Recensione
Il decennio intercorso in Cina tra il 1916 e il 1926 è detto "periodo dei Signori della Guerra", denominazione riferita ai capi militari il cui prestigio era cresciuto a dismisura dopo la morte del leader Yuan Shikai e la conseguente frammentazione del potere del governo centrale. In questa Cina a dir poco feudale stupisce poco trovare ancora in voga la pratica del concubinato, e ancor meno che le donne coinvolte - talvolta giovanissime, talvolta letteralmente vendute dai parenti, o persino rapite - non sempre fossero consenzienti.
La diciannovenne Songlian, protagonista di Mogli e concubine (recentemente ristampato con il titolo di Lanterne rosse, che rimanda alla bella trasposizione cinematografica di Zhāng Yìmóu), è costretta a lasciare gli studi in seguito al tracollo economico della famiglia e al suicidio del padre:
Quando la matrigna, mettendo le carte in tavola, le chiese se preferiva andare a lavorare o sposarsi, lei rispose con indifferenza: - Sposarmi, naturalmente.Songlian diviene dunque una «minore» di Chen Zuoquian, una concubina, anche se l'autore -o forse la traduttrice italiana- utilizza indiscriminatamente anche i termini «moglie», «signora», «sposa», per cui non risulta mai chiaro se la posizione di Songlian -pur socialmente riconosciuta- sia civile o no. Zuoquian, cinquantenne, ha altre tre spose: Yuru, la prima moglie ormai anziana; Zhuoyun, la seconda, donna matura ma ancora piacente; Meishan, la terza, bellissima e capricciosa ex cantante.
- Vuoi sposarti con uno qualunque o con uno ricco? - le chiese ancora la matrigna.
- Con uno ricco naturalmente, c'è bisogno di chiederlo? - rispose.
- Son due cose diverse - disse la matrigna -: se sposi un ricco, sarai una minore.
Songlian, da studentessa emancipata, diviene il nuovo trastullo del maturo signore e il nuovo bersaglio delle invidie e dei tranelli orditi dalle donne della casa, in lotta tra loro per il favore di Zuoquian ma unite contro la favorita del momento. La competizione con le altre mogli, cui Songlian non è in realtà interessata, le forgia addosso una gabbia di solitudine dorata, infranta soltanto da Yaipu, l'erede che Zuoquian ha avuto con la prima moglie, che la ragazza sente vicino per età e sensibilità.
Aggirandosi per i padiglioni di una magione che non riesce a nascondere il lento declino della famiglia Chen in un momento storico di transizione dal potere militare e nobiliare a quello economico, Songlian sente sempre più il richiamo del pozzo, luogo infausto in cui -sussurra la servitù- annegò più di una donna nel corso delle generazioni che si sono susseguite tra quelle mura.
Forse è la scrittura di Su Tong, e di molti orientali come lui, a varcare troppo spesso quel confine tra delicatezza e inconsistenza, forse a noi occidentali manca qualcosa per comprenderla e tradurla o la nostra lingua è troppo differente per accoglierla: Lanterne rosse aveva tutte le carte in regola per essere un romanzo splendido, una storia pregna di significato storico e sociale, un pregevole dramma sulla solitudine e sulla meschinità femminile inevitabilmente generata dal sistema patriarcale. Eppure ne risulta un abbozzo di romanzo, poco più di una sinossi, che tra dialoghi superflui e descrizioni striminzite dipana un anno di storia in meno di cento pagine. La delusione è tanto maggiore quanto più si realizza il gran numero di situazioni sprecate dall'autore per approfondire: tutto - personaggi, luoghi, situazioni - rimane uno schizzo incompleto destinato a svanire dalla memoria in breve tempo dalla fine della lettura.
Un'anima bellissima, peccato le sia mancato un corpo degno ove incarnarsi.
Giudizio:
+3stelle+Dettagli del libro
- Titolo: Lanterne rosse
- Titolo originale: Qīqiè Chéngqún
- Autore: Su Tong
- Traduttore: M.R. Masci
- Editore: Feltrinelli
- Data di Pubblicazione: 2012
- Collana: Universale Economica
- ISBN-13: 9788807880742
- Pagine: 94
- Formato - Prezzo: Brossura - 7.00 Euro