirlo, perché non fare in modo che quegli elettori possano esprimere le loro idee in una giunta comunale e magari modificare la politica della città? Avrebbe buon gioco e soprattutto toglierebbe ai suoi detrattori (noi compresi) la presunzione di dire che il voto ai grillini è inutile, a meno che il Beppe non punti al 51 per cento. Ma sostituire un barzellettiere dilettante con un comico di professione non ci sembra una grande svolta. Insomma, per vincere le elezioni non dobbiamo né rubare le automobili né fracassare la vetrina di Bulgari, basta non farci prendere in giro.

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