Domenica.
Alba. Sto leggendo i giornali. Fresco. Freddo. Adesso mi alzo e chiudo la finestra. Davvero voglio chiudere la finestra? Non lo faccio mai fino a settembre: mi manca l’aria. Piove, inclinato, sui vetri. Mi decido e chiudo: ho i brividi. Si vede il sole? Rimanderanno o si farà comunque? Resto a dormire o m preparo? Intanto aspetto e inizio il giorno con calma.
Mattina: ore 10.30. E’ spuntato il sole ma il pile ho deciso che lo prendo con me. Ha le tasche per metterci soldi, cellulare, fazzoletto e crema idratante. Un paio di vecchi jeans, una maglietta a maniche corte, una pettinata ai capelli corti. Serve altro? No. Speriamo il tempo regga.
Mezzogiorno. Su un prato in pendenza, davanti ad una cascina, a mezza montagna, c’è un pianoro su cui sono state apparecchiate quattro lunghe tavolate. All’ombra di un castagno enorme si stappano fiaschi di vino e si taglia salame e formaggio mentre le braci sfrigolano sotto le piastre roventi. Si sta bene: c’è nuvolo verso la vallata ma chiaro chiaro davanti a noi. Una jeep si inerpica piano fin quassù: portata a braccia come qualcosa di prezioso una teglia ancora calda. Eccola, è arrivata. Porchetta, di ore e ore di lenta cottura, con la sua scia profumata. Io vorrei, sapete, tanto…ma non riuscirò mai a diventare vegetariana. Polenta, alla vecchia, appena tolta dal fuoco. Si mangia, tra chiacchiere e risate, nell’aria fresca dei monti.
Metà pomeriggio. Dolci, caffè, ammazzacaffè. E’ ora di cantare per questo coro alpino che oggi festeggia una giornata tra amici, come ogni anno. Non si cantano le canzoni del repertorio, quelle serie e armonizzate. Si procede a braccio, tra le vecchie strofe da osteria, quelle con i doppi sensi, quelli dell’amore fra il frumento e del vino che riempie i calici. Quelle che non importa se ci si dimenticano le parole o se finita una la si attacca di nuovo e un altro gruppo ne sta intonando un’altra. Conta solo la gioia di essere insieme e la voglia di cantare. Gli elicotteri volano bassi sul lago per una manifestazione di beneficienza e si perdono alla vista tra il folgiame, le sciure passeggiano nel prato per digerire, i pisolini si alternano sulle sdraio in pieno sole. Un’anguria fresca rotola sul prato ed incontra subito un coltello.
Quasi sera. Ciao, noi andiamo, io domani lavoro… Se l’anno prossimo mi invitate ancora ricordatevi che sbafo per tre anche se vorrei, davvero, vorrei, diventare vegetariana. Un pacchettino da portare a casa per la cena di domani? Certo, grazie, senza complimenti, e ci sono pure i biscotti fatti in casa…Cosa c’è lì sul bordo della mulattiera che si tuffa a capofitto nel bosco? Un cinghiale?! Ooooh….ho visto pure un cinghiale…!
Sera. Spengo la luce alle ore 21.00. Sono stanca di sole, di aria, di canto, di fresco. Profumo di doccia, sapone al muschio bianco e crema al karitè. Ho sonno, molto sonno. Nove ore di sonno…