LANDINI IN PIAZZA SAN GIOVANNI
Oggi chiunque può vedere questa piazza: siamo una piazza di pericolosi metalmeccanici che difendono la libertà e la democrazia per tutti. Se in Italia ci sono dei diritti, è perché chi lavora li ha conquistati con la lotta.
Noi siamo qui per estendere la democrazia e i diritti dove non ci sono. Il nostro obiettivo è di ridurre le diseguaglianze, creare lavoro, ridistribuire il reddito. Si è arrivati al punto che lavorando si diventa poveri!
Abbiamo scritto una lettera a tutti i parlamentari, di destra, di sinistra, europei. Non abbiamo mai chiesto a nessuno di stare con la Fiom: noi chiediamo che chi è stato eletto in nome della Costituzione repubblicana ed antifascista, si impegni a garantire che la Costituzione sia applicata in tutti i luoghi di lavoro, a partire dalla Fiat. E questo non è per difendere la Fiom, ma per difendere la democrazia, in questo paese.
Questa è la parte migliore del Paese. Il diritto al lavoro, il diritto di poter scegliere il sindacato, il diritto di potersi realizzare nel lavoro che si fa, deve essere garantito, dal Parlamento e dal Governo. Il governo deve fare quello che fa un governo vero.
Noi vogliamo produrre in Italia, e da questo punto di vista c’è la necessità che il governo si faccia garante di un piano straordinario per produrre posti di lavoro.
Noi denunciamo il rischio concreto che un’intera struttura industriale rischi di scomparire. Bisogna agire sulle ragioni che hanno prodotto questa crisi. E la prima è una redistribuzione della ricchezza a danno di chi lavora che non ha precedenti. Perché se c’è la crisi è per i bassi salari, per la precarietà, perché l’Italia è il Paese che in Europa ha investito meno sul terreno dell’innovazione.
Noi vogliamo un cambiamento, una riconversione ecologica della nostra industria. Poniamo il problema della sostenibilità ambientale delle produzioni e della sostenibilità sociale delle scelte fatte. Siamo contenti che non ci sia più il governo Berlusconi. Ma proprio per questa ragione, ci permettiamo di dire a questo governo che così come sta agendo non va bene.
La riforma delle pensioni fatta così non va bene, non affronta i problemi come dovrebbe. I lavori non sono tutti uguali, e dire che è tutto uguale è un’ingiustizia, e non è nemmeno vero. Un sistema contributivo, puramente contributivo, in Europa non esiste. Se prendete un giovane con alle spalle 10-15 anni di lavori precari, con quale situazione andrà in pensione? Questa, per noi, non può essere considerata una riforma a regime pensionistica. Con questa riforma ci sono migliaia di lavoratrici e lavoratori che rischiano di trovarsi senza pensione e questo è inaccettabile. Questo è un tema che non si può scambiare con nulla. Questo è un elemento di giustizia e di equità. Offriamo questa piazza a tutta la Cgil perché insieme si possa continuare, ma i metalmeccanici oggi dicono che come siamo venuti oggi a San Giovanni, siamo pronti ad andare sotto i palazzi del governo, che ci deve dare delle risposte.
C’è in corso un attacco alla storia, alla storia sindacale del nostro Paese.
Se in Italia abbiamo dei diritti, se ci sono i contratti, è perché c’è stata una capacità unitaria dei sindacati per ottenere quei diritti. Perché è importante il contratto nazionale? Perché i diritti sono gli stessi se si lavora in una grande azienda come in una piccola. Ma se si accetta la logica che il sindacato diventa il mastino dell’azienda, se si accetta la logica di mettere in competizione i lavoratori gli uni con gli altri, non c’è più la libertà di essere cittadini.
La libertà, la democrazia, sancite dalla nostra Costituzione, devono essere garantite. Può anche essere che il dottor Marchionne decida di pagare le tasse all’estero. Ma in Italia facciamo rispettare la Costituzione e le leggi del nostro Paese a chiunque, e governo e Parlamento non si devono calare il cappello di fronte a Marchionne! E se passa questa logica significa che anche loro subiscono il ricatto di Marchionne! E comunque va tirato anche un bilancio: un anno e mezzo fa ci si diceva che il caso e il modello di Pomigliano era un caso unico, che c’era la crisi. Oggi quel modello è stato esteso a 86mila lavoratori!
E poi dove sono i 20 mld di investimento? La Fiat sta perdendo quote di mercato! Davvero si può pensare che si possono produrre macchine in Italia per venderle negli Stati Uniti? Ma è una cosa logica? E’ così complicato da capire?
E noi dovremmo legare le nostre condizioni al fatto se la massaia dell’Ohio compra la Panda fatta in Italia, ma stiamo scherzando? Siamo al punto che si chiudono le fabbriche di autobus mentre l’Europa multa l’Italia perché abbiamo gli autobus che inquinano troppo.
Non ci vuole una laurea per capire che è meglio fare un piano industriale per produrre autobus nuovi e smettere di pagare le multe. Noi non abbiamo nessuna intenzione di rientrare dalla finestra. Come ci hanno cacciato dalla porta, noi rientreremo dalla porta principale, perché così è la nostra democrazia, così dice la Costituzione e la nostra dignità non è in vendita né oggi né domani.
Noi diciamo di “no” ad una cosa precisa: l’articolo 18 non si tocca, questo è un punto chiaro. L’unica cosa che per noi è possibile, se proprio la vogliono fare, è di estendere l’articolo 18 a chi non ce l’ha.
Lo diciamo esplicitamente: bisogna ridurre la precarietà. Il contratto a tempo indeterminato deve essere e rimanere il vero punto di riferimento per l’assunzione delle persone. Bisogna far pagare di più le forme di lavoro precario. Non solo siamo il paese in Europa con il precariato più alto. Ma chi ha un lavoro precario ha un salario inferiore del 20-25%. Certo che le imprese usano questo modello.
Ma bisogna anche dire che va ridotta la spesa per il lavoro indeterminato, e che se davvero vogliono usare le forme precarie devono pagarle più care. E a parità di ore di lavoro devono corrispondere parità di diritti.
Diciamo le cose come stanno: la cassa integrazione è pagata dai lavoratori e dalle imprese. E se oggi ci sono aziende e settori che non hanno soldi per la Cig, tutte le imprese devono pagare i contributi, e così si estenderà questo diritto a tutti.
Noi dobbiamo affrontare il problema del reddito di cittadinanza, attraverso la fiscalità generale. 2° es.: la formazione è decisiva, ma l’università è un diritto garantito a tutti? Introdurre il reddito di cittadinanza vuol dire garantire a tutti l’istruzione, e impedire a chi ha un lavoro precario di essere costantemente sotto ricatto.
La nostra Costituzione dice che il lavoro è un diritto. Ma proviamo a metterci nei panni di un giovane. In Italia, il governo Berlusconi, prima di andare via, ha fatto una legge, che dice che si può derogare dai contratti nazionali e anche dalle leggi con i contratti aziendali. Siamo di fronte a una cosa mai successa. E questa legge c’è perché la Fiat l’ha chiesta.
La Fiat condannata 4 volte da 4 tribunali diversi per comportamento antisindacale e s’è salvata per l’articolo 8. Vogliamo fare una cosa vera? Si cancelli l’articolo 8. quella legge è anticostituzionale. Sappia questo governo che se non cancellano questa legge noi siamo pronti, e l’abbiamo imparato con i referendum dell’anno scorso a raccogliere le firme per cancellare questa legge che è contro la nostra democrazia.
Se il governo volesse, potrebbe fare anche una bella legge sulla rappresentanza. Noi chiediamo una cosa precisa. Così come avvenuto con i lavoratori del pubblico impiego, perché non facciamo una legge per estendere le rsu a tutte le fabbriche? Vuol dire arrivare a una certificazione della rappresentanza.
Una legge sulla rappresentanza degna di questo nome deve affrontare il problema della validazione dei contratti. Se ci sono accordi separati, è perché ai lavoratori è impedito di poter scegliere e votare sui loro accordi.
L’unità sindacale è innanzitutto un diritto delle lavoratrici e dei lavoratori. Questo è l’unico modo per ricomporre, la democrazia è la condizione dell’unità sindacale. Mi risulta che la prossima settimana diversi parlamentari presenteranno una proposta per la modifica dell’articolo 19. Se il governo ha a cuore la coesione sociale, se ha a cuore gli interessi di chi lavora, cancelli l’articolo 8, e intervenga per ripristinare da subito la libertà di scegliere i propri delegati anche tra i rappresentanti della Fiom.
Io credo che la miglior risposta alle polemiche sia questa piazza. A questo punto anche tutte le forse politiche facciano in autonomia il loro lavoro ma siano capaci di ascoltare. Se c’è una cosa che mi preoccupa è la distanza che rischia di crearsi in questo paese tra la gente e la politica. Senza politica non c’è democrazia. Da questa piazza si leva una domanda: la politica torni a rappresentare gli interessi delle persone! Noi siamo di fronte ad un passato: la Fiom da sempre ha detto di essere contro la logica delle grandi opere, le centrali nucleari, l’acqua privata, il ponte sullo stretto, il Tav.. Ma non perché siamo contro a prescindere. Ma perché pensiamo che oggi un nuovo modello di sviluppo deve affrontare la sostenibilità ambientale delle cose che si fanno. Come ha detto il presidente della comunità montana della Valsusa, il problema è come si spendono i soldi in Italia.
Chiunque di noi sa che se si va fuori dalla tratta dell’alta velocità in Italia si ritrova con i treni dei pendolari nelle condizioni che conosciamo. Il problema non è essere contro la modernità, ma capire se si vuole costruire un piano nazionale della mobilità.
Finmeccanica vuole disfarsi di Ansaldo energia, vorrebbe fare solo attività militari, ed è controllata al 30% dal governo. Fincantieri, la siderurgia, Fiat, si parla delle attività di questo Paese. sarebbe necessario aprire una discussione su quello che serve a questo paese, coinvolgere la ricerca, le università, dove la ricostruzione dell’Aquila, la gestione del territorio, sono punti decisivi.
Noi siamo il Paese con 120 mld di evasione fiscale e 60 mld di corruzione. In questo Paese la mafia ha ormai in mano pezzi decisivi dell’economia. E se si vuole davvero cambiare bisogna avere la capacità di ascoltare, la democrazia non è fatta di scelte già fatte. E’ una musica già sentita.
Bisogna aprire una fase di discussione anche diversa. Nella storia dei movimenti sindacali, le manifestazioni, i presidi, c’è un elemento di discrimine: la nonviolenza. Anche su questo terreno deve esserci capacità di ascolto.
Noi vogliamo riconquistare il contratto nazionale del lavoro. Che sia tale perché approvato dalle lavoratrici e dai lavoratori, che tuteli i diritti di tutti. Noi qui avanziamo una proposta precisa agli altri sindacati.
Sappiano se le nostre proposte non vengono accolte, noi non abbiamo nessuna intenzione di accettare questa situazione. Fabbrica per fabbrica, andremo a riconquistarci il contratto nazionale del lavoro. Non abbiamo intenzione di fermarci qui, vogliamo proseguire dopo questa manifestazione.
Questa piazza si rivolge a tutto il mondo del lavoro, dimostra una disponibilità, e la Cgil lo deve sapere, che se da lunedì non c’è una trattativa aperta, da questa piazza viene la disponibilità a proseguire fino allo sciopero generale. Noi dobbiamo dire con chiarezza che siamo pronti a continuare la nostra lotta nei territori e tornando a Roma.
Concludo dicendo a tutte le forze politiche di tenere conto di questa piazza, di tutte le rappresentanze.
Chi oggi è qui ha scioperato, non sta facendo una gita. Ci ha rimesso il salario! Gente che vive con 1200 € al mese, in questa piazza non c’è nessuno con una dichiarazione dei redditi simili a quelle del governo. E siamo noi a pagare le tasse, il 90% delle entrate del fisco viene dai lavoratori dipendenti.
Non abbiamo nessuna intenzione di fermarci, siamo la parte migliore del Paese. Senza la Fiom e senza i metalmeccanici non si esce dalla crisi, andremo avanti fino a che non ristabiliremo la democrazia e i diritti per tutti i lavoratori. Viva la Fiom, viva la Cgil e viva tutte le lavoratrici e i lavoratori».