Sono alcuni giorni che ripenso a un servizio fotografico che ho visto sul sito di Repubblica. Lo ha realizzato il fotografo dell’agenzia Ap Oded Balilty. Ha scelto per soggetti alcuni giovani palestinesi del villaggio Bil’in, vicino Ramallah, secondo la didascalia sono dei lanciatori di pietre, contro gli Israeliani ovviamente. Mi pesa usare questo avverbio, vorrei vivessimo in un mondo dove certe cose non fossero affatto ovvie.
C’è qualcosa in queste fotografie che non mi convince, che non mi piace. Nei giorni passati non mi riusciva di capirlo. Di sicuro le parole del testo esplicativo di Repubblica, che parlano di “una serie di scatti per raccontare il coraggio di cittadini, uomini e donne palestinesi che, sin da bambini, imparano a difendere il loro Paese dagli attacchi degli israeliani contro gli abitanti dei campi”. È una frase che pretende di spiegare in tre righe una situazione che va avanti da anni, di mettere un punto tra quel che è causa e quel che è effetto, quando si sa che il rapporto causa/effetto è circolare e non è facile né corretto liquidare tutto in questo modo.
Ma sono le fotografie in sé a infastidirmi. Dei ragazzi fatti mettere in posa come modelli, in uno studio, sono diventati dei corpi in mostra, oggettificati e venduti che tradiscono la propria causa per sostenere cause altrui, pubblicitarie, dunque di profitto, come testimoniano i nomi degli sponsor bene in vista su di loro. Usati loro e la loro causa, dunque.
Ma si sa, pecunia non olet. In questo modo avranno la possibilità di procurarsi un altro po’ di qassam, quei magnifici ed efficaci razzi con cui fare il tiro a segno contro i villaggi israeliani poco lontano. Che funzionano molto meglio delle pietre. Tuttavia, se non usati con la dovuta perizia, si ritorcono contro chi li lancia o contro bambini palestinesi innocenti come la piccola Hadil al-Haddad, 2 anni, rimasta uccisa da un razzo “amico”. Ovviamente, ancora ovviamente, ahimé, l’Autorità Palestinese ne ha attribuito la responsabilità a un attacco israeliano, ma il giornalista Donnison della BBC ha ricostruito l’accaduto e lo ha diffuso su twitter. Qui potete leggere i suoi tweet. Per dovere di cronaca.
Clicca per vedere la presentazione.