P: Il Sorbara, il Lambrusco di Modena e dei Modenesi valorizzato dalle opere di Claudio Sadler.
Un incontro che ha stimolato emozioni del gusto e del palato.
Facciamo un passo indietro e scopriamo la sua connotazione storica.
La storia del Lambrusco risale a parecchi secoli fa, si narra infatti che nella battaglia di Sorbara del 1084, fu utilizzato dall’esercito di Matilde di Canossa per far ubriacare le truppe di Enrico IV e renderle quindi inabili alla lotta. Forse, anzi, sicuramente, senza quella battaglia vinta, l’Italia oggi sarebbe ben diversa. La peculiarità di questo vino di essere trasportato facilmente anche a quel tempo, grazie alla sua struttura e alla spiccata acidità (a quel tempo non esisteva la temperatura controllata ndr), lo fece conoscere anche in terre lontane come l’Australia.
Il territorio di Sorbara è un terreno alluvionale caratterizzato da depositi sabbiosi lasciati dal fiume, questo conferisce un’acidità pressochè unica, almeno sul territorio italiano. L’uva è la discendente di un’uva selvatica ed ha una certa scontrosità. Colore rosato, saltuariamente rosso a seconda dei terreni e del mix di uve, acidità preponderante e bollicine solide, durature, queste le sue peculiarità. Era un vino rinomato già ai tempi ma caro, non costava e non costa poco produrlo tutt’ora, anche perché non ammette errori, un po’ come il souffle. All’inizio dell’Ottocento quando non esistevano ancora le bottiglie, un’osteria di Modena decise di vendere il vino per ore di bevuta, 25 centesimi all’ora. Dalla seconda metà dell’Ottocento si cominciò a pensare al suo imbottigliamento e le bottiglie in vetro pesante inventate dagli inglesi, diedero una grossa mano in tal senso a risolvere gli inconvenienti derivanti da quelle in vetro soffiato.
La famiglia Chiarli cominciò a produrlo nel lontano 1860, anno in cui il Ducato di Modena si unì al Regno di Sardegna grazie a un plebiscito. All’epoca possedeva l’Osteria dell’Artigliere a Modena, oggi sono giunti alla quinta generazione di produzione.
Quintopasso, Riserva del Fondatore e Premium. Tre vini molto diversi tra loro: il primo, dalla spiccata acidità, sicuramente il più complesso da comprendere; il secondo, prodotto solamente in 15.000 bottiglie all’anno, rappresenta il Lambrusco moderno, fermentazione in bottiglia con il metodo ancestrale che, a differenza del metodo classico, consente al frutto di permanere nel gusto; il terzo, il meno estremo, quello che ha aperto le porte a numeri più cospicui.
Il menù pensato e realizzato da Claudio Salder ha fatto sì che ogni piatto fosse il naturale completamento di ogni vino protagonista.
Piatti raffinati che racchiudevano nel loro scrigno eccellente qualità della materia prima, tecnica, geniali contrasti e un trionfo di buongusto. Claudio non è un personaggio che ama le passerelle televisive ma quando lo si ascolta e si ha la gioia di scambiare due chiacchiere con lui, stupisce per la semplicità per la passione l’amore per la cucina che riesce ancora oggi a trasmetterti dopo tanti anni di successi. Ha il piacere di raccontarti come è arrivato a costruire quel piatto, perché lo ha fatto in quel modo, è un’esperienza che ti arricchisce ogni volta.
Onestamente il Lambrusco di Sorbara è stato, nelle sue tre espressioni, una piacevolissima sorpresa. Sorpresa perché non l’ho mai considerato come uno dei miei vini preferiti, non gli ho mai prestato l’attenzione giusta che merita e ho dovuto decisamente ricredermi.
Aldilà del livello altissimo di tutti i piatti, una nota di attenzione però va data al risotto ai fichi d’India con tartare di tonno. Entra di diritto tra i piatti più buoni che abbia mai mangiato.
Lambrusco di Sorbara di Chiarli e Claudio Sadler, accoppiata vincente!
Chiarli 1860
via Manin, 15
Modena
Cleto Chiarli
Tenute agricole
via Belvedere, 4
Castelvetro di Modena
http://www.chiarli.it
italia@chiarli.it
Ristorante Sadler
Via Ascanio Sforza, 77
20141 Milano (MI)
Tel. +39 02 58104451
sadler@sadler.it
http://www.sadler.it
(Il benvenuto dello Chef)
(Carpaccio di Astice all’agro di frutti della passione, sedano di Orbassano e riso soffiato – la gelatinosità del crostaceo, dell’astice smorzava l’acidità spiccata del Quintopasso)
(Risotto ai Fichi d’India con tartare di Tonno e caviale nero di cous cous)
(Scampi in crosta di fili di patate dorate con caponata scomposta)
(un fuori menù improvvisato da Claudio Sadler: il risotto ai porcini chiari e polvere di trombette de mort)
(Zuccotto di Mango fresco con latte alla vaniglia, fragoline e biscotti al cacao)
(Prima dei saluti…)
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