La Langa deve parte della sua fama a "Il Mondo dei Vini" di Nuto Revelli, pieno di descrizioni veritiere sulla vita di tutti i giorni dei contadini langaroli nell'immediato dopoguerra.
Da allora qualcosa è cambiato, ma i paesaggi sono sempre di struggente bellezza, la gente è di quella che lavora sodo e parla poco, la cucina è tra le più varie e gustose del mondo e gran parte della campagna è coperta dalle più belle vigne d'Italia, da cui derivano il Barolo, il Barbaresco, il Roero o il Dolcetto d'Alba e di Dogliani.
La "trifola"
A partire dalla metà di ottobre, inizia la "caccia alla trifola", che durerà per un paio di mesi.
Si tratta di un'attività che coinvolge intere popolazioni di uomini e cani nelle campagne dell'Albese.
Il tartufo bianco di Alba è la preda ambita: i prezzi che raggiunge al mercato sono stratosferici.
I tartufi nascono sotto terra, in prossimità delle radici dei pioppi e delle querce.
Ogni cercatore ha il suo terreno di caccia che difende dagli intrusi con mille accortezze, cercando di seminare gli eventuali inseguitori.
Una fortunata notte di ricerca può fruttare migliaia di euro che nessuno è disposto a dividere con i "colleghi".
La mattina seguente, ad Alba, c'è il mercato dove i grossisti ed i commercianti contrattano con i cercatori prezzi e quantitativi... lo spettacolo delle trattative è imperdibile.
Il tartufo in cucina
Il tartufo bianco nobilita piatti semplici.
Non va cotto ma semplicemente "appoggiato", tagliato in sottili sfoglie, sulla pietanza prescelta.
Le possibilità di uso sono moltissime, ma i veri intenditori non hanno dubbi: il migliore abbinamento è con le uova al burro: un piatto semplicissimo che però riesce a rendere giustizia al bianco d'Alba come forse nessun altro.
Tajarin e tartufo
I tajarin all'albese prevedono, al posto del burro, l'uso della fonduta di formaggio e del tartufo bianco.
La Toma d'Alba
Oltre all'uovo, l'altro grande alleato del tartufo bianco è il formaggio.
Il più tipico della zona è la Toma d'Alba, prodotta con latte vaccino in piccole forme rotonde.
Può avere una stagionatura breve oppure protratta per un paio di mesi ed è particolarmente appetitosa se consumata cosparsa di numerose sfoglie di tartufo bianco.
I vini da tartufo
La grande concentrazione aromatica conferita dal tartufo bianco ad ogni piatto con cui entra in contatto crea alcuni problemi nell'abbinamento con il vino.
Il tartufo, infatti, non ha un sapore preciso, non è né dolce né aspro né salato e nemmeno amaro.
È aromatico e determina anche una grande persistenza di aromi nella bocca.
Se con dei semplici tajarin al burro avremmo potuto abbinare un bianco di medio corpo, con dei tajarin al tartufo il discorso cambia.
Il vino dovrà essere più concentrato, dovrà possedere una persistenza gustativa maggiore, pena l'essere inesorabilmente sovrastato dagli altri afrori del nobile tubero.
Dovremo perciò optare per un rosso di buona struttura, almeno un Dolcetto d'Alba, ma forse anche un Nebbiolo d'Alba.
Il vino da abbinare dovrà essere più corposo, più maturo.
Ecco perciò che con un filetto con fonduta e tartufo, dovremo aprire una bottiglia di Barolo o di Barbaresco sufficientemente invecchiato (6-8 anni almeno).
Con il bianco d'Alba, in ogni caso, l'abbinamento privilegiato sarà con un grande rosso della stessa zona.
Non è soltanto un fatto di campanilismo: i profumi che un Barolo maturo riesce ad esprimere ricordano talvolta magicamente quelli del tartufo e la stessa cosa accade nel caso di un Barbaresco o di una Barbera d'Alba... mai sintesi potrebbe essere migliore.